È giunto il momento di tirare le somme per incoronare nel bene e nel male i giochi più rappresentativi e importanti dell’anno 2016 con i nostri awards. L’anno appena concluso è stato florido per il gaming, con una current gen finalmente ingranata a pieno regime, gli sviluppatori hanno potuto lanciare sul banco tutti quegli assi nella manica che probabilmente avevano progettato sin dal principio. Allo stesso modo il 2016 è stato anche l’anno che ha settato i limiti di questi standard appena raggiunti, con la conseguente necessità degli sviluppatori di correre ai ripari con nuovi hardware molto prima di quello che ci saremmo aspettati. Ma questa è un altra storia, e quella che interessa a noi, che è poi quella che conta davvero, come sempre la fanno i giochi. Per questo benvenuti agli Stay Nerd Game Awards 2016, le uniche premiazioni del web che rompono parte delle classiche e canoniche categorie di classificazione aggiungendone di nuove e diverse, per esprimere un parere e fare lo spaccato dell’anno alle spalle, dal nostro personale punto di vista.
Vi lasciamo ai premi e vi auguriamo buon anno!
Minestra riscaldata – Zelda Twilight Princess HD
Sono gli anni del remaster quelli in cui stiamo vivendo. Le riedizioni ripulite sono un’abitudine che le software house hanno assunto negli ultimi anni dopo decenni di timide riproposizioni di vecchi titoli in cui certamente non si poteva leggere un trend. In questo solco Nintendo si è inserita a modo suo, riproponendo molti titoli su Virtual Console e facendo un lavoro egregio su quei titoli che invece sono stati effettivamente ripuliti. Complici gli slittamenti di Breath of the Wild, quest’anno i bisognosi di The Legend of Zelda si sono distratti con Twilight Princess HD, che non potevamo che promuovere a miglior minestra riscaldata del 2016. Perché? Perché è un ottimo Zelda, nonostante le critiche ricevute, e perché il lavoro fatto dalla Casa di Mario è veramente di buon livello: l’aspetto tecnico è migliorato ulteriormente, e se non fosse per qualche texture effettivamente vetusta ci si dimentica spesso di trovarsi di fronte ad un gioco GameCube. Questa HD Remaster smussa anche molti angoli che i fan non avevano apprezzato, dimostrando ancora una volta, dopo le migliorie apportate a Wind Waker HD, che Nintendo ha ascoltato i il suo pubblico. Come se non bastasse c’è una nuova difficoltà, l’Hero Mode, e il supporto agli Amiibo e, ovviamente, il supporto al GamePad di Wii U, su cui è possibile visualizzare molte informazioni oltre alla possibilità di giocare off-screen. Insomma, non siamo dei grandi fan dei remaster, ma ci troviamo certamente di fronte ad un bel lavoro che non può che rendere felice chiunque non abbia mai giocato a questo episodio di Zelda.
Storia più bella – The witcher Blood & Wine
CD Projekt Red l’anno scorso ha fatto incetta di premi, non solo sulle nostre pagine virtuali, con il suo The Witcher 3. Il premio per la miglior storia lo avevamo dato nel 2015 proprio a The Witcher 3, e siamo qui, 12 mesi dopo, per assegnarglielo ancora una volta. Quest’anno è uscito infatti Blood & Wine, ultimo DLC del della saga dello Strigo, che ha portato sui nostri schermi altre 20/30 ore di gioco, ambientate questa volta in una Francia magica e immaginaria dalla flora ipertrofica. Quello che però ancora una volta colpisce del lavoro di CD Projekt Red è la capacità di raccontare una storia affascinante con uno stile sopraffino, sia nelle tematiche che nella scrittura, ancora diverse spanne sopra la media dei competitor. E, ancora, oltre alla main quest molto curata, The Witcher 3 Blood & Wine è condito di subquest di ottima qualità, sia negli obbiettivi che ci sarà chiesto di soddisfare, sia nei contenuti. Questo perché ogni angolo del mondo di The Witcher racconta qualcosa, e le missioni secondarie sapranno raccontare piccoli angoli di mondo, lontani dalle grandi vicende che riguardano direttamente Geralt, ma certamente interessanti ed umani. Si sommano a tutto ciò dei flash, delle sbirciate, nella vita di alcune esistenze che mai conosceremo di persona, narrate tramite scampoli di testo sparsi nella mappa del gioco. Tutti questi elementi, perfettamente amalgamati, vanno a creare un mondo vivo e credibile in ogni sua sfaccettatura, un Sistema credibile e dettagliato, e non semplicemente “una bellissima storia”.
Effetto Viagra – Pokémon Go
Il 2016 ha visto Nintendo fare il grande debutto su smartphone con i suoi brand più noti. L’ultimo uscito è Mario Run, ma prima ancora c’è stato Pokémon Go, il fenomeno dell’estate che in confronto Sofia di Alvaro Soler non l’ha mai ascoltata nessuno. Non abbiamo apprezzato molto il gioco in quanto tale, chi ci legge lo saprà bene, ma un pregio non glielo abbiamo mai negato: la capacità di essere diventato virale in circa 8 secondi, e la capacità di aver risucchiato nel suo vortice per mesi buona parte dell’utenza Android e iOS. Infatti, nonostante dei limiti evidenti, l’idea di Niantic e The Pokémon Company è stata più che vincente, e abbiamo assistito a episodi di isteria di massa alla comparsa di determinati mostriciattoli in zone affollate, abbiamo visto persone girare di notte a conquistare le palestre, ed abbiamo visto cadere le barriere dei record di download e guadagni. L’operazione di Nintendo è quindi riuscita pienamente, anche grazie a quell’operazione nostalgia che è stata l’introduzione dei soli Pokémon di prima generazione. Bug, glitches, crashes, mancanza di contenuti e di sfida, questi i maggiori problemi di cui tutti si sono fregati perché erano troppo impegnati a girare per le città a cercare i mostri più rari e a ricaricare le pokéball ai pokéstop. Insomma, se non è da premio Viagra tutto questo…
Mariangela – No Man’s Sky
No, no, no. Non ci siamo. Ci avevano promesso l’universo, e ce l’hanno dato, ma si sono scordati di metterci le cose dentro. Sony quando ha deciso di mettere i soldi su No Man’s Sky ha certamente pensato di aver fatto bingo, in realtà si è solo attirata critiche tirate a secchiate. Il problema principale di No Man’s Sky è uno solo: il gioco è noioso. Non c’è niente da fare, la parte survival è appena abbozzata a meno che non si compiano errori madornali, i pianeti sono grosse distese vuote e tutte uguali, con niente da fare se non trovare qualche potenziamento e raccogliere materiali per ore utili ad andare, ancora una volta, su pianeti vuoti e, ancora una volta, uguali tra loro. Le rare strutture, opera dell’ingegno di qualche razza aliena, sono a loro volta vuote o abitate da alieni tutti uguali che parlano una lingua a noi sconosciuta. Le strutture sparse nello spazio aggiungono un senso di mistero tanto inespresso quanto inconcludente. Il quadro finale è quello di un gioco con poco da dire, privo di mordente ed incapace di intrattenere se non per quelle poche ore in cui si cerca di capire dove No Man’s Sky vuole andare a parare. Da nessuna parte.
Delusione – No Man’s Sky
Più di Sony però gli Hello Games di Sean Murray hanno dovuto affrontare, dopo l’uscita del gioco, un lungo calvario puntellato di gente incazzata che gli tirava le pietre. Il problema principale che ha portato a questa lapidazione è certamente stata una campagna di marketing mal fatta, grazie alla quale la gente si aspettava un gioco diverso da quello che poi gli è stato effettivamente consegnato. Il mondo credeva che avrebbe vissuto l’esplorazione spaziale libera, certo, ma anche una storia e una lore affascinante, che purtroppo non sono mai arrivate. Ed è un peccato, perché la direzione artistica di No Man’s Sky è potenzialmente ottima sul piano visivo, e diciamo potenzialmente perché c’è tanto di inespresso. Quello che era stato mostrato erano pianeti visivamente ispiratissimi, ma non ci avevano detto che erano tutti uguali. Il comparto musicale è l’unico aspetto del gioco veramente inappuntabile, grazie alle musiche firmate dai 65DaysOfStatic. Il risultato che Hello Games ha portato a casa è quello di aver realizzato un guscio vuoto dopo aver promesso al pubblico un’epopea spaziale epica in un universo affascinante. Riassumiamo: una delusione è un gioco che non ha soddisfatto le aspettative, e No Man’s Sky è probabilmente il più grande esempio di aspettative disattese, insieme a The Order 1866 l’anno scorso.
Manga Forever – Dragon Ball Xenoverse 2
Non c’è stata una concorrenza cosi agguerrita per quel che riguarda i giochi tratti da famose opere nipponiche appartenenti all’universo dei manga o anime, ma anche se ci fossero state, è molto probabile che il gioco che avrebbe fatto andare in brodo di giuggiole gli otaku di tutto il mondo sarebbe stato comunque Dragon Ball Xenoverse 2. Il primo Xenoverse fu un gioco appena discreto ma il suo seguito ha raggiunto la maturità tecnica necessaria per rivelarsi veramente il gioco di Dragon Ball definitivo: una storia inedita che finalmente si distacca dagli eventi canonici della serie pur senza abbandonarli, ma rivisitandoli in una chiave davvero intrigante, un combat system semplice e intuitivo ma capace di regalare grosse soddisfazioni, e soprattutto decine di ore di gioco piene zeppe di attività e chicche dedicate alla celebre opera di Toriyama. Pochissimi manga nella storia del videogioco hanno ricevuto un trattamento del genere nella loro trasposizione videoludica, Xenoverse 2 è uno di questi e sicuramente, è il titolo che si merita il premo “Manga Forever” 2016.
Miglior esclusiva -Uncharted 4: Fine di un ladro
C’è poco da discutere, se già Uncharted 4 è considerabile come uno dei giochi migliori del 2016, il suo titolo di miglior esclusiva è davvero innegabile. Uncharted 4 è il titolo per la quale vale la pena avere o comprare PlayStation 4, è uno degli esempi più calzanti degli standard altissimi a cui possono arrivare gli sviluppatori oggigiorno, è un titolo capace di soddisfare una grande fascia di utenza, dall’amante delle avventure ed esplorazione ai più esigenti giocatori in cerca di un’esperienza shooter appagante e dinamica. Uncharted 4 è il gioco con cui potete far vedere agli amici quanto spacca la vostra PS4. Dall’altra parte della barricata ci hanno provato titoli come Quantum Break e Gears of War 4 a valorizzare la loro piattaforma con la stessa potenza, fallendo.
Insieme è bello – Overwatch
Overwatch è stata una piccola rivoluzione nel campo dei giochi multiplayer: un fps con meccaniche talmente peculiari, che mette al centro dell’azione non tanto potenza di fuoco e la pura indole “omicida” tipica del filone competitivo, ma piuttosto le abilità peculiari dei singoli personaggi, il gioco di squadra e il raggiungimento di obiettivi pensati per strategie più cooperative che competitive. Ci si aspettava tanto da Blizzard ma solo oggi possiamo dire quanto questa formula, potenzialmente rischiosa su carta, si sia rivelata invece più che vincente, grazie all’immediatezza con cui queste dinamiche sono state messe sul campo, e l’accattivante lavoro artistico creativo che ha reso ogni singolo eroe del gioco iconografico. Ci siamo sentiti quindi di premiare questa carica innovativa, il successo raggiunto nel gioco in nemmeno un anno dalla sua uscita e le innumerevoli ore di divertimento che ci ha garantito nonostante i suoi connotati esclusivamente multigiocatore, con buona pace di altri celebri campioni del gioco in compagnia come Titanfall 2 e Street Fighter V.
Premio tachicardia – Doom
Il premi tachicardia premia il gioco più ansiolitico e coinvolgente dal punto di vista più viscerale, e caspita, Doom è assolutamente l’emblema di questo approccio al gaming. Un gioco certosino e coinvolgente che riprende il mito di Doom con sapienza. Il gioco di id Software infatti è un fps fresco, moderno e graficamente accattivante. Allo stesso modo Doom ti prende per la gola come il celebre capostipite del 1993, sotto tutti i fronti: da un lato ripropone quell’atmosfera grottesca, fatta di creature inquietanti e quel gore che, nonostante il mood goliardico del tutto, mantiene per tutta la campana una grande tensione estetica. Dall’altro, Doom è un gioco che si fa alla velocità della luce, è un titolo adrenalinico, che costringe il giocatore ad una frenesia praticamente costante. In Doom stare fermi significa morire, e allora imbraccia il fucile, salta sulla testa del demone di turno, fagliela deflagrare con un colpo bruciapelo sulla nuca, girati, afferra a man ferma il collo del Baron Hell e spezzalo in un colpo solo sotto le note infervorate di una colonna metal senza precedenti. Sentite le palpitazioni? Ecco. Quello è il motivo per cui Doom vince il premio tachicardia 2016!
Gioco dell’anno – Uncharted 4: Fine di un ladro
Ne abbiamo discusso molto in redazione, ma infine, una vocina dentro noi tutti, non faceva che gridare:”Uncharted 4 il gioco è dell’anno”. Il 2016 ci ha regalato diversi ottimi giochi, e anche alcune rivelazioni. Abbiamo avuto un nuovo grande episodio di Gears of War, un ritorno in gran spolvero di Battlefield, e un fantastico Dishonored 2, un titolo superlativo praticamente sotto tutti i punti di vista. Eppure, nonostante non sia stata la più innovativa tra le proposte dell’anno passato, i momenti che più ci sono rimasti impressi degli ultimi mesi sono stati quelli dell’ultima avventura del buon Nathan Drake. Uncharted 4 infatti ci ha letteralmente staccato la mascella dalla bocca con un comparto tecnico che francamente non è possibile ignorare e allo stesso tempo ci ha fornito l’esperienza più densa e riuscita dell’intera saga, portando ogni singola qualità del brand a massimi livelli. Uncharted 4 ha chiuso per sempre le scorribande di Nate e compagnia e lo ha fatto in grandissimo stile. Impossibile non dar merito a un gioco in cui è palese la cura maniacale che i Naughty Dog hanno riversato per rendere questo capitolo memorabile. Ed è impossibile anche negare l’ottimo gameplay che accompagna il tutto, e uno dei più onesti comportamenti con l’utenza che a molti mesi di distanza godono ancora di un multiplayer appassionante e costantemente aggiornato con corposi contenuti del tutto gratuiti. E scusate se tutto questo è troppo poco per incoronare il gioco dell’anno.