Dopo aver letteralmente divorato Origins, siamo pronti ad un nuovo episodio della serie. Ma non quest’anno eh, magari prendetevi un altro po’ di tempo.
Con l’uscita di Origins, ed i suoi ottimi risultati, Assassin’s Creed non ha cancellato gli errori passati, ma si è quanto meno reimposto alla nostra attenzione, tanto che è ora notevole la curiosità che gira attorno al prossimo capitolo della serie. Capitolo che non è stato ancora annunciato, ma che senza dubbio è già in sviluppo in Ubisoft, magari da qualche anno. Ora, è difficile dire da adesso se Ubisoft deciderà di mantenere l’uscita biennale, o se magari quello di Origins è stato un caso più che altro voluto dal marketing, ed in seconda istanza una necessità del team di sviluppo (non dimentichiamoci che proprio le massicce critiche dei fan relativamente all’uscita annuale del brand sono state al centro di un enorme tran tran mediatico negli anni pre-Origins), fatto sta che i tempi sono forse già maturi per pensare al prossimo Assassin’s Creed. Ovviamente non perché ci auspichiamo che la serie si riassesti e smetta sin da subito di lavorare bene per il proprio futuro, ma semplicemente perché ormai Origins ha già espresso ogni goccia del suo potenziale, ed anche se resta ancora un DLC narrativo narrativo da giocare prima (per altro ormai prossimo all’uscita), tutte le ore passate nel deserto ci hanno dato una mezza idea su cosa vorremmo nel prossimo episodio della serie che, ricordiamolo, voci di corridoio vorrebbero la tanto agognata ambientazione orientale. Cina o Giappone che sia, fossero anche le distese innevate della Siberia o, perché no, l’assolata Spagna dell’episodio al cinema, queste sono le 10 cose che vorremmo nel prossimo Assassin’s Creed.
1 – Un sistema di controllo perfezionato
Origins ha compiuto diversi passi in avanti rispetto al passato, ed il primo di questi lo abbiamo potuto verificare attraverso il sistema di combattimento, decisamente fuori scala se si considera la piattezza a cui la serie ci aveva abituato sin dai suoi albori. Con Origins, invece, le carte in tavola sono state rimescolate ed oltre ad avere un feeling più pulito e ponderato, i combattimenti di Origins sono anche quelli tecnicamente più complessi e divertenti, complice un’intelligenza artificiale finalmente slegata dai limiti del passato. Se da questo punto di vista, dunque, possiamo ritenerci soddisfatti, laddove siamo rimasti un po’ più tiepidi è nel feedback offertoci dal sistema di controllo globale e, in particolare, dalla gestione dei gadget secondari del protagonista (per fortuna presenti in un numero molto esiguo rispetto al passato). Origins, per cominciare, ha ricorretto quello che era l’ultimo standard di arrampicata e corsa acrobatica della serie, un atteggiamento molto meno dinamico, in parte giustificato dal respiro open world della serie, non più vincolata alle mappe cittadine con annesse fughe. In questo senso si è persa la pulizia del sistema di scalate che permetteva, da Unity in poi, un controllo più preciso e pulito dell’esplorazione verticale, che in Origins si è tradotto con il ritorno a problematiche che sembravano essersi estinte, come il mancato “centro” di un covone di fieno nel tentativo di effettuare un salto della fede. Non solo, il sistema di gestione attiva dei gadget è stato di molto rivisto, e limitato dalla necessità di concentrarsi sugli scontri all’arma bianca. Se la lama celata è diventata un utensile squisitamente dedicato alle fasi stealth, il resto dei gadget, pur restando utilissimi, è stato vincolato a delle scelte di selezioni un tantinello macchinose, con l’esempio più lampante dato dalla bomba fumogena che, quasi mai, si riesce a usare con precisione durante gli scontri. In sostanza, Ubisoft con il prossimo capitolo dovrà rivedere le meccaniche del sistema di controllo per tutto ciò che riguarda accessori e corsa acrobatica, ripulendo quello che è un sistema comunque sull’ottima strada per essere perfetto.
2 – Un ritorno alla verticalità
E visto che ne abbiamo parlato: direi che nel prossimo AC deve per forza esserci un ritorno a quella meravigliosa verticalità che ha contraddistinto la serie, e che è praticamente esplosa con con il secondo episodio. Il parkour, le scalate ed in generale l’approccio in verticale all’esplorazione, è stato sempre uno dei punti di forza del brand, che tuttavia ha cominciato quasi ad accusare il peso della sua stessa popolarità nel corso degli anni. Già con Syndicate, e l’introduzione del rampino per velocizzare il tutto, Ubisoft ha apparentemente cominciato a mostrare preoccupazione nei confronti delle sezioni verticali, progressivamente sempre più “alte” in concomitanza dell’evoluzione tecnica coincidente con l’incedere delle epoche storiche. Con Origins, le sezioni verticali sono stati affidate a pochissimi luoghi, per lo più le città più grandi del gioco (come Alessandria), nonché ovviamente alle Piramidi della piana di Giza. A contorno una buona fetta di arrampicate sono state dedicate alle sezioni montuose, ma ne viene da sé che in gran parte si è perso quel fascino che ci ha catturati nello scalare i palazzi di Firenze, Roma o Parigi. L’esplorazione verso l’alto, il gironzolare tra i tetti, le corse a perdifiato sulle tegole di terracotta, sono qualcosa che in effetti ci è mancato, e che Origins ha minimamente proposto. Considerando questo capitolo egiziano come un punto di inizio (e non di arrivo) per la serie, diremmo che con il prossimo episodio, pur mantenendo l’aspetto più squisitamente open world, sarebbe il caso di tornare allo sviluppo di grandi centri urbani dall’ampia verticalità.
3 – La storyline nel presente
Inutile girarci intorno, da quando il personaggio di Desmond è stato definitivamente archiviato, Assassin’s Creed ha perso tutto il suo smalto sia per quanto riguarda le sezioni ludiche ambientate nel presente, sia per quel che concerne il plot, nonostante da Black Flag in poi le vicissitudini degli assassini del nostro tempo siano state quanto mai complesse e articolate. Difficile riassumervi brevemente lo status quo del presente, e forse la miglior cosa per voi smemorati è quella di andarvi a rileggere il nostro mega riassunto in tre parti relativo alla trama della serie. Dopo un paio di capitoli in cui non c’era che un anonimo dipendente Abstergo al centro degli eventi nel presente, con Origins si è tornati ad offrire una figura a tutto tondo, Layla, una dipendente Abstergo con sufficiente talento da costruirsi una personale versione portatile dell’Animus. Ci aspettavamo che le sezioni nel presente riacquistassero una buona centralità, e invece Origins si limita a utilizzare quegli eventi come contorno, per altro archiviando quasi del tutto gli incredibili colpi di scena svelati nel finale di Syndicate. Perché? Non ci è dato saperlo. L’optimum sarebbe quello di creare delle sezioni di gioco vere, e non palliative, in cui gli Assassini (o perché no, i Templari) del nostro tempo abbiano tanto spazio quanto i protagonisti del passato. Un qualcosa che, francamente, ci auguriamo da anni, ma su cui Ubisoft si mostra ancora molto titubante.
4 – Un riassetto della trama
E proprio perché lo abbiamo detto nel punto precedente: con il prossimo episodio ci piacerebbe che Ubisoft riassetti la trama generale del gioco, ridando ordine (e volendo anche un senso) a quella che è l’eterna battaglia tra Assassini e Templari. Dalla morte di Desmond, l’assetto di questa faida ha perso notevole spessore, vuoi per l’aggiunta di particolari sempre più inspiegabili e surreali, vuoi per l’assenza di un protagonista forte che in qualche modo facesse da tramite tra il giocatore e gli eventi di gioco. La trama caotica e singhiozzante, unita allo sviluppo per mezzo dell’anonimo impiegato Abstergo giocato in prima persona, non ha sortito altro effetto che una noia generale e palpabile disinteresse da parte dei giocatori (esclusi ovviamente i fan duri e puri). Col prossimo capitolo ci auguriamo quindi un repulisti totale, che rimetta la trama in ordine e che, più che altro, le dia quel dignitoso punto di ripartenza che si saremmo aspettati dalla morte di Desmond.
5 – Ancora open world
Non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo, ma val la pena specificarlo lo stesso. Noi vorremmo un altro AC con un forte impianto open world. Molti giocatori non sembrerebbero aver gradito la svolta di esplorazione aperta offerta dal nuovo episodio, eppure a nostro giudizio era esattamente quello che serviva alla serie. Banalmente per poterla rendere competitiva con l’attuale offerta di titoli adventure, che da The Witcher 3 in poi hanno abbracciato il potenziale dell’esplorazione aperta su mappe vastissime, ma in realtà riteniamo che proprio nella vastità della mappa e nel confronto con i suoi pericoli, AC: Origins sia riuscito a superare lo scoglio della noia in cui spesso capitombolavano i precedenti titoli. Le città, per quanto vastissime come le recenti Parigi e Londra, offrivano tutto sommato dei setting la cui continuità scadeva ben presto nella banalità, e nella sostanziale assenza di sfide concrete, anche per i niubbi. La mappa aperta, con la sua divisione in territori, e la REALE presenza di nemici insormontabili, ha invece concesso all’esplorazione un tono rinnovato, per altro funzionale allo svolgimento della trama.
6 – Il ritorno della componente gestionale
Se c’è una cosa che ci è piaciuta dei primissimi titoli, era la componente gestionale offerta dall’evoluzione del ruolo di Ezio, che da Assassino di strada passò ben presto al rango di Maestro, e poi Mentore, con la conseguenza di doversi confrontare con la gestione del proprio esercito di adepti. La componente di gestione degli assassini, per quanto sempliciotta, non era poi banalissima per l’epoca, ed anzi dava veramente l’idea di tenere in mano le redini della confraternita italiana, per altro con una giustificazione narrativa tale da rendere il tutto più avvincente. A pensarci bene, visto che la serie si è sempre confrontata con personaggi centrali nel mondo degli assassini, divenuti rapidamente Maestri o addirittura Mentori, perché allora non riproporre un semplice ma funzionale sistema di gestione dei membri? La funzione sarebbe anche eccezionalmente utile nell’ottica del reperimento di materie prime o simili al completamento delle missioni, il che si sposerebbe in modo egregio con il sistema di crafting introdotto in Origins, che richiede continui materiali per il miglioramento del proprio equipaggiamento.
7 – Non complichiamoci la vita
Parlando di crafting: il sistema proposto da Origins è in effetti molto semplice e funzionale, e permette di relegare la raccolta di materiali ai margini dell’esperienza di gioco, potendo contare su diversi altri fattori (tra cui l’acquisto di materie prime) per il conseguimento dell’equipaggiamento migliore. Ovviamente occorre andare in giro a cercare le materie prime per risolvere tutto velocemente, ma resta comunque una facezia e poco più. Con il prossimo AC ci piacerebbe che tale sistema fosse perfezionato, ovvero che gli aspetti relativi ai materiali ed al crafting fossero approfonditi, anche in concomitanza della scelta open world che non chiede, quasi pretende, un numero di incarichi opzionali che possano accompagnare il giocatore nel suo lungo peregrinare, e materie prime e crafting potrebbero essere tra questi. Il pericolo, e eventualmente il problema, potrebbe essere però quello di rendere il sistema troppo invasivo, complicando inutilmente la vita del giocatore. Si tratta naturalmente di un compromesso difficile da raggiungere, perché il crafting e le relative materie rischiano spesso di diventare un qualcosa di troppo invasivo all’interno dell’esperienza del giocatore, limitandone il divertimento e la progressione, pertanto occorrerà molto giudizio affinché il tutto funzioni dignitosamente, e non è detto infatti che raggiungeremo la perfezione entro il prossimo capitolo.
8 – Quest con più mordente
Una mancanza di Origins è stata forse quella di non dare alle quest secondarie il giusto mordente, rendendo il più degli incarichi del tutto glissabili. La rosa di quest era infatti molto limitata, e benché fossimo dinanzi a qualcosa di certamente più appagante rispetto al passato, è evidente che occorre dare maggior spessore, tanto narrativo quanto ludico, alle missioni secondarie. Tra banditi da sterminare, omicidi da risolvere e tombe da visitare, Origins non ha fatto granché, specie se si considera che per quanto Ubisoft ci abbia provato, la complessità ludica e narrativa degli incarichi secondari si risolveva, quasi sempre, in una certa banalità. Sottolineiamo che, ovviamente, questi pensieri possono risultare superflui ai più. Le quest di Origins funzionavano abbastanza bene, e non è un mistero che la maggior parte di voi le abbia trovate funzionali e gradevoli. Tuttavia serve maggior diversificazione, un po’ di estro narrativo, e soprattutto maggiore articolazione, come si confà ormai ai più grandi titoli open world. Mettiamo poi nel calderone anche le quest single player, la cui diversificazione è stata, se possibile, anche minore. Origins ha provato malamente ad offrire delle soluzioni di gioco alternative, e quando lo ha fatto ha mostrato una certa mollezza ed un riciclo di idee, a nostro giudizio, un po’ ingiustificato (pensate alle battaglie navali). Forse è il momento di osare di più, e di sfruttare in modo più approfondito ed accurato quello che è il selling point della serie: gli assassini e le loro straordinarie abilità.
9 – Una location incredibile
Uno dei più bei punti di forza di Origins è stata certamente la sua location, e la straordinaria scommessa di ambientare il gioco su di un setting così poco utilizzato nel mondo dei videogiochi. Era difficile prevedere il successo della mappa egiziana, complice la scarsezza di soluzioni verticali (che è poi l’unico difetto che ha veramente senso in questa faccenda), eppure Ubisoft ci è riuscita e ci ha consegnato una mappa bellissima e sfaccettata. Non perfetta, ma certamente evocativa e funzionale. Anche l’ambientazione storica in sé, con la fine della Dinastia Tolemaica ha fatto la sua parte, pur se l’andamento altalenante della trama non ha permesso alla storia di dare il meglio. Come sia sia, è il caso che anche il prossimo AC offra una scommessa simile, il cui buon andazzo non farà che aumentare la nostra rinnovata passione per il brand. Sulla bocca di tutti c’è il Giappone feudale, carico del fascino relativo agli antichi samurai, ma se dovessimo esprimere le nostre preferenze, allora diremmo che ameremmo anche una scampagnata per le steppe russe durante il fiorente periodo zarista, o un giro per l’Amazzonia ai tempi degli imperi sudamericani.
10 – Sempre e solo single player
Dopo la rovinosa esperienza di Unity, Ubisoft sembra aver capito che non c’è spazio per il multiplayer per le esperienze console di Assassin’s Creed, e che è meglio relegare l’esperienza mutligiocatore ad altri formati, come le app per smartphone, dove AC: Pirates imperversa con grandi risultati da anni. Eppure è difficile per noi dormire sereni, sapendo che con il ritrovato successo della serie può riavanzare lo spettro del multigiocatore, che altri effetti non ha se non quello di ledere all’esperienza single player. O meglio: fintanto che il tutto è limitato ad un surplus, come fu per i primi esperimenti del secondo capitolo, allora nessun problema. Quando però il tutto comincia a incontrarsi con il single player, proprio come in Unity, la cosa inizia a diventare vagamente superflua, se non disturbante quando il tutto funziona male. Diciamo che, dal nostro punto di vista, Assassin’s Creed ci sta bene con il solo single player, e l’esigenza di giocare con gli amici la releghiamo magari ad altri titoli.