Una volta appurato che Studio Ghibli NON sta per chiudere, qui in casa Stay Nerd ci siamo fatti prendere dalla gioia, dalla rilassatezza e, al contempo, da un gusto amarcord per le cose vecchie, fatte bene, come quelle che solo l’animazione di Studio Ghibli nelle figure di Isao Takahata e Hayao Miyazaki (e in misura minore di suo figlio Goro) ci hanno saputo regalare nel corso degli anni. E così abbiamo preparato i pop corn, ci siamo messi sul divano tutti assieme (che manco la pubblicità del Ciobar) e ci siamo sparati una lunga, lunghissima, sequela di film made by Studio Ghibli. Certo, all’ottava ora di film Dario si è alzato dal divano dicendoci che era in ritardo per prendere il Gattobus, ma sono dettagli… ciò detto: venghino signore e signori! Stay Nerd vi presenta i “10 film di Studio Ghibli che non potete non aver visto”! In ordine rigorosamente cronologico, che i listoni da 1 a 10 stanno diventando terribilmente inflazionati!
Nausicaa della Valle del vento (Kaze no tani no Naushika) – 1984
Scritto e diretto da Hayao Miyazaki, e basato su di un fumetto omonimo, Nausicaa della Valle del vento è il primo eccezionale film del Maestro basato sulla tematica ambientalista e, soprattutto, su quella della pace e della difficile convivenza di due culture diverse. Qui, il tema del rapporto di pacificazione tra diverse culture/specie, è sublimato dallo stesso contesto in cui la storia è narrata: un mondo post apocalittico in cui la giovane principessa Nausicaa si troverà a dover contrastare il regno di Tolmechia, un paese le cui ambizioni di espansione vorrebbero distruggere una giungla popolata da insetti giganti. Permeato di un’epica fantastica, e narrativamente maturo e moderno nonostante gli anni, Nausicaa è forse una delle opere più belle e rappresentative di Miyazaki.
TRIVIA: Sebbene sia attribuito a Studio Ghibli, Nausicaa della Valle del vento è stato in realtà creato prima della fondazione ufficiale dello studio avvenuta, come saprete, solo un anno dopo (1985).
TRIVIA 2: Il film ebbe un successo incredibile in tutto il mondo, tanto da convincere i distributori americani a portarlo nel loro paese, nonostante, allora, la cinematografia animata nipponica non riscuotesse un grosso interesse. Il film fu tuttavia pesantemente tagliato per oltre 20 minuti di scene, e fu persino rinominato con il titolo di Warriors of the Wind.
Ci piace vederlo perché: Ormai siete abituati alla proposizione di personaggi femminili dalla forte identità e, come anche per un’altra grande eroina miyakaziana, Mononoke, qui è forte il contrasto tra la tipica (e incompetente) principessa occidentale, e quella forte e indipendente presentata in questo tipo di narrativa nipponica. Pensateci quando rivedete questo film che è partito tutto da qui, e che se negli anni avete avuto delle donne “bad ass”, in parte lo si deve anche a Nausicaa.
Laputa – Castello nel cielo (Tenko no shiro Rapyuta) – 1986
Primo film ufficiale dello studio, Laputa è quasi un manifesto di quella che è la sua filosofia, e consolida in 124 spettacolari minuti di animazione quasi tutti i temi cari alla narrativa di Hayao Miyazaki. Antimilitarismo, ecologismo, sfiducia verso la sete di potere ma anche l’amore e l’amicizia e il volo sono i leit motiv di questa pellicola straordinaria, che nel 1986 spazzò ogni altro film nei botteghini nipponici. Laputa è inoltre uno straordinario esempio di narrativa, grazie non solo ad ottime intuizioni registiche, ma anche al suo mescolarsi di situazioni d’azione, di introspezione e pathos. Ciononostante è un film estremamente accessibile, la cui fruizione non è legata a limiti d’età o di predisposizione emotiva. Si tratta, in tal senso, di un vero e proprio masterpiece dello storytelling, un’opera che non perde il suo smalto nonostante il passare degli anni.
TRIVIA: “Laputa” non è un nome scelto a caso. Il film è permeato da un senso di fascinazione per il viaggio, e dal gusto che Pazu, il protagonista, ha per il nuovo. Le stesse tematiche furono alla base di un altro grande esempio di narrativa che fu quello di Jonathan Swift con “I viaggi di Gulliver” in cui era citata un’isola di nome “Laputa”.
Ci piace vederlo perché: è un film godibile ma profondo, complesso eppure fruibile per tutti. È una summa di regia, tecnica, narrativa e si, anche animazione che nonostante il tempo riesce ancora ad emozionare e meravigliare. Un film spesso bistrattato in occidente, ma che è forse il vero esempio di cosa sia sinonimo il nome “Studio Ghibli”.
Il mio vicino Totoro (Tonari no Totoro) – 1988
Certamente film icona dello studio, tanto da aver fatto di Totoro una parte del proprio logo, Il mio vicino Totoro è forse il più delicato e intelligente film sul tema dell’infanzia che possiate vedere sebbene, purtroppo, sia arrivato in Italia solo nel 2002, ed in seguito alla popolarità ottenuta dagli Studio con La città incantata. La trama ruota attorno a due sorelle, Satsuki e Mei, che assieme al padre si trasferiscono in campagna per avvicinarsi all’ospedale in cui la loro madre è ricoverata. Qui le sorelle incontreranno tutta una serie di personaggi fantastici, tra cui proprio Totoro, con cui impareranno il rispetto per la natura e le sue creature. La potenza della narrativa di Totoro sta nei suoi sottesi, nelle approssimazioni che l’autore crea della realtà attraverso figure fantastiche che, a suo dire, sono solo animali e nulla più. La visione del film è un viaggio colorato in un mondo acquerellato, in cui le tinte si alternano come le ore del giorno. È un film fantastico, ma assolutamente toccante e credibile.
TRIVIA: Il film ottenne un successo incredibile in tutti i paesi in cui fu distribuito, tanto che la rivista Empire lo posizionò circa a metà della classifica dei “500 film più belli della storia” (al posto 275 per la precisione).
TRIVIA 2: Stando a Miyakazi, Totoro è un vero e proprio animale, presumibilmente a guardia dei boschi, ma comunque non un essere mistico, e vivrebbe sulle ghiande.
Ci piace vederlo perché: è un film di incredibile forza espressiva con un’animazione che, nonostante gli anni, non ha mai perso il suo smalto e la sua bellezza. Alcuni dei suoi personaggi, poi, sono memorabili e i loro ruoli restano indefiniti e indefinibili, come a suggerire allo spettatore che quello che sta guardando non per forza abbia un unico significato. Il Gattobus, ad esempio… avete mai pensato che forse sia un veicolo per… l’aldilà?
Una tomba per le lucciole (Hotaru no haka) – 1988
Uscito assieme a Il mio vicino Totoro, Una tomba per le lucciole non godette della stessa spinta promozionale a causa delle sue tematiche molto dure e delle loro rappresentazioni senza mezzi termini, pur essendo, come saprete, un cartone animato. Film capolavoro di Isao Takahata, nonché opera prima, Una tomba per le lucciole è ambientato nel corso della Seconda Guerra Mondiale e racconta la storia di due bambini, un maschio e una femmina, che si aiutano a vicenda dopo la morte della madre nei difficili anni della guerra. È, di fatto, un war movie nudo e crudo, in cui la narrazione sembra non dare respiro ad alcuno spiraglio di positività, se non alle lucciole del titolo, unico strumento per bucare quella che è una notte senza fine, metafora perfetta di quella che è la guerra. Takahata esplora con crudo realismo i personaggi, le loro introspezioni, e i drammi che nella loro vita si avvicendano a causa della guerra. Un’opera potente, forse la più dura dell’intero campionario di Studio Ghibli.
Ci piace vederlo perché: non si può restare indifferenti a questo film. La storia, i personaggi, il setting, come anche il suo toccante finale sono una concentrazione di emozioni empatiche che potrebbero non fare breccia solo in una macchina. In un uomo, invece, fatto di sangue e carne, l’effetto della visione sarà come quello di una lancia, che puntata diritta al cuore vi farà piangere a dirotto.
Kiki – Consegne a domicilio (Majo no Takkyubin) – 1989
Ispirato ad un omonimo romanzo ad opera dello scrittore Eiko Kadono (arrivato in Italia nel 2002 grazie a Kappa Edizioni), Kiki – Consegne a domicilio arriva da noi, come anche altri suoi “fratelli” con un ritardo quasi imbarazzante, tant’è che parliamo del 2002, ad opera di Buena Vista Pictures. A nostro modesto parere, pur essendo tra i meno noti, Kiki – Consegne a domicilio è forse uno dei migliori film ad opera di Hayao Miyazaki, grazie ad una narrazione incantevole e semplice che, tuttavia, nello stile del Maestro, si rende capace di emozionare e toccare lo spettatore con tematiche importanti, come l’infanzia e il rapporto che i ragazzi (Kiki è tredicenne) hanno con la vita e con le sue difficoltà. Nonostante le tematiche fantastiche come la magia, il racconto di Kiki sa essere incredibilmente realistico e gioca su quello che è la negazione dello stereotipo invece ampliamente consolidato nell’animazione occidentale, ossia quello della ragazzina incapace di fare da sé.
Ci piace vederlo perché: la storia di Kiki è divertente, intelligente e narrativamente appagante. Il modo in cui Miyazaki tratta il tema dell’infanzia e della crescita, con quella sua verve apparentemente pessimista ma, al contempo, possibilista per un futuro migliore, regala allo spettatore uno spettacolo adatto a tutte le età, in cui le storie di una streghetta tredicenne sono solo una scusa, neanche banale, per raccontare il difficile rapporto tra il ragazzo che cresce e il mondo che lo circonda. Il gatto di Kiki, poi, è veramente memorabile!
Only Yesterday (Omohide poro poro) – 1991
Uno dei pochi film dello studio ad aver raccolto consensi occidentali pur non essendo opera dei Miyazaki, Only Yesterday è una delle più belle e delicate opere di Studio Ghibli e che, purtroppo, non è mai stato importato nel nostro sfigatissimo paese. Arrivato sul grande schermo nel 1991, lo si considera la summa dell’opera di Isao Takahata, un artista dell’animazione da sempre concentrato sull’essere umano, e sui problemi legati alle sue ambizioni ed ai suoi sogni. Le motivazioni della sua scarsa diffusione sono forse da ricercarsi tutte nel suo plot, decisamente insolito per un film di animazione. La trama si concentra su di uno stralcio di vita di Taeko, una trentenne che, desiderando di scappare dalla quotidianità, decide di far visita ai suoi familiari nella campagna giapponese. Nel corso del viaggio la donna si ritroverà a rovistare nei suoi ricordi. Il viaggio, dunque, la cambierà, presentando allo spettatore quello che è un forte contrasto tra il passato e il presente, un tema dell’umanità che ben si sposa con qualsiasi cultura, soprattutto in quelle che, come la nostra, spesso vivono la crescita e l’adeguamento ai ritmi dell’età con difficoltà. Taeko, quindi, compierà un viaggio fuori e dentro di sé, confrontandosi con quei desideri e quelle ambizioni che, inesorabilmente, la vita ha deluso e con cui, evidentemente, non si era mai davvero confrontata. Only Yesterday è stata la seconda opera di Takahata per Studio Ghibli, e fu campione di incassi dell’anno in Giappone. Si tratta di un film di animazione atipico e particolare, il cui leit motiv non può, tuttavia, essere in qualche modo assimilabile da qualsiasi essere umano che abbia accumulato un minimo di esperienza di vita.
Ci piace vederlo perché: Only Yesterday è un film nostalgico, caldo, in qualche misura soffuso, che sa come e quando emozionare e portare lo spettatore a interrogarsi. È un lavoro quasi catartico, che ci porta nel corso della visione a interrogarci, assieme alla sua protagonista, su quale sia il senso della nostra vita, ma lo fa in maniera gentile, senza altra pretesa che l’intrattenimento.
I Sospiri del mio cuore (Mimi wo sumaseba) – 1995
Arrivato in Italia con un ritardo notevole (fu presentato solo nel 2011), I Sospiri del mio cuore è un film diretto da Yoshifumi Kondo, ma scritto da Hayao Miyazaki. Il film, come nella tradizione di Miyazaki, avvicina lo spettatore a tematiche umaniste, presentandoci il racconto di due ragazzi, Shizuku e Seiji, che nell’inseguimento delle proprie ambizioni (lei desidera diventare una romanziera, e lui un costruttore di violini) finiranno inesorabilmente con l’avvicinarsi teneramente. Kondo, la cui dipartita poco dopo la fine dei lavori sul film segnò profondamente il mondo dell’animazione, confeziona con questo debutto un film meraviglioso e malinconico che, solo apparentemente, sembra avere i sapori di una tipica teen romance alla giapponese. Si tratta in realtà di un qualcosa di molto più introspettivo e, per certi versi, diverso, il cui potere narrativo è tale che in Giappone, sin oltre i tempi dell’uscita, molti dei luoghi richiamati nel film sono diventati oggetto di culto.
Ci piace vederlo perché: Pur essendo un film di ambientazione realistica, I sospiri del mio cuore presenta alcune delle più belle sequenze fantastiche dell’animazione giapponese, qui sotto forma di sogni e fantasie dei due protagonisti. Non è un film semplice, ed anzi la sua “diversità” rispetto ai più celebri film di Studio Ghibli potrebbe in qualche modo annoiare lo spettatore, eppure a chi saprà guardare oltre si presenterà un piccolo capolavoro, la cui perizia risulta ancor più sorprendente se si pensa che questo è il primo film a non essere diretto né da Miyazaki né da Takahata.
Princess Mononoke (Mononoke-hime) – 1997
Uno dei film ambientalisti per eccellenza in quella che è stata la grande narrativa di Hayao Miyazaki, Princess Mononoke ebbe, soprattutto in occidente, il grande merito di dimostrare che un’opera animata può avere un qualcosa da dire, e che qualora decida di farlo sappia farlo dando al proprio messaggio una notevole potenza narrativa. Dramma fantastico, ambientato nel periodo Muromachi (1336-1573), Princess Mononoke racconta della lotta sanguinaria tra un gruppo di guardiani a protezione di una foresta, e degli esseri umani che da quella foresta vorrebbero ricavare i beni di cui hanno bisogno. È la “favola ecologica” per eccellenza, nonché l’opera animata dal più alto incasso nella storia del Giappone . Fu anche il film che esportò lo studio e Miyazaki fuori dal Giappone, cominciando quel lento consacramento che porterà l’autore (e lo studio tutto) alla consacrazione.
TRIVIA: Quando il film arrivò in America grazie a Miramax, il distributore optò per effettuare dei tagli, probabilmente per evitare che certe scene urtassero la sensibilità del pubblico più giovane e, quindi, abbassarne il rating. Alla notizia, tuttavia, Studio Ghibli spedì a Miramax un pacco contenente una katana e il biglietto “no cuts”. La cosa evidentemete funzionò, e Miramax non effettuò alcun taglio. Per la serie: “non si coglioneggia con Miyazaki!”
Ci piace vederlo perché: Princess Mononoke è un film dai temi maturi, che esplora crudamente le conseguenze del disastro ambientale. Una particolarità interessante, che è poi una delle tematiche cardine dell’animazione di Hayao, è l’assoluta assenza di personaggi manichei. Bene e male non esistono, e non si può definire nettamente chi abbia ragione di combattere e di sentirsi nel giusto.
La città incantata (Sen to Chihiro no kamikakushi ) – 2001
Fautore dello sdoganamento del lavoro di Studio Ghibli in tutto il mondo, ma soprattutto mezzo per la consacrazione artistica di Hayao Miyazaki, La città incantata è diventato oggetto di una diffusione mainstream che, all’interno della produzione Ghibli, non conosce paragoni. La storia di Chihiro, impegnata a lavorare in un bagno pubblico per salvare i suoi genitori (iconicamente trasformati in maiali) è la quintessenza della narrativa del grande autore giapponese, mettendo dinanzi agli occhi dello spettatore quello che è fondamentalmente un contrasto, non solo tra generazioni, ma anche tra antico e moderno. Non a caso, per questo suo dualismo narrativo, portatore di una freschezza sempiterna, possiamo considerare La città incantata come il primo esponente di un nuovo tipo di favole moderne cui, in precedenza, lo Studio aveva teso per mezzo di opere tratte da una narrativa già consolidata (come nel caso di Kiki).
Ci piace vederlo perché: La città incantata è un must della produzione di Studio Ghibli, ed è forse il film internazionalmente più conosciuto e apprezzato. Ma questo, in fin dei conti, ci interessa poco. La sua fusione di stili, la sua ricchezza visiva e la sua storia, così stravagante e atipica, ma in fondo così semplice, consacrano Miyazaki nella nostra immaginazione. È un classico, puro e semplice!
Il castello errante di Howl (Hauru no ugoku shiro) – 2004
Ispirato ancora una volta, dalla letteratura fantastica per ragazzi, con Il castello errante di Howl, Hayao Miyazaki confeziona un nuovo capolavoro capace di consacrarlo con la sua seconda nomination agli Oscar. La storia è quella i Sophie, una diciottenne che vive confezionando cappelli. Maledetta dalla Strega delle Lande, la ragazza sarà trasformata in una donna di novat’anni che, tuttavia, non deciderà di arrendersi affidando la speranza della propria “cura” a Howl, un popolare quanto misterioso mago girovago. Diventando la sua donna di servizio, ed andando a vivere nel suo castello errante, Sophie scoprirà che dietro l’aspetto apparentemente disfattista di Howl si nasconde in realtà qualcosa di più. Con Il castello errante di Howl, Studio Ghibli non solo confeziona una favola capace di entrare di diritto nell’immaginario collettivo, ma anche – e soprattutto – un’opera visivamente incredibile, capace di stuzzicare e stimolare l’immaginazione e la fantasia dello spettatore. Bellissimo e colorato, il film è, come nella tradizione dell’autore, anche un momento per rapportarsi a tematiche a lui care, come il dualismo tra bene e male, i problemi legati alla crescita, e soprattutto il volo, qui presente con alcuni momenti in cui Howl è un memorabile protagonista.
Ci piace vederlo perché: quel che ci esalta di questo film non è solo la sua impressionante animazione, ma soprattutto il bizzarro e variegato set di personaggi che annovera, tra le varie, uno spirito del fuoco, uno spaventapasseri animato e la stessa Sophie, una ragazzina che si ritrova improvvisamente anziana. Lo stesso Howl è, narrativamente e visivamente, un personaggio azzeccato e charmante, dietro la cui apparenza si nasconde una caratterizzazione che farebbe impallidire molti altri personaggi dell’animazione moderna.