Dieci miniserie che hanno una fine e meritano un inizio (di visione)

Ti toc, le lancette sembrano muoversi sempre più velocemente e quello che durante la propria infanzia e adolescenza sembrava infinito, ora inizia a scarseggiare. Il tempo, il grande nemico post liceale. La verità è che ad un certo punto della vita il tempo a disposizione si assottiglia sempre di più. Prima gli esami universitari, poi il lavoro, l’amore, i figli. E addio ore da dedicare a film, videogiochi e serie tv.

Proprio per ovviare a questa tragica mancanza di tempo, non c’è niente di meglio di una miniserie. Pochi episodi,  un finale assicurato, nessun sequel e la possibilità di condensare in poche ore storie avvincenti.

Per chi non ha tempo, per chi è stufo di serie annacquate o cancellate, ecco dieci miniserie che salveranno la vostra quotidianità.

miniserieMiniserie # 1: Sharp Objects 

Una giornalista torna nel suo piccolo paese nativo, Wind Gap, per indagare sulla morte di due ragazze del luogo. Detta così, sembra una storia che ha un forte sentore di dèjà vu, ma la potenza di Sharp Objects sta nel suo catturarti e immergerti completamente in una realtà morbosa, straziante, in cui i rapporti umani mostrano sentimenti distorti, deformati da traumi e da delusioni passate.

L’indagine sull’omicidio è un pretesto, viaggia sullo sfondo, mentre la scena viene catturata dall’orrore umano, capace di cambiare esistenze e destini. Amy Adams dona al suo personaggio un’anima tragica, vibrante e maledettamente umana. Gli otto episodi tratti dal romanzo Sulla pelle di Gillian Flynn sono un tuffo nell’America della provincia, un microcosmo avvolto in una cupa nebbia di misteri, violenza e rapporti umani malsani.

miniserieMiniserie #2: Godless 

La classicità del Western incontra il piccolo schermo: sangue, proiettili e la polvere acre della selvaggia frontiera, metafora di un’America instabile e carica di contraddizioni. Fin dai primi minuti Godless lascia trasparire il suo intento: proiettare lo spettatore in un’epoca in cui i protagonisti vivono in balia del caso e di un destino che preannuncia e minaccia costantemente una fine imminente. Una morte annunciata, che però non fa paura e viene affrontata con fredda spavalderia.

Alla fedeltà con cui viene affrontato il genere western, abusato nel secolo scorso in ambito cinematografico ma incomprensibilmente snobbato in tv, si affiancano novità importanti dal punto di vista contenutistico e narrativo: ai classici ultravirili personaggi di frontiera qui si contrappongono figure femminili potenti e letali.

La città di La Belle è il regno in cui dettano legge le donne, capaci di annientare e allontanare il maschio straniero e invasore. Una scelta inedita da parte dello sceneggiatore/regista Scott Frank, che già nello stesso anno (2017) aveva sfornato un film che per toni e ambientazioni ammiccava al genere western, Logan. Dialoghi tarantiniani, una messa in scena sontuosa e una scrittura carica di pathos rendono Godless una miniserie imprescindibile.

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Miniserie #3: Chernobyl 

La notte del 26 aprile 1986 il mondo è cambiato. Un disastro nucleare e, soprattutto, umano ha modificato per sempre l’esistenza e il destino di milioni di persone. Le altre invece per anni non hanno saputo, vivendo nell’eco di mezze verità e in un silenzio che ha mascherato e mistificato la realtà.

Cosa successe a Chernobyl all’una di quella notte, illuminata dall’ipocrisia e dalla follia umana, lo racconta la struggente miniserie scritta da Craig Mazin e diretta da Johan Renck. Cinque episodi che travolgono e sconvolgono lo spettatore in un vortice che svela la storia e ne abbatte le menzogne, ponendo sotto al riflettore la fallibilità umana.

Non sono i fatti, ma le persone ad essere al centro della vicenda. Da una parte chi ha taciuto e distorto la narrazione del disastro, dall’altra antieroi che hanno messo la loro missione davanti alla loro vita. Chernobyl è una miniserie che difficilmente sarà dimenticata, affiorerà sempre nei ricordi. Con le sue atmosfere, i suoi personaggi, il suo coraggio di toccare tasti sino ad ora coperti di polvere e grafite.

miniserie Miniserie #4: Band Of Brothers 

La Hbo ha modificato per sempre la narrazione seriale. Se adesso appare normale l’alto tenore qualitativo dei prodotti indirizzati al piccolo schermo, ad inizio millennio eravamo ancora ben lontani dalla mole di prodotti di livello che invadono i nostri dispositivi multimediali. Ancor prima di Lost, che ha di fatto amplificato e rivoluzionato l’approccio al prodotto televisivo, nel 2001 veniva prodotta una delle miniserie più curate e apprezzate di sempre. Prodotta da Tom Hanks e Steven Spielberg, Band of Brothers tocca vette di epicità raramente mai raggiunte da altre produzioni vicine al genere bellico.

La miniserie, composta da dieci episodi, è ambientata durante la seconda guerra mondiale tra il 1942 e il 1945 e segue le vicende della Compagnia Easy del 2º Battaglione, 506º Reggimento di Fanteria Paracadutista, 101ª Divisione Aviotrasportata dell’esercito degli Stati Uniti. Le dieci puntate osservano da vicino ogni passo della Compagnia, dall’addestramento al combattimento al fronte. Per capire la caratura della miniserie basta dare una fugace occhiata al cast, che include Tom Hardy, Simon Pegg, Michael Fassbender, James McAvoy.

Ambiziosa e complessa come non mai, Band of Brothers è una miniserie capace di narrare la storia e soprattutto i suoi protagonisti. Quei soldati visti qui sotto una luce diversa, uno sguardo umano che ne elogia virtù, ma anche debolezze. Perché in guerra il terrore, l’angoscia e la costante sensazione di impotenza sono più letali di un proiettile.

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Miniserie #5: Night Of

A chi non è capitato di risvegliarsi con ricordi offuscati e a tratti assenti dopo una serata in cui si è esagerato? Non a tutti però capita di riprendersi e scoprire che la compagna di nottata è stata brutalmente uccisa, probabilmente con le proprie mani. Questo è la tragica premessa che dà il via alle vicende legali ed emotive di Nasir “Naz” Khan, uno studente universitario di origine pakistana del Queens.

La miniserie di otto episodi segue quindi l’iter giudiziario di Naz, incastrato da testimoni e una presunta arma del delitto. Il giovane presunto killer viene seguito durante il suo percorso da un avvocato sui generis, interpretato da un John Turturro sopra le righe e in stato di grazia.

Night Of non si limita a virare nel legal drama, ma si interroga sul tortuoso filo che separa verità e menzogna, reato e innocenza, regalando colpi di scena, in grado di far cambiare continuamente il proprio punto di vista. Ribaltando e sconvolgendo ogni possibile empatia.

Miniserie #6: When They See Us

Quando la narrazione televisiva si interseca con fatti di cronaca realmente accaduti c’è sempre il rischio che alcuni dettagli si perdano o che la realtà sia sfumata con le tonalità più tenui e acquerellate della fantasia. Nei quattro episodi di When They See Us nulla di questo avviene, la regista Ava Duvernay offre una ricostruzione cruda, cupa, priva di qualsiasi pietà.

La miniserie di 4 episodi segue la vicenda dei Central Park Five: nel 1989 una jogger fu aggredita nel cuore del Central Park. Per l’aggressione furono arrestati cinque giovani, accusati senza alcuna prova dello stupro. La storia è un racconto esemplificativo degli errori giudiziari americani, spesso indirizzati malamente a causa di pregiudizi etnici, ed è un perfetto spaccato delle annose questioni socio-politiche a stelle e strisce.

Il peso dell’ingiustizia cade come un macigno sullo spettatore, travolto dalle iniquità del sistema giudiziario americano. Ne emerge una miniserie capace di far provare una rabbia purissima, dettata da un’empatia immediata con i protagonisti della vicenda. Alla costante ricerca di una verità sepolta sotto una sabbia di contraddizioni culturali.

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Miniserie #7: 22.11.63

I binari su cui viaggiano le opere del Maestro Stephen King e il mondo cinematografico/televisivo si sono intersecate una miriade di volte. Con risultati altalenanti. In particolar modo per quanto riguarda il piccolo schermo le serie tratte dai suoi romanzi hanno vissuto fasi alterne, toccando spesso abissi nerissimi. Tra le produzioni recenti si salva egregiamente 22.11.63, miniserie tratta dal libro scritto da King nel 2011.

Negli otto episodi seguiamo le vicende di Jake Epping, un insegnante liceale che scoprirà ben presto un modo per viaggiare nel tempo e catapultarsi nel passato. Il professore, interpretato da James Franco, ha in mente di rendere il mondo migliore e l’unico modo per modificare in positivo la storia è impedire l’assassinio di Kennedy. Nei suoi viaggi nel passato Jake incontrerà l’amore e soprattutto un rivale agguerrito: il diabolico Lee Harvey Oswald.

22.11.63 riesce nell’intento di raccontare con un ritmo serrato una vicenda abusata nel mondo televisivo in un modo inedito, sfruttando egregiamente l’escamotage dei viaggi temporali. Un tuffo nel passato di una nazione che non è mai riuscita a dimenticare.

Miniserie #8: Unbelievable

Tutto inizia con una chiamata. Marie Adler (Kaitlyn Dever) denuncia alla polizia una violenza subita da uno sconosciuto entrato in casa sua. Gli agenti della polizia sembrano non credere alla ragazza e cercano di farla confessare di aver inventato l’abuso. Il dramma della ragazza viene fortunatamente intercettato da due detective (Toni Collette e Merritt Wever) che si stanno occupando di altri casi di stupro analoghi a quello di Marie. Ed è così che parte la caccia al colpevole, rimasto a piede libero a causa dell’errore degli agenti.

Sono molti i motivi per cui Unbelievable ha una fortissima potenza narrativa. Innanzitutto parte da presupposti reali, essendo basata su fatti realmente accaduti nel 2008 negli USA. Ha poi la forza di raccontare egregiamente il dramma della violenza di genere. Tuttavia non si concentra sull’atto violento in sé, ma sulla ancor più drammatica conseguenza psicologica delle vittime. Donne che non vengono ascoltate e credute, lasciando il proprio dramma fisico e morale in un silenzio agghiacciante.

Miniserie #9: Good Omens

Nel 1990 le geniali menti di Terry Pratchett e Neil Gaiman si sono fuse e hanno dato vita a Good Omens, romanzo a quattro mani tradotto incomprensibilmente in italiano con il titolo Buona Apocalisse a tutti! Nel 2002 è stata ideata una versione cinematografica con la regia di Terry Gilliam, il progetto fu accantonato ben presto. Quindici anni dopo l’accordo tra Gaiman e Amazon Studios è il lasciapassare per l’adattamento del romanzo, questa volta riformulato per il piccolo schermo.

Good Omens inizia esattamente dalla fine… del mondo. La vita sulla terra sta per finire in concomitanza dell’avvento dell’Anticristo Adam. Tuttavia Aziraphale (Michael Sheen) e Crowley (David Tennant), un angelo e un demone che vivono sulla terra da anni, decidono di scongiurare ad ogni costo l’Apocalissi, ormai beatamente integrati sul pianeta terrestre.

La miniserie rispecchia fedelmente lo spirito ironico di Pratchett, trattando con leggerezza e allo stesso tempo acutezza toccanti argomenti legati alla religione. Un ritmo forsennato, una regia elegante e un cast incredibile elevano Good Omens nel firmamento delle produzioni televisive. Perderla sarebbe la fine del mondo.

Miniserie #10: Patrick Melrose

Benedict Cumberbatch è un attore decisamente eclettico e ha un’innata capacità di interpretare personaggi eccentrici e sopra le righe. Chi meglio di lui poteva adattare i romanzi autobiografici di Edward St Aubyn. La miniserie di cinque episodi ripercorre la dissoluta vita di Patrick Melrose e il suo tentativo di redenzione.

Con l’improvvisa morte del padre, Patrick rivive le cicatrici della propria infanzia trascorsa in Francia tra abusi e violenze. Sono proprio quelle ferite che lo hanno poi portato ad essere mentalmente disturbato. Per fuggire e combattere i propri demoni il protagonista abusa di alcol e droga, nel vano tentativo di vivere una vita senza mostri provenienti dal passato.

Dopo aver toccato il fondo, Patrick decide di cambiare radicalmente vita e con l’aiuto del suo amico (Prasanna Puwanarajah) inizia il suo difficile percorso di fuga dall’abisso. Seguendo tre linee temporali diverse la miniserie segue il sogno di Patrick di vivere una vita normale.

La miniserie si muove in tre spazi temporali diversi, ripercorrendo le fasi della vita del protagonista I continui ostacoli che la sua esistenza genera fanno sprofondare costantemente Patrick negli inferi, ma l’aumento di consapevolezza e accettazione dei propri problemi, del presente e passato, sono la molla per risalire. E vivere.

Leone Auciello
Secondo la sua pagina Wikipedia mai accettata è nato a Roma, classe 1983. Come Zerocalcare e Coez, ma non sa disegnare né cantare. Dopo aver imparato a scrivere il proprio nome, non si è mai fermato, preferendo i giri di parole a quelli in tondo. Ha studiato Lettere, dopo averne scritte tante, soprattutto a mano, senza mai spedirle. Iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2006, ha collaborato con più di dieci testate giornalistiche. Parlando di cinema, arte, calcio, musica, politica e cinema. Praticamente uno Scanzi che non ci ha mai creduto abbastanza. Pigro come Antonio Cassano, cinico come Mr Pink, autoreferenziale come Magritte, frizzante come una bottiglia d'acqua Guizza. Se cercate un animale fantastico, ora sapete dove trovarlo.