All’inizio del 1996 debuttò Duke Nukem 3D, l’ultimo grande FPS in 2.5D prima della rivoluzione poligonale
Se l’impavido Doomguy è discendente del buon B.J. Blazkowicz (come confermato anche da John Romero), Duke Nukem potrebbe essere considerato un cugino, anzi, un miocuggino di eliana memoria: più grande, più grosso, più spaccone e, soprattutto, molto più irriverente. La sua storia iniziò nel lontano 1991, con il debutto del capostipite della serie ad opera di Apogee Software, che era anche il publisher di id Software: non a caso, il primo Duke Nukem era un platform shooter 2D a scorrimento orizzontale, sulla falsariga della serie Commander Keen di Carmack, il quale diede una mano a Todd Replogle (co-creatore della serie) nella programmazione del gioco di debutto del Duca.
Nel 1993 era già tempo di Duke Nukem II (immagine sotto), ma si trattava ancora di un platform shooter bidimensionale; d’altronde, Wolfenstein 3D era uscito appena un anno prima, quando lo sviluppo del sequel di Duke Nukem era già iniziato da mesi. Doom, invece, debuttò appena una settimana dopo, spazzando via immediatamente la concorrenza del Duca e influenzando enormemente lo sviluppo della sua terza avventura: addirittura, George Broussard (creatore di Duke Nukem con il già citato Replogle, Scott Miller e altri) afferma tranquillamente che l’idea iniziale di 3D Realms – nuovo nome di Apogee Software a partire dal 1994 – era proprio quella di realizzare un clone di Doom (d’altro canto, prima che fosse invalso l’uso della sigla FPS, gli FPS erano spesso chiamati “Doom clone”). E così fecero, a partire dal 1994, “studiando” l’opera di id Software per entrare nel mondo dello sviluppo in 3D.
In realtà, come ho già raccontato in altra sede, tutti questi sparatutto “3D” erano tali solo nel titolo: il primo FPS pienamente tridimensionale fu Descent del 1995, anche se fu Quake l’anno dopo a catalizzare realmente l’attenzione del pubblico. Duke Nukem 3D arrivò solo qualche mese prima di Quake, per cui in retrospettiva potrebbe apparire come un gioco “nato vecchio”, un po’ come Duke Nukem II rispetto a Doom stesso; in realtà, nonostante la struttura fosse la medesima di Doom, l’opera di 3D Realms aspirava ad elevare esponenzialmente quanto visto nel capolavoro di id Software: come emerge chiaramente dal materiale extra di Duke Nukem 3D: 20th Anniversary World Tour (remake poligonale di Duke Nukem 3D, uscito nel 2016), gli sviluppatori si sentivano costantemente in competizione con id Software, e volevano realizzare un gioco che non si limitasse a copiare tutti i punti di forza di Doom, bensì che contenesse anche tutto ciò che in Doom non era stato possibile implementare.
Duke Nukem 3D si giovava del Build engine, un motore grafico molto più potente del primo id Tech, su cui “girano” i primi due Doom: il Duca, infatti, può saltare, può accovacciarsi, può mirare verticalmente, può volare (con un jetpack, ovviamente!) e, soprattutto, si muove in livelli molto più complessi e interattivi, caratterizzati da spazi più ampi e da numerose superfici in movimento, in grado di produrre effetti speciali per l’epoca davvero spettacolari, come terremoti e crolli.
Se, dunque, sul piano ludico Duke Nukem 3D può dirsi un’evoluzione di Doom, molto più di quanto lo sia Doom II, sul piano narrativo ne costituisce quasi una parodia: tornato sulla Terra dopo gli eventi di Duke Nukem II proprio come Doomguy torna dall’inferno all’inizio di Doom II, il Duca si trova in una Los Angeles invasa dagli alieni, che hanno trasformato i poliziotti in maiali umanoidi e si stanno portando via le donne terrestri. Gli scenari urbani, dunque, abbondano, in controtendenza rispetto all’epoca; fra questi possiamo citare stadi di football, banche, hotel e, ovviamente, strip club, con tanto di ballerine interattive (nel senso che potete dare una mancia a queste povere ragazze che danzano incessantemente nonostante l’invasione aliena… che cosa avevate pensato? NdR).
In tale contesto, è proprio il protagonista a costituire il valore aggiunto di un gioco passato alla storia non solo per il gameplay, ma anche per la sua personalità. Modellato sulle fattezze dei tipici eroi da action movie a cavallo fra anni Ottanta e Novanta, il Duca cessò di essere un anonimo protagonista – quasi fosse anch’egli un Doomguy – per diventare un’autentica celebrità. Arrogante nella propria sicurezza, ironico e strafottente, molte delle sue battute e citazioni (fra cui devo assolutamente menzionare “Hail to the King, Baby!”, omaggio ad Army of Darkness di Sam Raimi) sono ancora celebri, grazie soprattutto alla carismatica voce di Jon St. John, che da quel momento in poi doppiò Duke Nukem in tutte le iterazioni della serie. All’epoca il doppiaggio non era così comune in un videogioco, figuriamoci un doppiaggio sopra le righe come quello di St. John. Fortuna che Broussard aveva giocato a Full Throttle…
In quel 1996 Duke Nukem sembrava inarrestabile: dopo due buoni giochi, il terzo lo aveva consacrato e l’anno successivo lo avrebbe portato anche su console per la prima volta, con i port diretti a PlayStation, Nintendo 64 e Sega Saturn, proprio come era avvenuto a Doom qualche anno prima: tutti volevano Duke Nukem, anche se erano consapevoli che l’esperienza si sarebbe rivelata “castrata” su console. Nel frattempo fioccavano le espansioni, nessuna delle quali sviluppata da 3D Realms, così come i vari spin-off usciti negli anni successivi, quasi nessuno dei quali peraltro è un FPS. In quel momento gli autori di Duke Nukem avevano un grosso progetto in ballo, quel Prey che di lì a poco sarebbe finito in development hell.
Evidentemente in quel periodo qualcosa si è “rotto” in 3D Realms. Nel 1997 fu annunciato il sequel di Duke Nukem 3D: Duke Nukem Forever, sviluppato su Quake II engine, avrebbe dovuto essere rilasciato l’anno successivo. Sappiamo tutti che anche questo progetto entrò ben presto in development hell, una condizione permanente in 3D Realms per almeno una decade. Alla fine Prey fu affidato a Human Head Studios, che lo sviluppò su id Tech 4 e concluse i lavori nel 2006, a undici anni dall’annuncio (probabilmente nei piani iniziali avrebbe dovuto essere il gioco grosso di 3D Realms fra Duke Nukem 3D e Duke Nukem Forever). Duke Nukem Forever se la passò pure peggio, restando in sviluppo presso 3D Realms fino al 2010, fra cambi di motore grafico, licenziamenti, continui ritardi e pure la causa da parte del publisher (Take-Two). Alla fine nel 2010 subentrò Gearbox Software (dal 2015 detentrice esclusiva dell’IP), che chiuse il progetto alla bell’e meglio: il 10 giugno 2011 Duke Nukem era realtà, a quattordici anni dall’annuncio.
Sulla qualità del prodotto finito non mi soffermo: d’altronde, oggi si trattava solo di celebrare la grandezza di Duke Nukem, non anche di piangere la sua sorte infausta. Non ci resta che augurarci che la serie possa vivere una seconda giovinezza, come è successo recentemente per mostri sacri come Doom e Wolfenstein.