La mia vita per l’Orda!
La tentazione di leggere le recensioni estere quando bisogna andare a vedere un film giù uscito negli Stati Uniti è sempre forte. In questo caso non è stato neanche necessario impegnarsi a cercarle, dal momento che l’internet si è prodigato a lanciarmi in faccia link su link, tutti contenenti riflessioni più o meno incazzate su quanto Warcraft: L’inizio faccia schifo. Nonostante questo io un po’ ci speravo, visto che dietro alla macchina da presa c’è Duncan Jones, regista di Moon e Source Code, due filmoni. D’altro canto mi domandavo come un regista di questo tipo potesse saltare sul carrozzone di Warcraft, visto l’incolmabile oceano che divide la produzione del figlio di David Bowie da un film fantasy, per di più tratto da un videogioco. Ma mi continuavo a dire che avrebbe potuto scrivere un buon film, magari non perfetto per i fan del videogioco, ma comunque speravo in un film che stesse in piedi, vista la capacità di Jones di far star su storie che sulla carta non varrebbero una lira. Ecco, è successo il contrario: il film è una zozzeria indicibile per quanto riguarda la trama, mentre riesce ad essere almeno decente sotto il punto di vista estetico. Ah, e c’è Tracer nel logo Blizzard all’inizio del film; non c’è niente da fare, sono al top con gli easter eggs.
How to: prendere la trama di Warcraft e farne una porcheria for dummies
Iniziamo subito con il punto più dolente del film, ovvero la trama: il mondo degli orchi è distrutto, non si è ben capito perché. Poco male, perché questi aprono un portale per Azeroth, dove convivono in pace umani, elfi, nani e non esistono bestioni verdastri. Il portale è alimentato sacrificando la vita dei prigionieri degli orchi, grazie alla magia dello sciamano Gul’Dan (Daniel Wu), e visto il numero scarso di prigionieri disponibili l’unica opzione è di farlo attraversare in un primo momento solo ai guerrieri più forti, per poi fare altri prigionieri e far passare tutta l’Orda, per poi impossessarsi delle nuove terre e trovare una nuova patria. Tra questi guerrieri c’è Durotan (Travis Fimmel), un capoclan di sani principi, e sua moglie incinta. Ovviamente l’arrivo di questi energumeni verdi non passa inosservata, soprattutto grazie alla loro particolare inclinazione alla razzia. In difesa giocano così gli esseri umani, guidati da Re Llane Wrynn (Dominic Cooper), aiutato dal prode Anduin Lothar (Travis Fimmel), vero protagonista che ricorda una specie di Aragorn con il carisma di un vaso per fiori, dal mago Khadgar (Ben Schnetzer) e dal guardiano Medivh (Ben Foster). C’è poi Garona la Mezz’Orchessa (Paula Patton), personaggio che potrebbe dire di più, ma per sicurezza non dice niente.
“E Sticazzi!” (cit.)
Ed è questo il problema principale di tutto il film: mentre apre mille storie e mette in mezzo mille personaggi, non porta avanti in modo decente nulla. Un po’ perché i sub plot sono spesso appena accennati, un po’ perché anche solo in embrione sono davvero scarsamente interessanti. La prima spinta ogni qual volta si accenni qualsiasi approfondimento, o quantomeno quando in teoria dovrebbe stare per iniziare un approfondimento, è quella di urlare con fragore uno “E sticazzi”! degno del miglior Nando Martellone. Ma potremmo anche accettare delle idee brutte, probabilmente, se fossero quanto meno scritte bene, ma qui non c’è neanche questo, anzi, le battute sono probabilmente peggiori di quello che dovrebbero veicolare, di uno scontato da strapparsi i capelli. E vi dirò di più, non è neanche recitato un granché, e non è colpa del doppiaggio perché il film era in lingua originale. Lothar, nello specifico, è a tratti imbarazzante, mentre Medivh mi è parso un incrocio infelice e vestito da Jedi tra Jeffrey Lebowsky e Gesù. Ora che siete a conoscenza di tutto, aggiungo anche che i “colpi di scena” sono citofonati fino all’inverosimile: ogni volta che vedrete un personaggio, qualsiasi, potrete con precisione quasi matematica prevedere cosa farà, con chi vorrà andare a letto e se alla fine del film starà ancora sulle sue gambe. È matematico, vi restituisco io i soldi del biglietto altrimenti.
Salviamo il salvabile
Se la parte narrativa è orribile, quella estetica tiene un po’ più in piedi la baracca. Il design è piuttosto fedele a quello dei videogiochi, non identico, grazie a Dio, perché riportare in scala 1:1 i personaggi di Warcraft al cinema sarebbe stato da strapparsi gli occhi. I colori, le armature, tutto riesce a riportare alla mente i videogiochi. La realizzazione della città l’ho apprezzata molto, così come quella dell’accampamento degli orchi, della la torre e delle varie altre locations, nonostante siano forse un po’ troppo giocattolose rispetto al tono del film; ma se anche il resto del film fosse stato sopra le righe come le città, probabilmente, ne staremmo parlando con un tono diverso, ma si è scelta la strada della serietà.
Nulla da eccepire alla regia, sempre di qualità, e che si fregia anche di una CGI di ottima fattura, soprattutto per quanto riguarda le espressioni facciali degli orchi e le scene di combattimento, serrate e piene di elementi che si muovono nel background quando ravvicinate, e rappresentanti masse di creature che si picchiano come i fabbri quando riprese dall’alto. In realtà il picchiarsi come i fabbri è presente a prescindere dall’inquadratura scelta. Purtroppo, però, queste sono poche, o almeno non abbastanza a dare più ritmo ad un film a tratti lento, di cui si percepisce una durata superiore alle effettive due ore di proiezione. Tra i Big mal utilizzati, oltre a quello del regista e a quelli degli ottimi attori in forma tutto fuorché smagliante, annoveriamo anche il compositore della colonna sonora, Ramin Djawadi, già responsabile di quella di Game of Thrones.