Nostalgia canaglia…
L’immagine di Alessandra Martines in abiti maschili con i capelli a scodella è conosciuta da praticamente tutta la generazione italiana degli anni ’90. Stiamo parlando di Fantaghirò, una miniserie italiana diretta da Lamberto Bava, ispirata alla fiaba di Calvino Fanta-Ghirò, persona bella che a sua volta è tratta da una novella montalese del 1880.
Il primo film fu trasmesso per la prima volta in due parti il 22 e il 23 del dicembre 1991 su Canale 5. Da allora si è cominciato ad associare questo prodotto televisivo al periodo natalizio ed è anche per questo che il mondo del web ha richiamato a gran voce la saga, tanto che ora è anche disponibile su Netflix. Lo show è stato creato palesemente per un pubblico piuttosto giovane; ma perché allora molti di noi, non più bambini da un bel po’, gradiscono rivederlo volentieri? Oltretutto non si può dire che sia privo di difetti, anzi.
Abbiamo riflettuto sulla questione e vi elenchiamo ben 5 motivi per cui Fantaghirò rimane una visione gradita dopo tanti anni.
1) È il primo vero film fantasy italiano per antonomasia
Quando Matteo Garrone portò nelle sale lo splendido Racconto dei racconti, ammise che uno dei suoi punti di partenza nella realizzazione del suo film fu proprio Lamberto Bava. Questo perché, nonostante la storia puerile, probabilmente la sperimentazione più innovativa avvenne proprio con Fantaghirò. Tale affermazione fa riflettere non poco sulla risacca creativa del cinema italiano e di come sia importante che finalmente anche il nostro paese stia cercando si spaziare verso altri generi, riuscendo a volte anche a fare un lavoro rispettabile.
2) È un pezzo di tradizione italiana
Come già accennato, la principessina maschiaccio ha origini piuttosto lontane. Tale storia è nostrana al cento per cento, il che spiana la strada al concetto di fantasy in Italia. Dato che questo genere letterario affonda le proprie radici nella favola, sappiamo per certo che abbiamo molta tradizione dalla quale attingere per ispirare questo ormai affermato filone del fantastico, senza dover per forza andare a cercare nella letteratura contemporanea inglese, che di favole e miti ne ha decisamente meno di noi. Consideriamo quindi questa piccola opera come memento per ricordarci che abbiamo materiale da vendere e le nostre tradizioni non hanno nulla da invidiare ai germanici fratelli Grimm.
3) Origini che precorrono i tempi
La protagonista assoluta è una donna, la quale si dimostra essere un vero e proprio personaggio d’azione. Se andiamo a recuperare la favola calviniana ci accorgiamo di come il plot esuli parecchio dagli standard delle tipiche storie di principesse. Anche solo il titolo “persona bella” suggerisce un concetto di parità di sessi molto moderno, ossia il fatto di considerare la protagonista una persona, a prescindere dal sesso, in pratica il concetto più puro e profondo dell’ideale femminista. La storia originale di per sé non riporta chissà quanta azione, ma dimostra come la vera differenza tra un uomo e una donna sta più che altro nel proprio fisico, e il fantomatico principe si infatua della ragazza per la sua indipendenza, il che li mette esattamente sullo stesso piano. Bella addormentata levati proprio.
4) Girl power
A tal proposito, la nostra eroina, nonostante sia perfettamente (almeno per lo spirito del film) in grado di usare la spada, fa dell’ingegno la sua vera arma. Ciò la rende una paladina a tutto tondo, palesandosi come una figura femminile forte e intelligente, grande fonte d’ispirazione per le bambine (o ex bambine), che sia un’ottima alternativa ad una bambolina in attesa della manna dal cielo come una Cenerentola, una Biancaneve o una Bella Addormentata. Ok, lei l’abbiamo già nominata ma, siamo onesti, ce ne vuole per essere tanto insulse! Inoltre dal secondo capitolo è presente una villain di tutto rispetto, la strega interpretata da un’istrionica Brigitte Nielsen, che è spesso preferibile alla melensa principessa col discutibile taglio di capelli. Passando invece agli uomini troviamo invece un Romualdo che, di film in film, se la batte in inutilità con Milord di Sailor Moon. Fortuna che nel terzo capitolo c’è Tarabas a tenere alto il buon nome degli uomini (perché è ovvio che tutte le donne avrebbero scelto lui piuttosto che il principino rintronato).
5) La nostalgia
Alla fine della fiera il vero motivo per cui cerchiamo questa saga con l’avvicinarsi del Natale è il desiderio di tornare bambini. Nonostante abbiamo elencato tante belle qualità, oggettivamente la storia è insipida, le interpretazioni quasi imbarazzanti e gli effetti speciali sono quello che poteva offrire una produzione televisiva di allora. Tuttavia abbiamo tanti bei ricordi legati a quei momenti: in attesa di scartare i regali di Natale, con la pancia piena di dolci, fantasticando su regni lontani, incantesimi e duelli; e poi si sa che da bambini ci voleva poco per entusiasmarci. Una volta raggiunta l’età adulta ci si allontana inevitabilmente da quella magia natalizia, e per alimentare il Peter Pan che è in noi tendiamo a cercare opere che reputiamo importanti non tanto per ciò che sono, ma per i ricordi che sono in grado di suscitare.