Chi ben comincia è a metà dell’opera, dice un detto vecchio quanto il mondo. Beh, nel cinema non è proprio così. Un film vive di momenti, di grandi momenti. A volte delle sequenze particolarmente riuscite possono riuscire a salvare un’intera pellicola dall’anonimato, in altre riescono addirittura a renderla memorabile, consegnandola direttamente alla storia. Ecco non è stato facile selezionare 7 sequenze di apertura memorabili per questo articolo… Eppure ripensando attentamente alle scene che vi stiamo per ricordare nelle righe che leggerete, non potrete che lasciar correre libero e felice quel brivido lungo la vostra spina dorsale. Pronti a ricercarvele tutte su youtube allora, si parte:
C’era una volta il West
Se l’essenza del cinema è il connubio di suono e immagini, la scena d’apertura di C’era una volta il West allora può essere definita IL cinema. Non c’è colonna sonora, soltanto un mix di rumori ambientali che vanno a comporre il sottofondo perfetto dell’attesa dei tre killer. E’ un flusso di sensazioni e tensione indescrivibile: un telegrafo che trasmette, una mosca, un cigolio in lontananza, delle dita che scrocchiano…E poi il fischio del treno. “L’ospite” è arrivato. E’ la perfezione. E dire che Sergio Leone questa scena se l’era immaginata un po’ diversa; i tre killer che vengono uccisi da Charles Bronson, infatti, sarebbero dovuti essere Clint Eastwood, Eli Wallach e Lee Van Cleef, a simboleggiare la fine di un’era. Eastwood purtroppo rifiutò poiché sosteneva che un attore del suo calibro non sarebbe potuto morire dopo 10 minuti di film. Era veramente finita un’era.
Le iene
Eccone un altro che decide di cambiare il cinema con il suo film d’esordio. Immaginate Quentin Tarantino, nel suo appartamento, che scrive la sequenza d’apertura di Reservoir Dogs, magari mente su MTV passa il video di “Like a Virgin” di Madonna. Otto criminali incalliti seduti intorno a un tavolo di una caffetteria a fare colazione, poco prima del colpo della loro vita. Non discutono su come muoversi, dei possibili intoppi, delle vie di fuga. Discutono sul significato nascosto di “Like a Virgin”, cercando di capire se Madonna intendesse rivelare un momento di profondo stupore emotivo per una nuova relazione oppure uno sconvolgente risveglio sessuale. E poi c’è da lasciare almeno un dollaro di mancia a testa per la cameriera ma qualcuno non è d’accordo con una delle più famose e rispettate convenzioni statunitensi. E lì parte un altro dialogo al tritolo, di quelli che ti cambiano la vita o almeno la visione del cinema che avevi fino a quel momento.
La grande bellezza
Che il film con cui Paolo Sorrentino ha riportato l’Oscar in Italia non sia apprezzabile da tutti è un dato di fatto. Come con tutte le sue opere precedenti, il regista napoletano spiazza e fa discutere ma realizza indubbiamente un prodotto cinematografico di raffinata e decadente bellezza, estetica soprattutto. E cosa possiamo dire della sequenza inizia de La Grande Bellezza? Questa tristissima e pacchiana festa su un lussuoso attico nel centro di Roma, con musica house e mariachi, con soubrette in declino che escono dalle torte e una promiscuità sessuale e intellettuale deprimente. In mezzo a questo frastuono si staglia la figura di Gep Gambardella, che da voce alla coscienza di una Roma dilaniata dalla sua bellezza, in cui tutti vogliono banchettare e sentirsi qualcuno. Prendete un regista italiano a caso, anche tra quelli più illustri del passato. Nessuno, NESSUNO vi gira questa scena come l’ha girata Paolo Sorrentino. Perché se gli altri registi italiani sono dei buoni giocatori, lui è Maradona.
2001: Odissea nello Spazio
Ognuno di noi può vederci quello che vuole in 2001: Odissea nello Spazio. La vita, la morte, il tempo, lo spazio, l’infinito…E’ quello che avrebbe voluto Kubrick, nel suo immenso genio creativo. Quello che probabilmente è il più grande regista di tutti i tempi inizia un film di fantascienza partendo dall’alba dei tempi, quando l’uomo non era ancora in grado di camminare in maniera eretta. La sua esistenza è scandita da un solo istinto: la sopravvivenza. E’ proprio per questo che l’individuo è veicolato alla scoperta più importante della sua storia: l’ego. Capire di avere un potere e di essere nelle condizioni di usarlo per emergere, per ottenere ciò che vuole. Un’immagine tanto semplice quanto incredibilmente potente. E poi c’è quello stacco di montaggio in campo, dall’osso al satellite spaziale che folgora letteralmente lo spettatore. Da quel piccolo particolare si intuisce di stare assistendo a qualcosa di più di un semplice film: 2001 è trattato di sociologia e metafisica. Kubrick scende tra i comuni mortali e prova a rivelare loro il senso della vita…Se ci è riuscito dovrete scoprirlo da soli.
Eternal Sunshine of The Spotless Mind
E scusateci ma l’ignobile versione italiana del titolo non siamo proprio riusciti a scriverla, che questo non è un film con Adam Sandler. Questo è un film in cui Michel Gondry mette a nudo gli aspetti più deboli e vulnerabili dell’animo umano tutti, inevitabilmente, legati all’amore e alle sofferenze che può procurare. Il film inizia mostrandoci Joel che si sveglia, decide di non andare al lavoro recandosi sulla spiaggia di Montauk. Sul suo diario trova delle pagine strappate ma non si ricorda di éaverlo fatto. Incontra una ragazza carina, ma un po’ strana. E’ tutto molto familiare, per entrambi. Perché? Perché Eternal Sunshine of The Spotless Mind è un viaggio nei labirinti della mente, i cui muri si sgretolano a poco a poco. L’incipit del film risulta quasi normale, nella sua bellezza, ma la sua importanza la capirete soltanto alla fine. L’amore, quello vero, non puoi cancellarlo con un click.
Quarto potere
Come riassumere la vita dell’uomo più influente della storia moderna in pochi minuti? Impossibile, direte voi. Si, forse. Impossibile per tanti, forse per tutti…Eccetto che per un ragazzo di 25 anni, al suo primo lungometraggio da regista (e dove sarebbe stato anche sceneggiatore, produttore e protagonista). Orson Welles pone fine all’era del cinema classico e da il via a quella del cinema moderno. Quarto potere inizia con un enigma che tormenterà lo spettatore per tutto il film, il pezzo mancante di un enorme puzzle che viene ricomposto un flashback alla volta. Un inizio diviso in due fasi: l’epilogo della vita di Kane e il riassunto della stessa, con un video proiettato in una stanzetta buia e fumosa, davanti a uomini troppo piccoli per comprendere realmente il significato di un’esistenza così drammaticamente strabiliante. Dopotutto “non basta una parola a spiegare un uomo”. Da qui il cinema non sarebbe più stato lo stesso.
Up
Non è un caso che Up sia stato il secondo film d’animazione ad essere stato candidato come miglior film agli Academy Awards. Il genio di Pete Docter porta la Pixar dove non era mai arrivata e lo fa con un film maturo e consapevole, come la sua magnifica sequenza d’apertura, ormai entrata nell’immaginario collettivo. Una storia d’amore lunga una vita, sintetizzata in 10 minuti da un montaggio fenomenale e dalla maestria di Michael Giacchino, uno di quei compositori che le emozioni te le fanno sentire fino all’ultima nota. Con la fine della scena è come se si chiudesse un piccolo film nel film. Di quelli che ti strappano via il cuore dal petto…Per ridartelo soltanto alla fine, un po’ rattoppato, ancora sanguinante magari, ma abbastanza forte da continuare a farti sentire vivo.