In attesa di nuovi titoli, rivanghiamo il nostro passato a tempo di musica
È di pochi giorni fa news della riesumazione di due importanti franchise videoludici che hanno spopolato all’inizio del millennio, diventando in un attimo bestseller e veri e propri fenomeni culturali. Parliamo di Rock Band e Guitar Hero, che stanno per tornare in auge, dopo un lungo letargo, lasciati a decantare in un limbo fatto di rumors e (false) speranze.
In questi giorni è arrivata finalmente la conferma che avremo presto due nuovi capitoli dei suddetti giochi, con tanto di controllers rivisitati, funzionalità social, modalità online, inquietati opzioni ‘recitative’ e un gameplay che forse sarà lo stesso di sempre. Ai posteri l’ardua sentenza, per adesso possiamo solo crogiolarci nella gioia dei nostri bellissimi ricordi con i rhythm game di un volta, in compagnia dei vecchi capitoli di Guitar Hero, con Patapon o un Dance Dance qualsiasi.
Dal viale delle rimembranza all’articolo compilativo il passo è breve ed è per questo che ci ritroviamo insieme un questa piazza a vedere quali sono stati i giochi musicali che più ci hanno divertito e che ci sono rimasti impressi per un motivo o per un altro.
Chiariamo subito una cosa: qui non troverete una lista di tutti i rhythm game esistenti o che sono esistiti, neanche una sintesi storica del fenomeno scatenato da questa tipologia di giochi (se ne può riparlare, eventualmente, se siete interessati a una cosa del genere, nostri cari Lettori), ma non troverete neanche una una vera e propria classifica, il nostro intento è quello di pescare i giochi che più ci hanno fatto divertire e inserirli in un contesto altamente opinabile, dove viene spiegato perché un gioco occupa un posto o un altro. Quindi non affilate i vostri coltelli della memoria, pronti a dire ‘Perché non avete messo il gioco dove suonavi i bicchieri pieni di acqua? O il simulatore di scacciapensieri siciliano?’. Godetevi le nostre scelte, apprezzate la lettura e diteci cosa ne pensate e quali sono secondo voi i titoli più rappresentativi del genere.
Un’ultima cosa prima di iniziare: non troverete da nessuna parte l’ottimo e veramente rivoluzionario RockSmith. Perché? Semplice. Non lo consideriamo un rhythm game. Non lo consideriamo neanche un gioco, ma un visualizzatore di tablature con funzionalità avanzate e di emulazione musicale. RockSmith (soprattutto nella sua ultima versione 2014) non ha dignità di stare qui in mezzo: è molto più di un gioco, è uno strumento estremamente versatile e potente, un guitar trainer come pochi. Tenetelo a mente.
E ora, let’s PLAY!
Guitar Hero (in particolare il 2)
Uno dei franchise più conosciuti in assoluto, e ve lo propiniamo subito, con il sottinteso che ci sia di meglio… Siamo proprio cattivi, pessimi, orribili. Ma lo facciamo per un motivo importante: è l’esempio più lampante di come uccidere un’intera fetta di mercato portandosi appresso tutta la concorrenza, gli sviluppatori e gli acquirenti.
Io personalmente ho letteralmente AMATO e divorato Guitar Hero 2, quando per la prima volta lo ficcai nella mia XBOX 360 e imbracciai la replica della Gibson Explorer bianca, già ampiamente istoriata con gli adesivi in dotazione. Fu un momento assoluto per me: era un gioco che trasudava rock, musica, eccessi, ma era pur sempre un gioco. Ci voleva abilità, si doveva ‘studiare’ e si doveva sudare per arrivare alle fatidiche 5 stelle dorate della perfect run. Ma ci si arrivava e si concludeva urlando alle quattro pareti la propria furiosa gioia. Tutto questo e molto di più, racchiuso in un disco e un controller chitarroso di plastica tipo Chicco.
Poi, Activision ha pensato bene di rovinare tutto cominciando a sfornare un titolo dietro l’altro, riempiendo i negozi di qualunque cosa potesse essere suonato, da spin off orribili e inutili come Band Hero a capitoli monografici band-oriented e una versione per 3DS potenzialmente lesiva per la salute…. Un’orgia di prodotti tutti molto simili, anzi quasi uguali, tra cui il dimenticabile capitolo dedicato agli Aerosmith, nonostante apprezzi la band di Steven Tyler.
A causa di questo comportamento scellerato che mirava solo a capitalizzare su un genere ancora molto amato, abbiamo deciso di mettere Guitar Hero e la sua Activision in coda alla lista, anche se il 2 è superstrafico!
Rock Band (in particolare il 3)
Subito sopra, ma sempre attaccato al suo fratellino maggiore, ci mettiamo Rock Band. È da considerarsi un fratello di Guitar Hero perché appunto figlio degli stessi sviluppatori, quei geniacci del MIT sotto il nome di Harmonix. Per motivi che conoscono solo loro, abbandonarono il precedente giochino di chitarre e ne crearono uno ancora più tamarro, iperbolico e divertente, considerando che in una band suonano tante persone e che il futuro del videogame stava tutto nel multiplayer.
Crearono quindi il primo simulatore di gruppo musicale, con un software che riuniva il karaoke, Guitar Hero e un simulatore di batteria. Le periferiche in dotazione aumentavano vertiginosamente, lo spazio a casa era sempre troppo poco e il portafogli continuava a piangere: queste furono le conseguenze dell’arrivo di Rock Band nei negozi. Ma era dannatamente divertente! Mi sono goduto un’ottima tendinite del polso, mentre muovevo i miei primi passi nel magico mondo dei batteristi finti, ma non ho desistito! Ci ho giocato fin quando non si è rotto tutto il set. E ho comprato il 2 e il 3 quando sono usciti… Il terzo capitolo poi è stato splendido e incredibile, soprattutto perché a casa mi sono ritrovato una batteria elettronica (vera! – rubata a mia moglie che la suona per davvero) compatibile con il videogioco. Potete immaginare il livello epico di rockagine che potevo raggiungere in quelle circostanze! Una cosa incredibile, da urlo!
E perché sta così indietro? Perché ogni gioco veniva su con poche canzoni (una quarantina) e basava tutto sull’acquisto indiscriminato di pacchetti di brani aggiuntivi, rilasciando DLC a catena. Si è calcolato che per comprare tutta la musica rilasciata per questa serie ci vorrebbero migliaia di dollari! A questo aggiungiamo gli spin off inquietanti come Lego Rock Band o Rock Band per PSP… Quindi, togliamocelo davanti subito, ché abbiamo altro di cui parlare!
Just Dance/Dance Central
Nella stessa posizione mettiamo due tra i più acclamati simulatori di ballerino, titoli derivativi, venuti fuori dallo sdoganamento di quel divertente e complicato Dance Dance Revolution, quello che si giocava con il tappetino danzante…
Una volta liberi da scomode periferiche che altro non erano se non delle riproduzioni calpestabili del joypad, i giochi di danza hanno raggiunto la loro ragion d’essere, divenendo anche loro qualcosa di più di semplici giochi, ma dei veri e propri macina calorie.
La rivoluzione del motion controller della Wii e l’introduzione del Kinect hanno fatto diventare questi giochi sempre più articolati e precisi, con vere coreografie da imparare a memoria, passi di danza pop o di street dance da assimilare e sostanzialmente decine di magliette da lavare per il sudore.
Inoltre questi giochi esponevano i meno danzerecci a figure di merda epocali, tutte rigorosamente filmate e possedute in luoghi segreti per future ritorsioni. Non vogliamo dire quale sia migliore tecnicamente, o quale sia vincente come formula (se quella spensierata e squisitamente pop di Just Dance, o quella più seria, tosta e hip hop di Dance Central), non ci interessa: quel che serve in questa sede è il divertimento che ne deriva, sia diretto che indiretto. E quando si balla, si ride e pure parecchio!
Beatmania e Taiko No Tatsujin (Japan Folies)
In questa posizione voglio mettere due titoli ritmici strani e diversi che raramente si sono visti in Italia. Uno è Beatmania, simulatore di dj e dance music, che ha avuto successo in Giappone tra gli arcade. Ho avuto la fortuna di metterci le mani sopra in una sala giochi a Tokyo e anche se per soli pochi minuti mi sono spaccato di risate. Poi ho visto giocare i maestri, quelli con gli occhi a mandorla e sono rimasto esterrefatto dal grado di skill necessarie per essere veramente bravi. Una quantità industriale di tasti, levette, il piatto per lo scratching e tutto a schermo che gira a velocità supersonica: pauroso…
Un po’ più easy ma molto d’effetto è invece Taiko No Tatsujin: il simulatore di tamburo gigante. Il cabinato vanta la bellezza di due tamburi giapponesi a grandezza naturale e due bastoni di legno per suonarli. Anche qui il Jpop si spreca, insieme a sigle di cartoni animati e altri pezzi dall’origine alquanto inquietante, mentre una grafica coloratissima a schermo ci incita a picchiare forte sul tamburo. Di questi cabinati qualcosa si è visto anche in Italia, in qualche sala giochi e se ve ne trovate uno nei pressi, provatelo perché è incredibilmente appagante menare mazzate. Questi due giochi però hanno dato vita a due titoli giunti anche in occidente e che vedremo esattamente tra un attimo.
Dj Hero e Donkey Konga
Due case di produzione diverse, due approcci differenti al rhythm game a una uguale dose di divertimento. Li mettiamo insieme perché entrambi rappresentano una fetta un po’ ambigua di videogiocatori. Da una parte il simulatore di DJ sviluppato da Activision con la sua console per lo scratching, la sua tracklist variegata e l’interfaccia mutuata dai cugini di Guitar Hero. Dall’altra invece, lo spirito Nintendo trasformato in ritmo, con un testimonial d’eccezione, Donkey Kong, una periferica giocattolosa ma riuscitissima e perfettamente a tema, le Kongas, e una tracklist che pesca da una tradizione di colonne sonore praticamente ventennale.
Sono due giochi ben fatti e che si sono moltiplicati di anno in anno, migliorandosi per poi morire con la caduta del favore del pubblico. Sono stati un esempio di come non esista solo il rock o il pop, ma si può creare un rhythm game da paura anche con concept audaci e arditi.
Rhythm Paradise
Verso la cima della classifica mettiamo alcuni tra i titoli più folli che mi sia capitato di provare. Rhythm Paradise è una produzione tutta giapponese con un’anima tutta sua, che nessun altro titolo del genere è mai riuscito a imitare. Il concept di questo titolo è stato pensato esattamente per la console portatile di casa Nintendo. Si usa lo stilo per tappettare sul touch screen a tempo. La cosa che rende questo gioco insostituibile nei cuori di tutti gli amanti dei giochi musicali è il contesto assurdo e lisergico in cui questi giochi venivano inseriti, come fantomatiche partite a ping pong, uno pseudomonaco buddista (credo…) che mangia uova e gli crescono i baffi (!!) o un contadino che deve raccogliere rape (!!!). Un gioco che creava delle situazioni tanto esilaranti da metterti in condizioni di distrarti dal gioco stesso, messo in piedi per fare sbagliare il giocatore. Inoltre, la precisione tecnica con cui bisognava vincere le sfide era davvero millimetrica e nonostante non si avesse per le mani nessuno strumento musicale finto, si aveva lo stesso la sensazione di sentire la musica, tanto i vari tap dello stilo erano integrati con il gioco. Per questo abbiamo deciso di metterlo sul terzo gradino del podio ma anche perchè ci è piaciuto troppo, lo abbiamo amato e ancora possediamo la cartuccia straconsumata…
Ouendan e Elit Beat Agent (e figli)
Al secondo posto troviamo altri due titoli per 3DS. Pare proprio che la vera piattaforma per divertirsi fino allo sfinimento sia quella portatile! Ed in effetti per certi versi è cosi… Questi titoli sono dei simulatori di balletto per console portatili. Sì, insomma, come definizione è un po’ stiracchiata, ma lasciatecelo dire: è così. Ouendan (di cui ne esistono due capitoli geniali) è il fratello maggiore giapponese (e ti pareva!) di Elite Beat Agent, sua controparte occidentale.
Quel che hanno in comune è il concept di gioco. Ambedue (anzi, ambetrè…) sono dei tap-games (me lo sono inventato, forse, e se il termine esiste già allora me lo hanno rubato), dove bisogna seguire e cliccare sul touchscreen delle medagliette numerate seguendo attentamente la linea vocale e il ritmo del resto della band. Il gioco poi ingigantiva il gameplay già impegnativo, inserendo sezioni in cui si è obbligati a strisciare sullo schermo seguendo determinati percorsi, o a ruotare forsennatamente su una spinning wheel per massimizzare il record e aumentare vertiginosamente il moltiplicatore.
Ma la vera totale bellezza del gioco sta in tutto quello che succede a schermo come contorno alle canzoni su cui stiamo giocando. Ogni pezzo corrisponde a una storia, dove i protagonisti (che siano inquietanti samurai danzerecci, cheerleader gambute o agenti segreti del ballo) cercano di risolvere un problema che affligge il protagonista che li ha evocati: un perfetto connubio narrativo tra storia e gameplay, tutto da ridere. A questo aggiungiamo una perfezione millimetrica dal punto di vista tecnico e una difficoltà non da scherzarci sopra, fanno di questo franchise uno dei più appaganti in circolazione. Purtroppo i titoli sono morti, non si sa nulla di eventuali espansioni o di nuovi capitoli e a noi questo dispiace: è vero che ci siamo lamentati della eccessiva prolificità di Activision, ma d’altronde qui ci troviamo di fronte all’esatto contrario… Sigh!
Per confermare bellezza dei tap-games su 3DS, è recente la pubblicazione e il successo di Theatrhythm Final Fantasy, in cui un gameplay relativamente vario e frenetico si aggiunge a un’operazione nostalgia enorme ceh ha scavato dritto nei cuori dei videogiocatori più attempati (come me). Ha delle differenze sostanziali con i titoli sopracitati, grazie a un utilizzo asimmetrico dei due schermi della console, unendo a tutto anche una componente GDR e collezionistica molto elaborata.
Crypt of the Necrodancer
Chiudiamo con un titolo recente, nuovo e vecchio allo stesso tempo: The Crypt of The Necrodancer è un giochino (mica tanto –ino) che fa della musica la sua seconda anima. È un dungeon crowler con visuale dall’alto, molto molto old style. Si avanza di un passo alla volta e si combattono nemici, si acquisiscono armi, si sbloccano eroi. E che c’entra la musica? Beh, qualsiasi cosa voi intendiate fare in questo gioco dovete farla a tempo della colonna sonora. Vi dovete muovere? Volete attaccare? Volete prepararvi il caffè? Beh, prestate orecchio a quello che suona, perché farvi entrare un po’ di ritmo nel sangue è la sola possibilità che avrete per massimizzare i risultati in Crypt of The Necrodancer.
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Un’altra cosa che ci ha entusiasmato è il fatto che il concept di gioco è così vicino alle prime idee di rhythm game, quelli dove per giocare bisognava davvero solo premere un paio di tasti a tempo sulla tastiera di un vecchio computer. Questo revival, inserito in una cornice all’antica, ma pompato con elementi decisamente più moderni come la meravigliosa colonna sonora rendono Necrodancer praticamente un ponte tra il vecchio gioco musicale e il moderno gioco di ruolo. E poi è possibile importare la propria musica! E poi è possibile giocarlo con il tappetino di Dance Dance Revolution! No, questo è davvero il top: lanciare incantesimi saltellando come dei deficienti su un vecchio controller plastificato…
Questo è oltre ogni cosa. Vince tutto.