Durante Le Strade del Paesaggio, fiera di comics cosentina, abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Miguel Angel Martin, noto fumettista spagnolo che si è imposto all’attenzione del pubblico pubblicando dissacranti strisce quotidiane sui giornali e, in seguito, sulle riviste di tutto il mondo.
Venite a scoprire cosa ci ha detto in questa interessante intervista.
Hai avuto tempo di vedere la mostra a te dedicata al museo del fumetto? Cosa ne pensi? Ti piace come è stata allestita?
Purtroppo non l’ho vista ancora! Sono appena arrivato (sorride n.d.R.)!
Però le opere ti piacciono…
Sì, sì! Naturalmente. Mi sono state spedite le foto della mostra dello scorso anno e l’impatto è bellissimo. Anche se i disegni mi dicono siano brutti (ride n.d.R.).
Invece sono molto belli! E molto forti. Proprio per questo in Italia è scoppiato un caso quando è stato pubblicato Psychopatia Sexualis. Come commenti questo fatto a distanza di quasi vent’anni?
Sempre con il giusto senso dell’umorismo. Oggi ancor più di ieri. Sono molto grato alla procura di Cremona per avermi sequestrato il fumetto, perché mi ha fatto un grandissimo favore, una grandissima pubblicità! E grazie a loro sono qua, e sono molto contento. Dopo ho girato tutta l’Italia, nelle librerie, nei centri sociali, parlando della stesura, ho conosciuto gente interessantissima.
E molti autori si sono spesi per difenderti. Giustamente.
Sì, è stato un grande piacere per me.
Come mai pensi che tu sia stato censurato? Le tematiche sono forti, ma se si fosse parlato di cinema o di un romanzo non sarebbe successo, probabilmente.
Nel cinema italiano in realtà ci fu un altro caso, con un grande film di Pasolini, Salò o le 120 giornate di Sodoma.
Però era anche vent’anni prima.
Tempi più liberi!
Pensi che l’accanimento verso la tua opera sia dovuto al fatto che il fumetto abbia meno rispetto se confrontato con altri media?
Forse il fumetto è più popolare, più di impatto. Un’immagine colpisce sempre più di un testo. In Spagna ho illustrato il libro del Marchese de Sade, Le centoventi giornate di Sodoma. Se anche non lo leggi le immagini sono raccapriccianti. Forse un suo libro senza illustrazioni sarebbe meno preoccupante, e questa secondo me è una cosa buona: il fumetto come linguaggio ha tantissima forza.
C’è differenza tra Spagna e Italia nella gestione dei contenuti così forti?
Anche in Spagna ci sono stati problemi per alcuni miei fumetti. Ho subito un sequestro e alcune fumetterie non volevano venderli. Sono ancora vietati in quelle di Madrid.
Guardando la tua mostra mi sono accorto che le tue opere trattano anche di politica. Qual è la la forza del fumetto in un discorso politico? Hai citato la tua esperienza nei centri sociali, quindi credo che tu riconosca il valore del fumetto in questo senso.
Infatti ho scritto anche un fumetto intitolato Bitch, edito da Purple Press, sulla mia esperienza nei centri sociali. Sono interessato all’ideologia come un prodotto della natura umana, non all’ideologia come una contrapposizione di bianco e nero. Mi servo dell’ideologia quando mi fa pensare, ma quando mi dice cosa devo fare, no.
Io preferisco fornire diversi tipi di sguardo, poi è il lettore che deve apportare il proprio. Dire “mi piace, non mi piace; sono d’accordo, non sono d’accordo”. Meglio far pensare la gente, piuttosto che dirle cosa deve pensare.
Parliamo un attimo del tuo tratto, che è molto pulito. Quali sono le tue influenze da un profilo grafico ed estetico?
La mia prima influenza da bambino mi venne dai fumetti Disney, quando avevo sei o sette anni. Dopo ho iniziato con i fumetti di supereroi, anche se per poco tempo. E poi posso dirti qualche artista che mi ha influenzato artisticamente: Benito Jacovitti, di cui adoro Coccobill, era un grandissimo disegnatore e un grandissimo artista, poi Will Eisner e Moebius, ad esempio.
Riguardo al fumetto giapponese? Ti piace, non ti piace, ti interessa?
Il manga non mi piace molto. Preferisco il disegno classico giapponese, che è molto più interessante.
Parlando di cinema, vediamo un rapporto sempre più stretto tra i fumetti e la settima arte, con la Marvel che domina il mercato. Cosa ne pensi di questo rapporto? Pensi che sia facile portare al cinema delle graphic novel? E cosa ne pensi del formato della serie TV per le graphic novel?
Credo che il formato delle serie TV vada benissimo per le graphic novel, anche perché permette di far arrivare il messaggio degli show televisivi. Gli adattamenti per me, che siano serie o film, sono positivi.
Per quanto riguarda invece il fumetto online, molti giovani autori si approcciano al fumetto sul web e ci sono anche grandi autori, come Zerocalcare, che utilizzano questo mezzo di comunicazione. È una via che consigli ai fumettisti più giovani?
Io consiglio di non disprezzare mai alcun metodo di diffusione. La carta stampata, il cinema, internet. Quest’ultimo è di più facile accesso per i giovani che si cimentano per la prima volta nella diffusione delle proprie opere. L’importante per me è mostrare il proprio lavoro.
Tu rappresenti spesso bambini o comunque argomenti che riguardano la sfera dell’infanzia. Perché questa scelta? Qual è il tuo rapporto con l’infanzia?
Non lo so perché, forse mi piacciono molto i bambini. Io sono consapevole di questa cosa ma mi posso dirti che mi viene spontaneo. Strano: ho quasi cent’anni e non ho figli (ride n.d.R.).