L’anno di Blade Runner e V per Vendetta, ma anche di The Island; somiglianze e differenze tra il 2019 immaginato e quello reale
Si dice spesso che la fantascienza sia uno strumento per comprendere il presente, piuttosto che predire il futuro; tuttavia, la speculazione e lo studio della tecnologia e delle tendenze che portano alla costruzione di milioni di futuri possibili fanno sì che, in casi particolarmente fortunati, presente e futuro si allineino e che le previsioni di scrittori e sceneggiatori si rivelino oracolari. Per esempio: anche se nel 2001 non abbiamo assistito a nessuna spedizione umana ai confini dell’universo conosciuto, in 2001 Odissea nello spazio e nell’omonimo romanzo di Arthur C. Clarke (scritto, almeno inizialmente, in collaborazione con lo stesso Kubrick), troviamo la descrizione di tecnologie come lo Schermo-notizie formato foglio protocollo che anticipa di decenni i nostri news feed e tablet:
A uno a uno captava i più diffusi quotidiani elettronici del mondo; […] rapidamente scorreva i titoli e prendeva nota delle notizie che lo interessavano. Ognuna poteva essere inquadrata da un doppio cursore di riferimento; spostando quest’ultimo, un rettangolo formato francobollo si ampliava colmando completamente lo schermo e lo poneva in grado di leggere agevolmente la notizia.
Certo, la stima di Clarke era comunque ottimista, considerato lo scarto di nove anni che ha separato la sua previsione romanzesca dalla presentazione del primo modello di iPad da parte dell’azienda di Cupertino, che ha però iniziato già nel 1993 a percorrere la strada che l’avrebbe portata al successo con primi tentativi di MessagePad, bloc-notes digitali che permettevano di leggere e scrivere grazie allo schermo touch.
Ma avanzando velocemente nel tempo, e abbandonando il 2001, arriviamo al giorno d’oggi: il 2019 sembra essere un anno particolarmente importante per il cinema, che immaginava per noi un futuro di androidi, apocalissi e regimi repressivi, previsioni che non sono state purtroppo totalmente disattese.
Globalizzazione gastronomica
Il più vecchio dei film che prendiamo in considerazione, Blade Runner (1982), è diventato negli anni simbolo dell’imprevedibilità del successo aziendale: che si tratti della Pan Am o di Atari, pochi dei brand che campeggiano sulle facciate dei grattacieli della Los Angeles immaginata da Ridley Scott hanno superato la prova del tempo, mentre più che plausibile appare ai nostri occhi l’amalgama di civiltà diverse che Rick Deckar incontra per le strade della città : la globalizzazione e le forti ondate migratorie che caratterizzano il nostro tempo ci hanno abituato a considerare normale il trovare nei nostri piatti specialità della cucina tipica asiatica, sebbene in questo nostro futuro – forse più distopico di quello immaginato – si preferisca la cucina etnica all’accoglienza di etnie diverse sul proprio territorio.
Grandi assenti nell’universo dei replicanti sono invece gli animali (nel romanzo di Philip K. Dick, addirittura, veniamo a conoscenza di un’estinzione di massa causata dai residui radioattivi di una guerra nucleare), che non se la cavano bene neanche nel nostro futuro: secondo il Living Planet Report dell’anno appena passato, compilato dal Wwf in collaborazione con la Zoological Society of London, nell’arco degli ultimi quarant’anni la popolazione mondiale dei vertebrati si è ridotta del 60%, mentre le specie a rischio di estinzione sono circa 8.500, e solo nei dodici mesi appena trascorsi abbiamo detto addio all’ultimo esemplare maschio di rinoceronte bianco settentrionale e salutato per sempre l’ultima Achatinella apexfulva, tipo di chiocciola delle Hawaii rimasta sola al mondo. Di questo passo, nel momento in cui arriveremo a discutere della somiglianza tra il vero 2049 e quello immaginato da Denis Villeneuve, potremmo anche noi aver bisogno di gufi artificiali da sostituire a quelli ormai estinti.
Come lacrime nella pioggia acida
Sempre che nel 2049 lo scioglimento dei ghiacciai non abbia interamente sommerso Los Angeles e con lei buona parte delle terre emerse, ovviamente. Forse a molti di voi la claustrofobica atmosfera irrespirabile della città degli angeli sembrerà un esagerazione, ma così non è per buona parte delle grandi città asiatiche, in cui i livelli di polveri sottili sono così alti per la gran parte dell’anno che le mascherine per il viso sono ormai diventate un accessorio di moda, mentre il governo thailandese dispone addirittura di un Dipartimento di Royal Rainmaking, che si occupa di gestire aerei per il cloud seeding. E, parlando di catastrofi ambientali, non possiamo non citare un altro film, del 2005, ambientato in un 2019 apparentemente devastato da contaminazioni patogene su scala mondiale.
Stiamo parlando di The Island, di Michael Bay, esplosivo blockbuster americano con due protagonisti dall’innegabile bellezza (Ewan McGregor e Scarlett Johansson) e uno spunto narrativo che richiama Blade Runner nel suo uso dei ricordi impiantati – stavolta non in androidi, ma in cloni generati per fornire pezzi di ricambio alle loro versioni originali -, indispensabili per il corretto sviluppo del corpo umano. Mentre nei replicanti di Scott le memorie simulate venivano sfruttate per addomesticare gli androidi, nella struttura in cui vivono Lincoln-6-Echo e Jordan-2-Delta – nient’altro che una nursery per cloni – il condizionamento ha lo scopo di instillare in loro il seme della speranza (di vincere la lotteria e trasferirsi su un’isola incontaminata) necessario per il corretto sviluppo di un essere umano. Il tema etico della clonazione e del bisogno umano di interazioni e desideri è sicuramente meglio affrontato (senza tirare in ballo Matrix) in un romanzo, anch’esso uscito nel 2005 e arrivato sul grande schermo nel 2010, del premio Nobel Kazuo Ishiguro; trattandosi però quella di un’ucronia ambientata nel 1978, non è questa la sede adatta per parlare di Non lasciarmi, che tuttavia dovreste inserire immediatamente nella vostra lista di libri da leggere.
Oltre l’umano
Seppur lontani dalla complessità degli androidi cacciati da Rick Deckar, o dal dibattuto traguardo della clonazione umana, questo nostro 2019 vede un profondo impegno da parte di scienziati e ingegneri in entrambi i campi: la robotica umanoide lavora sul doppio binario dell’intelligenza artificiale con il giapponese Asimo (il cui nome è chiaramente un omaggio al padre delle tre leggi della robotica), il robot più intelligente al mondo – e della somiglianza fisica, molto ricercata in alcuni ambiti dell’utilizzo, come per esempio quello indagato da Lumidolls (che con grande scalpore ha inaugurato nel 2018 la sua prima casa chiusa per sex dolls a Torino), ma anche per una ricerca più filosofica come quella portata avanti da Hiroshi Ishiguro, che ha creato un suo clone robotico per rispondere alla domanda su quale sia la vera essenza degli esseri umani.
E mentre la clonazione è ancora ferma alla sperimentazione animale, pur avendo fatto un salto evolutivo dagli ovini ai primati, il dibattito etico si sposta sull’editing genetico, la possibilità cioè di modificare il patrimonio genetico dei feti prima della nascita, intervenendo per inibire o attivare particolari predisposizione. Il caso è esploso quando, alcuni mesi fa, il genetista cinese He Jiankui ha ammesso di aver modificato il DNA di due gemelline, rendendole immuni al virus dell’HIV, attraverso una tecnica – la CRISPR/Cas9 – che continua a sollevare non pochi dubbi sulla sua validità e sull’etica che dovrebbe accompagnare l’utilizzo di questa procedura su embrioni umani. Purtroppo per He Jiankui l’esperimento lo ha posto in una posizione molto difficile e secondo alcune indiscrezioni rischia addirittura di essere condannato a morte per aver deliberatamente violato le leggi e i regolamenti della Repubblica Popolare Cinese.
I populisti non hanno paura dei loro governi
Uscito nel 2006 e ambientato in un 2019 ucronico in cui la Gran Bretagna vive sotto il giogo di un partito nazionalista arrivato alla vittoria grazie a un abile uso di fake news e strategia del terrore, V per Vendetta – tratto dall’omonimo graphic novel scritto da Alan Moore e illustrato da David Lloyd – viene ricordato nella cronaca soprattutto per aver donato a stuoli di anarchici, liberali e rivoltosi vari un simbolo – quella maschera che va ancora alla grande tra gli stand delle fiere fumettistiche di mezzo mondo – sotto cui nascondersi per combattere le proprie battaglie. Che si tratti di Occupy Wall Street o dei gilet gialli d’oltralpe, il sorriso sardonico di Guy Fawkes è sempre presente a manifestare il dissenso dall’ordine costituito. Come spesso accade parlando dei romanzi di Orwell, tuttavia, tendiamo a sentirci tutti eroi che lottano contro gli oppressori, quando la realtà mondiale sembra invece sempre più spesso indicarci che abbiamo finito per cedere alla rete di invenzioni di chi ci comanda, sguazzandoci dentro come nel fango wildiano, senza neanche provare più a guardare le stelle, nascoste da riflettori e schermi luminosi.
Il nostro compito è riferire le notizie, non fabbricarle. Quello è compito del governo.
Dice il capo del dipartimento di propaganda Dascombe nella prima parte del film, come se divulgare informazioni non vere fosse in qualche modo meno dannoso che crearle. Come possiamo non sentire un brivido lungo la schiena, paragonando questo scenario a ciò che ogni giorno vediamo, leggiamo, ascoltiamo, sui medium tradizionali e non? Possibile che nel caso di V per Vendetta la realtà abbia superato l’immaginazione, lasciandoci – a differenza del film – così catatonici e pieni di rabbia verso l’altro da non riuscire neanche a percepire il pericolo di non avere più una parte da cui stare, immersi in una politica globale che divide i gruppi, scindendoli fino a ridurli a particelle elementari? L’individuo che in nome dei nuovi idoli delle masse, Dunning e Kruger, è così convinto della sua superiorità da non ascoltare l’opinione di nessuno, neanche di quelli che la pensano come lui (è così che muore la sinistra italiana, sotto scroscianti ondate di io ho più ragione di te), è isolato e perciò debole, facilmente controllabile, il suo odio può essere diretto contro il bersaglio del giorno con la semplicità di un aeroplanino telecomandato.
Religione, orientamento sessuale, gusti musicali, colore della pelle, ogni differenza è una minaccia che mette in pericolo noi, che dobbiamo difenderci da loro. E la tua appartenenza al gruppo dei carnefici non ti mette al sicuro dal rischio di diventare, domani, una vittima. Del resto non è forse da questo che ha cercato di spiegarci, 24 anni prima di V per Vendetta, Blade Runner?