Ms. Marvel alias Kamala Khan, l’eroina simbolo della Marvel moderna
Ms. Marvel è il simbolo della formula Marvel applicata ai tempi moderni, di quella geniale intuizione su cui si fonda uno degli universi narrativi più famosi di tutti i tempi. Del resto, Stan Lee diceva spesso che le storie Marvel era un’espressione del mondo al di fuori delle nostre finestre. E diceva che in quelle storie c’era spazio per tutti, indifferentemente dal sesso, delle religione e dal colore delle pelle.
C’è da crederci, in fondo, ad uno che ha scritto storie con al centro una famiglia disfunzionale, un uomo affetto da sdoppiamento di personalità, un miliardario con un pacemaker, un adolescente orfano, un dio norreno zoppo, un gruppo di reietti della società, un chirurgo incapace di operare, un cieco e un sovrano di origine africana. Se non lo avete capito, stiamo parlando dei Fantastici Quattro, di Hulk, di Iron Man, di Spider-Man, di Thor, degli X-Men, del Doctor Strange, di Daredevil e di Black Panther.
Tutti eroi (anzi, supereroi) diversi, dotati di straordinari poteri e straordinari “superproblemi” che li rendevano umani, oltre che un riflesso stesso della società. E, seguendo questa filosofia, la Marvel ha continuato a sfornare, anche dopo Stan Lee, tanti altri personaggi capaci di rispecchiare la contemporaneità. Tra questi c’è anche Kamala Khan, nota ai più col nome di Ms. Marvel, il primo personaggio di fede islamica della Casa delle Idee ad avere una serie tutta sua.
Millennial, musulmana, adolescente, supereroina, Inumana, tante cose è Ms. Marvel, oltre che l’erede di Carol Danvers, la Captain Marvel interpretata sullo schermo da Brie Larson. Kamala è la versione moderna del cosiddetto Marvel Style, la prova che la formula d’oro coniata nella Silver Age da Lee, Jack Kirby e Steve Ditko è immortale e adatta a tutte le epoche. Kamala Khan è il segno dei tempi, una finestra spalancata sul mondo, un mondo che parla di multiculturalismo, di frontiere aperte, di realtà che si incontrano e imparano a convivere. Non a caso, quando avvenne il suo debutto nel 2014 fece un certo scalpore. Niente di strano: è sempre così che vengono accolte le novità che sono il frutto di un cambiamento epocale.
Lo stesso era successo con Falcon ai tempi, con Tempesta o, negli anni recenti, con Miles Morales, che si era macchiato dell’orrenda colpa di essere “Spider-Man e afro-americano”. Ma Ms. Marvel ha fatto ancora molto più rumore per le sue origini pakistane, in quanto figlia di pakistani emigrati e giovane di fede dichiaratamente islamica. E questo, purtroppo, ha distratto molti da un aspetto fondamentale: è probabilmente il miglior supereroe originale creato negli ultimi anni.
Ms. Marvel, Corano e delizia dell’adolescenza
Kamala Khan è forse l’eroina dell’attuale scuderia Marvel che più di tutte incarna l’essenza delle nuove generazioni. Ha sedici anni, è una nerd patenta, passa la sue giornate a scrivere fan fiction sugli Avengers (la sua eroina preferita non per nulla è Captain Marvel) e lotta tutti i giorni con i suoi genitori per poter uscire di più, frequentare i suoi coetanei di Jersey City (la città dove vive) e sentirsi una normale ragazza della sua età. Vi ricorda qualcosa? Forse la vostra adolescenza, ma con qualche differenza sostanziale.
Kamala è infatti musulmana, cosa che le crea parecchi problemi aggiuntivi (come se la pubertà non fosse abbastanza…). La sua famiglia le ha imposto delle regole ancora più rigide, deve sottostare ai dettami della sua religione (in cui crede fermamente) e che sono in contrasto con la vita di un qualunque teenager. Kamala non può mangiare cibo spazzatura, non può uscire la sera, non può andare alle feste e non può bere alcolici. Si trova continuamente in bilico tra le sue due identità: adolescente americana e pakistana musulmana, si destreggia tutti i giorni tra le diversità di questi due mondi così diversi.
È il ritratto di milioni di giovani millennial figli di emigrati, che in casa crescono con la cultura dei loro padri e fuori vivono quella dell’Occidente, alla ricerca di un equilibrio apparentemente impossibile.
E non è un caso che il più grande desiderio di Kamala, il suo bisogno maggiore, sia quello di essere “normale”, di sentirsi come i suoi compagni di scuola, di poter avere quelle esperienze che a lei sembrano negate. Nel suo debutto, sull’albo intitolato Metamorfosi uscito a febbraio 2014, ci bastano poche pagine per capire tutto questo. La vita di Kamala sembra rispecchiare quella di chi è giovane adesso e anche di chi si ricorda molto bene com’è essere adolescenti. O, almeno, questo cambia durante una notte in cui la nostra protagonista disobbedisce ai suoi genitori e sgattaiola fuori dalla finestra per andare ad un party.
I più attenti di voi ricorderanno che proprio in quel periodo si era da qualche mese svolta la straordinaria saga “Infinity” di Jonathan Hickman. Quella saga, una delle migliori della Marvel moderna, aveva visto Thanos tornare sulla Terra alla ricerca di suo figlio mentre gli Avengers erano fuori dall’atmosfera, occupati a combattere una guerra contro i Costruttori. E il Titano Pazzo, nella sua lunga caccia, si scontrò con Freccia Nera, il Re degli Inumani, che al termine della battaglia aveva rilasciato una Bomba di Nebbia Terrigena capace di colpire l’intero pianeta.
Per quelli di noi che non lo sapessero, la Nebbia Terrigena è quel composto chimico capace di attivare gli Inumani dormienti permettendogli di sviluppare incredibili poteri. E Kamala, dopo aver lasciato la festa perché presa in giro dai suoi compagni “normali”, ne viene investita.
Sviene e si risveglia all’interno di un bozzolo. Quando riesce a romperlo, scopre di essere diventata alta, bionda e di aver subito un cambio di abiti. Ora indossa i tacchi e il costume di Carol Danvers ai tempi di Ms. Marvel (identità che l’eroina aveva da poco abbandonato per assumere quella di Captain Marvel).
La trasformazione è sconvolgente ma Kamala deve riprendersi in fretta, perché una sua compagna di classe rischia di affogare e ha bisogno di soccorso. Con addosso i panni del suo idolo, la salva, e nel farlo scopre di avere delle straordinarie doti metamorfiche. Può cambiare aspetto a piacimento, tornare normale quando vuole, rimpicciolirsi, ingrandirsi e allungare le braccia, con poteri a metà tra quelli di Mr. Fantastic, Ant-Man e Mystica.
Comincia così la storia di Ms. Marvel, paladina di Jersey City, Inumana e futuro membro degli Avengers.
Un successo editoriale moderno e antico insieme
Ovviamente non è casuale che, nelle sue prime avventure, Kamala prenda l’aspetto di Carol Danvers, attraverso una brillante intuizione narrativa che la porta letteralmente a realizzare il suo sogno di essere alta, bionda e americana al 100%. Ma presto scopre (fin da subito, anzi…) che non si sente a suo agio in quei panni, che non si riconosce. Allora, inizierà un lungo percorso per trovare la sua identità, la sua dimensione, di cui la maschera di Ms. Marvel non è altro che un mezzo. Attraverso la sua vita supersegreta, Kamala riesce a capire chi è e a trovare il giusto compromesso tra il suo essere musulmana e americana.
La maschera, esattamente come per Peter Parker nella Silver Age (personaggio con cui ha molto in comune), le consente di essere se stessa. Ed è da questa trovata, dal modo con cui l’archetipo Marvel per eccellenza è stato riadattato ai giorni nostri, che si cela il segreto dello strabordante successo di Ms. Marvel. E pensare che all’inizio c’erano molti dubbi sulla sua riuscita.
Anche perché non è facile riuscire a parlare di minoranze etniche, in America, dove il clima è sempre molto teso a riguardo. Da una parte e dall’altra, ad essere sinceri, visto che il rischio (non a torto, in alcuni casi) di essere bollati come politically correct è dietro l’angolo. Ma Ms. Marvel è nata da subito sotto una stella diversa.
All’origine di tutto c’è infatti la figura di Sana Amanat, una delle poche dirigenti donne nella lunga storia della Casa delle Idee, di origine araba. Narra la leggenda che, agli inizi del 2014, Sana abbia confidato molte delle sue disavventure da adolescente musulmana e americana al suo collega Stephen Wacker, il quale ogni volta scoppiava a ridere. Wacker, entusiasta di quei racconti, propose a Sana l’idea di farne la fonte per un nuovo supereroe. Un’idea che non tardò ad essere approvata con entusiasmo dall’allora Editor in Chief della Marvel, Axel Alonso (da poco sostituito da C.B. Cebulski), lo stesso che aveva accentuato la componente multiculturale della Marvel dando un impulso fondamentale alla creazione di Miles Morales.
Ma una volta deciso di far esordire Kamala, mancava la componente più importante: lo sceneggiatore. E non poteva essere uno sceneggiatore normale, simile alle altre migliaia di quelli che ingolfano il mercato americano. No, doveva essere una penna diversa, capace di entrare in perfetta sintonia col personaggio. Ed ecco che la scelta ricadde su Gwendolin Willow Wilson, una scrittrice americana trentenne che aveva realizzato fumetti di buon successo per l’etichetta Vertigo della DC Comics. E G. Willow Wilson (come firma i suoi lavori) era perfetta perché aveva una prospettiva assolutamente inedita. Era infatti una ragazza americana che, dopo aver finito il college, aveva scelto autonomamente di convertirsi all’Islam.
Poteva esserci scelta migliore, quella di affidare il primo supereroe musulmano della Marvel ad un’autrice americana di fede islamica? Certo che no. E i risultati si sono visti. Le vendite di Ms. Marvel sono schizzate subito alle stelle e la serie si è trasformata presto in un fenomeno culturale. Kamala Khan è stata uno dei nomi di punta all’interno del grande rilancio All New All Different Marvel, che presentando i propri eroi ampiamente rinnovati voleva imprimere una precisa svolta multiculturale ai comics. Inoltre, in quell’ondata di cambiamento (giudicata da molti frettolosa e inconsistente) Ms. Marvel è stata una delle poche testate a durare nel tempo e a confermare il suo successo.
Ms. Marvel, il valore della diversità
Un successo che, a dispetto dei luoghi comuni, va ben oltre quello economico visto che il suo pubblico è costituito per metà da lettrici, cosa insolita in un campo dominato dal pubblico maschile. Ed è anche uno degli improbabili casi in cui la critica si è accodata, visto che Kamala Khan ha conquistato alcuni dei premi più ambiti del settore. Riconoscimenti come un Hugo Award, un Dragon Award e la statuetta di Miglior Serie al Festival di Angoulême, il Lucca Comics del fumetto francese (uno scalpo pregiato per una testata americana). Senza dimenticare poi le incursioni nella “cultura popolare”, tra cui spiccano diversi primi piani sugli autobus di San Francisco e sulla copertina dei Village Voice. Ma tra tutte, probabilmente, la più celebre è stata la menzione “speciale” ricevuta dall’ex presidente Barack Obama che l’ha citata in uno dei suoi discorsi.
Prova che le storie di G. Willow Wilson hanno colto nel segno, all’interno di una lunga gestione durata ben 5 anni e 60 numeri. Tuttavia, adesso per Ms. Marvel è giunto il momento di cambiare. Alla guida della serie è infatti arrivato lo sceneggiatore Saladin Ahmed, scrittore di origini egiziane che tanto aveva ben figurato su Freccia Nera. Della nuova testata per ora si sa poco, tranne che si chiamerà “The Magnificent Ms. Marvel“. Comunque vada, Kamala Khan è ormai al centro dell’attenzione e costantemente sotto i riflettori. Tant’è che già si vocifera di un suo esordio nel Marvel Cinematic Univers, magari proprio al fianco di Captain Marvel. Però, se accadrà, sarà sempre all’insegna del multiculturalismo. Anzi no, del Marvel Style che, come ci ha insegnato Stan Lee è una finestra aperta sul mondo che ci circonda.