L’evoluzione delle gaming zone in Italia
Il videogioco è un prodotto culturale. Non ci giriamo intorno, ormai lo è a tutti gli effetti. Eppure di fronte a questa affermazione le reazioni non sono mai unanimi: si spazia dall’incredulità, alla rabbia, alla condiscendenza, e una variegata gamma di risposte più o meno appropriate all’argomento.
In questi casi, chi ama i videogame può scegliere tra due opzioni: ignorare il conflitto, e crogiolarsi nella meravigliosa sensazione di avere ragione o buttarsi in una lotta estenuante con il detrattore di turno, che in genere è inamovibile dal suo pregiudizio.
E se dicessi che c’è una argomentazione inconfutabile che si può utilizzare in questi contesti? Per esempio, dire che nelle biblioteche il videogioco è inserito di buona norma tra prodotti culturali del calibro del libro (il prodotto culturale per eccellenza), del film o della musica?
Il Manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche
Al detrattore piace citare la storia come strumento di validazione di un argomento (“lo dice la storia!”), perciò partiamo da un documento storico. Nel 1949, l’UNESCO approvò un documento, rinnovato poi nel 1994 e nel 2001, per suggellare quali fossero le caratteristiche e le funzioni della biblioteca pubblica, dal titolo “Manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche” (consultabile qui), redatto con la partecipazione dell’IFLA, International Federation of Library Associations. Il Manifesto descrive la biblioteca come un organo essenziale nel tessuto della società, in grado di fornire all’individuo la possibilità di informarsi e apprendere, avendo accesso ad un sapere privo di censure, gratuito e democratico. Il sapere fornito dalle biblioteche non deve essere settoriale, cioè non deve limitarsi a disporre esclusivamente di determinate forme di cultura (ad esempio solo libri, solo film, solo riviste) né tantomeno limitarsi a promuovere esclusivamente cultura “accademica”, escludendo quella di intrattenimento.
Il Manifesto dice, infatti: “La biblioteca pubblica è il centro informativo locale che rende prontamente disponibile per i suoi utenti ogni genere di conoscenza e informazione. […] Ogni fascia d’età deve trovare materiale rispondente ai propri bisogni. Le raccolte e i servizi devono comprendere tutti i generi appropriati di mezzi e nuove tecnologie, così come i materiali tradizionali. […] I materiali devono riflettere gli orientamenti attuali e l’evoluzione della società […]” Si comincia ad intravedere dove si va a parare. Innanzitutto la parola chiave è “nuove tecnologie” affiancata a “materiali tradizionali”: va da sé che si tratti di una auspicabile convivenza tra il vecchio e il nuovo, non di una totale sostituzione. Un’altra frase da tenere in considerazione è “i materiali devono riflettere gli orientamenti attuali e l’evoluzione della società”. Una biblioteca che non si evolve e non si aggiorna non sta facendo bene il suo lavoro. Perderebbe l’aspetto democratico di cui si parlava sopra, trasformandosi in un semplice magazzino in cui si conservano libri la cui circolazione è giunta al termine ormai da tempo.
Tutto ciò è quanto di più lontano dal ruolo di una biblioteca di pubblica lettura, in cui il ricircolo di cultura deve essere continuo. Al di là della interpretazione teorica, quella frase identifica anche tutta una serie di accorgimenti pratici: è il principio che ha portato gradualmente alla creazione dell’OPAC (On-line public access catalogue), il catalogo informatizzato delle biblioteche, che ha sostituito i cataloghi cartacei; all’introduzione delle postazioni di navigazione internet; al prestito dei DVD e degli ebook; e sì, anche all’introduzione di giochi da tavolo e videogiochi tra i materiali prestabili, nel momento in cui, soprattutto negli ultimi anni, hanno raggiunto una fama e una caratura tale da poter a pieno diritto sedersi al tavolo degli adulti, insieme a saggi e narrativa.
Le linee guida IFLA/UNESCO per lo sviluppo delle biblioteche pubbliche
“Bello questo manifesto, ma non vedo la parola videogiochi scritta da nessuna parte”, incalza il detrattore. Tecnicamente ha ragione. È qui che viene in aiuto un altro testo, “Il servizio bibliotecario pubblico: linee guida IFLA/UNESCO per lo sviluppo” (scaricabile qui), edito nel 2001. Questo documento entra più nel dettaglio rispetto al manifesto UNESCO: essendo stato scritto quasi 7 anni dopo, l’acqua passata sotto i ponti era sufficiente a richiedere aggiunte e aggiornamenti, nello spirito di costante evoluzione di cui si è parlato prima. Il paragrafo da prendere in esame si intitola “I servizi per i giovani adulti”; è talmente utile allo scopo che andrebbe citato per intero, ma è sufficiente leggere il brano che segue: “I materiali a loro [dei giovani] disposizione […] dovrebbero riflettere i loro interessi e la loro cultura. […] ciò implicherà l’acquisto di una serie di materiali […] che rappresentano la cultura giovanile, per esempio romanzi di consumo, serie televisive e narrative, musica, videocassette, riviste per ragazzi, poster, giochi elettronici, fumetti.” Eccolo qui, scritto in linguaggio da anni 2000 che fa venire in mente le televendite rantolate del Baffo, ma è inconfutabile. Soprattutto, è messo nero su bianco come tutto ciò che viene citato, compresi i videogiochi, siano cultura.
Il fatto che siano definiti “cultura giovanile” è opinabile, soprattutto perché nello stesso paragrafo vengono indicati come depositari di questa cultura “i giovani che si trovano a metà strada tra l’infanzia e l’età adulta”, che è una definizione che forse si adatta di più alla traballante fascia degli young adults che fa impazzire case editrici e catalogatori di tutto il mondo. Secondo l’ultimo rapporto AESVI, infatti, nel 2017 la fascia di età più numerosa dei videogiocatori italiani si aggira tra i 25 e i 34 anni, mentre a livello mondiale la percentuale più alta è tra i 18 e i 35 anni. Insomma, come evidenziato prima, è una definizione di inizio 2000 che ad oggi andrebbe riveduta e ampliata, ma ciò non toglie che definisca l’attenzione che la biblioteca deve riservare anche a forme culturali “alternative”.
Le gaming zone esistono e sono tra noi
“E a livello pratico, chi applica davvero queste cose?” dice ancora il detrattore, che come dicevo prima ha la testa dura. Ebbene, nel territorio italiano le realtà che sono passate dalla parola alla pratica sono più di quante si immagini. In questo articolo proporrò tre esempi di biblioteche, appartenenti al sistema bibliotecario CSBNO (Consorzio Sistema Bibliotecario Nord-Ovest), che hanno inserito i videogiochi tra i propri materiali.
Centro Agorà (Arese)
La Biblioteca di Arese dispone di due salette attrezzate con due Playstation 4, a cui è possibile giocare singolarmente o in multiplayer; l’area è gestita da Alberto Raimondi, bibliotecario membro del gruppo gaming dell’AIB (Associazione Italiana Biblioteche). Le due salette hanno una forma circolare che permette agli utenti di disporsi intorno a chi sta giocando a formare una sorta di “tribuna”. Il regolamento per l’utilizzo delle postazioni è molto semplice: l’utente sceglie il gioco e ha a disposizione 30 minuti se in singolo, 60 se in gruppo. Le indicazioni del PEGI vengono seguite alla lettera, dunque l’utilizzo di determinati giochi è precluso a seconda della fascia d’età. Nei pressi della gaming zone, in cui è possibile anche utilizzare giochi da tavolo, sono stati disposti libri game, guide strategiche, saggi a tema videoludico e libri di informatica, così che l’utente che mostri un particolare interesse nei confronti dei videogame possa ampliarlo, qualora ne avverta la necessità.
Al momento sono disponibili 26 videogiochi e 76 giochi da tavolo, ma bisogna tenere conto che l’area è nata appena un anno fa, il 4 marzo 2018, dunque la collezione è destinata ad arricchirsi in futuro. Videogiochi e giochi da tavolo sono disponibili sia per il prestito sia per la “consultazione” in biblioteca e a breve verranno resi disponibili anche per l’interprestito (cioè il prestito tra biblioteche appartenenti ad uno stesso sistema).
L’utenza che usufruisce di quest’area è giovane: principalmente, ragazzini di medie ed elementari, oltre a universitari in cerca di un po’ di respiro dallo studio. L’aspetto aggregativo è quello che fa da padrone nell’utilizzo dell’area gaming: essa costituisce un ritrovo fisso per i giovani utenti, un momento di condivisione e ritrovo, in barba a chi dice che il gaming è un’attività solitaria. Per questo motivo, i giochi più sfruttati sono quelli sportivi, che accentuano questa tendenza aggregativa, ma anche l’immancabile Minecraft. È proprio questo aspetto aggregativo a legittimare la presenza del videogioco nelle collezioni delle biblioteche; certamente, la strada per arrivare ad equiparare totalmente il videogioco al libro a livello di trattamento e percezione è ancora molto lunga, ma senza dubbio essere riusciti a costruire una realtà come quella di Arese fa ben sperare che possa esserci una luce in fondo al tunnel.
TILANE (Paderno Dugnano)
La situazione di Tilane è molto simile a quella di Arese, anche perché le due gaming zone sono nate a poca distanza l’una dall’altra. Tilane dispone di una Ps4 con 4 controller e 4 cuffie, a cui è possibile accedere per trenta minuti, in gruppo o da soli. Anche in questo caso l’area comprende sia giochi da tavolo sia videogiochi, ma è stata posizionata strategicamente vicino ai libri teens, ai fumetti e ai manga.
Questa disposizione, come ha spiegato Elena Bertolli, che si occupa di gestire l’area, permette di prendere due piccioni con una fava: capita spesso, infatti, che i ragazzi ne approfittino per leggersi un libro o un manga per ingannare l’attesa mentre la console è occupata. Si tratta, insomma, di un felice e riuscito connubio tra l’emisfero della carta e quello del gaming. I videogiochi si è scelto – per ora – di non prestarli, in modo da dare più opportunità di scelta a chi viene a giocare in biblioteca, ma la collezione è in espansione. I titoli che vanno per la maggiore sono sempre gli sportivi, preferiti dai ragazzi tra i 12 e 16 anni circa, ma anche giochi come l’ultimo Spider-Man o i Lego sono molto richiesti.
Essendo una nuova esperienza, la biblioteca sta ancora muovendo i primi passi per promuovere al meglio la gaming zone e sfruttare tutte le possibilità che offre: le bibliotecarie mi anticipano che sono in cantiere dei tornei di FIFA e di NBA, ma anche degli eventi in cui si cercherà di coinvolgere i genitori per introdurli nel mondo dei videogame insieme ai figli. Il bilancio della gaming zone di Tilane è sicuramente molto soddisfacente: dopo un inizio timido, l’iniziativa ha preso un ottimo slancio e sta regalando molte soddisfazioni sia ai bibliotecari sia agli utenti.
Punto Cerchiate (Pero)
Punto Cerchiate è stata la prima del sistema CSBNO ad aprire un’area gaming nel lontano 2016. Al momento l’area è in ristrutturazione, quindi sfortunatamente non ci sono immagini, ma Cristina Coppari, che se ne occupa, è stata comunque disponibile a spiegare quali servizi offre.
La collezione di Pero conta ad oggi circa 150 giochi per diverse piattaforme, tra cui WII, Xbox 360, Playstation 2 e 3; presto saranno anche attrezzati con una Playstation 4 e relativi giochi. Oltre a ciò, gli immancabili giochi da tavolo, ma anche calcetto e ping pong (perché la parola gaming non si riferisce solo ai videogiochi!). L’immancabile FIFA detiene la palma d’oro per il gioco più gettonato, ma anche Call of Duty e Lego Batman godono di un buon successo. La fascia d’età più presente si attesta sempre tra gli 8 e i 13 anni, ma troviamo pure utenti più adulti soprattutto durante la mattinata, i quali invece preferiscono il basket al calcio.
Per quanto riguarda gli eventi connessi all’area gaming, Cristina spiega che sono più frequenti e frequentati quelli dedicati ai giochi da tavolo, ma non mancano anche i tornei dedicati ai videogiochi. È fondamentale segnalare invece la collaborazione con le scuole medie, con le quali la biblioteca ha organizzato degli incontri sul coding, oltre che sui giochi da tavolo, per diffondere la cultura del gioco in tutte le sue forme.
L’esperienza di Pero, essendo la più longeva, è la prova di come i videogiochi in biblioteca possano trovare una risposta estremamente positiva da parte dell’utenza anche sulla lunga distanza. Nonostante Pero sia un piccolo centro in provincia di Milano, Punto Cerchiate è riuscita a diventare un punto di riferimento per ragazzi e adulti non solo grazie alla sua attività come biblioteca, ma anche grazie alla sua gaming zone.
In conclusione
Questi tre esempi presentano molte analogie tra loro, sia nei risultati a cui hanno portato sia nel modo in cui l’esperienza della gaming zone è stata progettata. Ciò non significa che le gaming zone debbano però declinarsi tutte nello stesso modo. Come i videogiocatori sanno, l’esperienza del gaming è molto variegata e apre una serie di possibilità ludiche, culturali e aggregative enorme, se messe nelle mani di chi sa portarle avanti.
Però, il vantaggio più grande di includere i videogiochi nelle collezioni bibliotecarie, oltre a quelli già elencati, è senza dubbio questo: esporre il videogioco sotto una luce nuova, soprattutto per chi non mastica di videogiochi. È un modo per schiudere questo mondo, che a molti sembra impenetrabile e al limite del settario, rendendolo accessibile e meno alieno grazie alla mediazione di un organo rispettato come la biblioteca.
Lo sappiamo tutti, meglio di tutti lo sanno i bibliotecari e le bibliotecarie: sarà un lavoro lungo e difficile, ma qualcuno dovrà pur farlo, no?