Rivedere Magica DoReMi per ricordare come ci appariva il mondo nei primi anni della nostra vita e come tentavamo di controllarlo
Esattamente 20 anni fa una bambina entrò per caso in un polveroso negozietto di chincaglierie. Dopo aver dato della strega alla proprietaria, davanti ai suoi occhi la donna si trasformò in una ranocchia. Era veramente una fattucchiera e per riportarla alla sua forma umana, la piccola avrebbe dovuto diventare un’apprendista streghetta e imparare le arti magiche.
Cominciano così le avventure di DoReMi e delle sue amiche Sinfony, Melody, Lullaby e Mindy, vissute tra il mondo degli esseri umani e quello delle streghe. Storie che il pubblico italiano ha potuto conoscere all’inizio degli anni 2000, grazie all’arrivo dal Giappone dell’anime cult Magica DoReMi. Creato da Izumi Todo e durato per ben quattro stagioni, senza contare film e OAV. Quanto questo cartone animato sia rimasto impresso nell’immaginario collettivo di tutte le persone nate tra gli anni ’80 e ’90, lo si è capito osservando le reazioni di entusiasmo che tanti hanno avuto nell’apprendere che la Toei Animation ha nuovi progetti per il futuro del brand.
L’anime si inserisce perfettamente nel genere Majokko, nel quale alle tematiche romantiche dello Shojo vengono affiancati degli elementi magici. Pur riproponendo per intero le strutture narrative del genere (alle protagoniste infatti viene donato un oggetto magico grazie al quale possono acquisire poteri soprannaturali e sgargianti costumi, con tanto di vestizione coreografata) Magica DoReMi presenta particolarità che rendono questa serie unica. Che venga usato per trasformarsi in talentuose artiste, come in Magica magica Emi o ne L’Incantevole Creamy, oppure per diventare potenti guerriere o creature soprannaturali, come accade in Sailor Moon o in Mermaid Melody, nei Majokko normalmente l’elemento magico fa fare un salto ai personaggi che lo usano dal mondo dell’infanzia (o della prima adolescenza) a quello degli adulti. In uno scenario realistico o fiabesco, le eroine si trovano gravate da enormi responsabilità a dover svolgere compiti assai ardui.
In Magica DoReMi, al contrario, la magia entra a far parte del mondo infantile delle protagoniste. Le quali restano bambine che frequentano le elementari, sia nel mondo reale che in quello fantastico. Anche i costumi e gli strumenti magici che gli vengono affidati sono colorati e ricordano i giocattoli dell’infanzia, al contrario delle streghe adulte che invece indossano mantelli neri e utilizzano monili dall’aspetto tetro.
La stregoneria in DoReMi può essere vista come metafora del pensiero magico a cui tutti noi da bimbi ci siamo affidati. Vi è mai capitato da piccoli di parlare con un amico immaginario, o di pensare “se attraverso il corridoio senza mai toccare con i piedi gli angoli delle mattonelle questa cosa si avvererà”? Ecco è il pensiero magico, comune nell’infanzia e meno raro di quello che si pensi in età adulta.
La serie comincia infatti con la piccola protagonista che, sentendosi la “bambina più infelice del mondo”, desidera possedere doti magiche per controllare una realtà verso la quale, crescendo, si sente sempre meno adeguata.
Soprattutto inizialmente la stregoneria viene usata dalle bambine per sperimentare, conoscere e ottenere tutto ciò che avevano desiderato. Come vivere nei panni di un’altra persona, perché si è insoddisfatti della propria vita, o più semplicemente per far apparire dal nulla torte e altre leccornie. Attraverso le loro doti magiche, cercheranno anche di risolvere i problemi quotidiani dei loro coetanei, non sempre con successo. Quasi per rendere implicito il messaggio che non esistono semplici scorciatoie per affrontare i problemi e, anche se esistessero, usandole si rischierebbe di peggiorare la situazione.
Un esempio potrebbe essere l’episodio in cui DoReMi crea un clone del papà di Melody, perché l’uomo non poteva partecipare all’incontro con i genitori alla loro scuola. Ottenendo come unico risultato una tragedia sfiorata, visto che i due papà stavano per incontrarsi nella medesima aula. Anche in Doraemon, che pur non essendo un Majokko resta il manga dedicato ai bambini più celebre di sempre, il meccanismo dei chiusky era simile. Il gatto robot li dava a Nobita per tirarsi fuori dai guai e lui abusandone finiva per ritrovarsi dalla padella alla brace.
Mentre il manga di Fujiko F. Fujio aveva in questo senso un orientamento maggiormente pedagogico, si voleva cioè far passare l’idea che bisogna impegnarsi e faticare per ottenere ciò che si vuole, in Doremi è presente una sensibilità diversa. La quale sembra voler far intendere alle giovani spettatrici che la vita debba essere anche accettata così come è, e che voler plasmare il mondo a proprio piacimento è comunque sbagliato e pericoloso. Basti pensare alle conseguenze che Lullaby ha subito per aver usato la magia per manipolare le persone, nonostante le altre apprendiste streghe l’avessero messa in guardia ripetute volte.
In seguito, nelle diverse stagioni, alle aspiranti streghe verranno affidati compiti e obiettivi da raggiungere. Le ragazzine si troveranno a dover aiutare Raganella (la loro insegnante di stregoneria) a gestire il negozio che lei da ranocchia non può più mandare avanti da sola. Poi ci saranno gli esami di magia e, addirittura, nella seconda stagione dovranno occuparsi di una strega appena nata. La piccola Hanna, nata da una rosa blu e destinata a diventare una fattucchiera molto potente. Tali mansioni però verranno affrontate con lo stesso spirito di gioco con il quale i bimbi si divertono ad imitare gli adulti. Un modo per imparare divertendosi, che porterà comunque ad una crescita personale. Magica DoReMi è prima di tutto un racconto di formazione, nel corso del quale vedremo cinque bambine crescere e responsabilizzarsi.
L’apparente leggerezza della storia e la spensieratezza delle protagoniste non devono trarre in inganno. Un altro elemento, che rende questa serie unica nel suo genere, è la crudezza con cui il mondo degli adulti viene descritto. Genitori che litigano continuamente o che si separano, troppo apprensivi o troppo freddi, mettono a dura prova la devozione dei loro figlioletti, i quali spesso soffrono, o si ribellano, incapaci di comprendere le ragioni di tali comportamenti.
Anche i conflitti legati all’identità di genere vengono affrontati in diversi momenti. Un’amica delle protagoniste viene presa in giro perché appare come un maschiaccio. La sua forza fisica la rende una campionessa nello sport, ma lei vorrebbe anche essere femminile come le sue compagne. Per questo viene derisa.
Un’altra compagna di classe viene presa in giro a causa dei cambiamenti che sta subendo il suo corpo, crescendo le forme iniziano a svilupparsi e questo le provoca forte imbarazzo. Un altro elemento, quest’ultimo, che testimonia l’attenzione che gli autori hanno avuto nell’affrontare un periodo della vita così difficile come quello dell’infanzia. Un esempio ancora più toccante è quello della famiglia di Melody, divisa perché il papà non accettava che la moglie lavorasse invece di dedicarsi totalmente alla famiglia. L’uomo, che arrivò perfino ad incolpare la consorte dell’aborto spontaneo che aveva subito, decise inoltre di nascondere le tante lettere che l’ex moglie aveva inviato alla figlia, a detta sua per non far soffrire la piccola. Anche l’egoismo che può nascere nell’animo di un genitore viene descritto in modo minuzioso. Così come appare egoista la streghetta a desiderare solo che i genitori tornino insieme, invece di sforzarsi per comprendere i loro sentimenti.
La figura genitoriale nell’anime viene affrontata almeno tanto quanto quella dei figli. Grazie all’arrivo di Hanna anche le protagoniste sperimentano che cosa voglia dire prendersi cura di un neonato, con tanto di notti insonni e di apprensione per lo stato di salute del proprio pargoletto. E comprendono quindi tutti i sacrifici che i propri genitori hanno fatto e continuano a fare per loro.
Anche il papà di Melody, vedendo la figlia alle prese con Hanna, capisce quanto sia stato egoista a chiedere alla moglie di avere un secondo figlio. Le streghette provano la responsabilità di essere genitori anche nel rapporto che instaurano con le proprie fatine (esseri magici che vengono affidati a ogni strega), le quali hanno molto in comune con un bimbo piccolo.
Infatti in principio non sono neanche in grado di parlare. DoReMi inizialmente ha serie difficoltà a gestire la sua fatina Dodò, la quale si mostra infantile e indisciplinata. L’apprendista strega finisce per insultarla gratuitamente facendo scappare via l’esserino, che la bimba dovrà rincorrere per tutta la città.
Oltre ai genitori naturali, le bambine interagiscono anche con altre figure genitoriali, la più importante delle quali è Raganella. Scontrosa, burbera, con mille preoccupazioni per la testa e ambizioni deluse, la strega divenuta ranocchia è sicuramente il personaggio comico meglio riuscito della serie. Invece che volare su una scopa, da anfibio, usa una paletta per la spazzatura, inoltre rimangono indimenticabili i suoi sketch comici insieme a Bibì. La dispettosa sorella minore di DoReMi che, prima di diventare anche lei apprendista strega, scambia Raganella per un pupazzo ribattezzandola Spumella. Nonostante la sua tendenza a mostrarsi distaccata comunque, una volta costretta a dividersi dalle proprie apprendiste, la strega confessa la sua sofferenza. Le aveva cresciute come fossero figlie sue e ne avrebbe sentito la mancanza.
Un discorso a parte va fatto per le figure più istituzionali con le quali le bimbe si confrontano, sia nel mondo reale che in quello della magia. Per niente secondario appare il personaggio dell’insegnante delle bambine, la Signorina Seki. Materna e amorevole con i suoi allievi e totalmente sopra le righe, arriva addirittura a coprire le streghette quando il preside della scuola decide di indagare sul lavoro che le bambine svolgono al negozio di Raganella. Bella e giovanile, Seki è una motociclista e tende ad andare oltre il suo ruolo istituzionale.
Per certi aspetti, solo per alcuni intendiamoci, potrebbe essere paragonata a Onizuka di G.T.O. Certo senza la goffagine e l’esuberanza di quest’ultimo, inoltre Magica DoReMi non arriva a mettere in campo una strutturata critica al sistema scolastico giapponese come invece accade in Great teacher Onizuka. Comunque la serie pare strizzare l’occhio a un sistema educativo non rigido e pretenzioso ma più empatico e comprensivo. Questo elemento si evince anche dal personaggio della Signorina Yuki, l’infermiera della scuola che ascolta spesso i problemi degli studenti e cerca di aiutarli.
Anche nel mondo delle streghe c’è un personaggio simile, La Regina delle streghe. Seppur distante si mostra sempre amorevole con le streghette, arrivando a perdonare la loro esuberanza che le porta spesso a contravvenire alle regole. Crede molto nelle bambine, tanto da arrivare ad affidargli la sua erede al trono Hanna.
L’ascolto e la comprensione si dimostrano essere più efficaci della magia e dopo tante avventure le bimbe comprendono che la saggezza è più utile del pensiero magico. Imparano quindi ad accettare quello che non si può cambiare e ad amare incondizionatamente, anche quando certe scelte e certi comportamenti delle proprie persone care non si riescono proprio a capire. Ecco perché alla fine della serie la magia viene abbandonata, l’abbandono del pensiero magico è un passo importante della crescita, in Magica DoReMi come nella vita reale.