Riscoprire la Guida galattica per gli autostoppisti
A meno che non abbiate passato gli ultimi quarant’anni su un pianeta sperduto nel sistema di Betelgeuse, è impossibile – o altamente improbabile – che non abbiate mai sentito nominare la Guida galattica per gli autostoppisti, o il discendente dalle scimmie che ne ha narrato la storia, Douglas Adams.
Se avete letto questa trilogia più che completa in cinque parti, probabilmente saprete anche dove si trovi in questo momento il vostro asciugamano, e che questo è il giorno giusto per mostrarlo con orgoglio.
Ma se per qualche motivo vi siete privati fino a questo momento della gioia che deriva dalla lettura delle storie di Arthur Dent, Ford Prefect, e (parzialmente) l’ultimo discendente in vita di Gengis Khan, o se volete ripercorrere con noi alcuni dei motivi per cui la Guida galattica per gli autostoppisti è un invenzione ancora più brillante degli orologi da polso digitali, abbiamo preparato per voi 4+2 motivi per amare (e rileggere) la creatura più famosa del compianto Douglas Adams.
Autostoppisti nel Time And Relative Dimension In Space
Due dei prodotti più caratteristici dell’intrattenimento britannico, la Guida galattica per gli autostoppisti e Doctor Who, hanno più volte incrociato le proprie strade, grazie a Adams, ma non solo: nel 1987 a un giovane scrittore di nome di Neil Gaiman viene proposto di scrivere una guida alla Guida, un libro che, seguendo il modello wikipediano ante-litteram degli grandi gruppi editoriali dell’Orsa Minore, viene aggiornato a più riprese, fino all’ultima, definitiva (per il momento) edizione, pubblicata in Italia da Mondadori nel suo pregiato volumone double face della collana Oscar Draghi.
Niente panico, guida terrestre per i lettori di Guida galattica per gli autostoppisti è uno dei punti di contatto tra Arthur Dent e il Dottore, tra la Cuore d’oro e il Tardis: non solo Gaiman dedica alcuni capitoli ai (15) frenetici mesi passati da Adams come sceneggiatore e editor per la serie – mesi in cui le idee dei due universi si mischiano prima di trovare la giusta collocazione nelle sceneggiatore de Il pianeta pirata, La città della morte e Shada -, ma lo stesso Gaiman, anni e anni dopo, scriverà uno degli episodi più poetici del nuovo corso di Doctor Who, The Doctor’s Wife, vincitore anche di uno dei Premi Hugo 2012. Quella di Adams sembra però essere un’immaginazione troppo esplosiva per una serie che cerca di mantenere una sua coerenza interna, e ben presto – complice la capacità quasi sovraumana di Douglas di mancare le date di consegna – le strade dei due baluardi della narrazione britannica nel mondo si dividono. Adams tuttavia sfrutterà molte delle idee scartate per Doctor Who nei suoi romanzi: le vicende dei Krikkit, narrate in La vita, l’universo, e tutto quanto, sono una rielaborazione di una delle sceneggiature scartate, in cui Trillian veste virtualmente i panni del Dottore, cercando di salvare l’universo mentre i suoi compagni vanno a feste (Ford), si fanno i cavoli loro (Zaphod), hanno un’aria frastornata (Arthur) o si lamentano (Marvin).
La Guida l’aveva predetto
Tra le varie anticipazioni tecnologiche presentate da Adams, prima fra tutte l’antesignano degli ebook reader (anche se ancora dobbiamo lavorare sulla rassicurante copertina che recita NIENTE PANICO), troviamo anche – con due anni di anticipo sul progetto Wikipedia – la nascita di una comunità online con lo scopo di compilare un’enciclopedia accessibile globalmente su ogni tema della vita, l’universo, tutto quanto. h2g2 viene inaugurato il 28 aprile 1999 e permette a un ristretto gruppo di persone di rispondere scrittore per la Guida galattica per gli autostoppisti alla domanda che lavoro fai?
Immaginato come un posto in cui condividere le proprie conoscenze e scrivere di ciò che si ama, il progetto è ancora in attività, ospitato dalla BBC.
La guida tra le stelle
La morte improvvisa di Adams, nel 2001, lascia un romanzo incompleto – Il salmone del dubbio – pubblicato postumo, e un desiderio condiviso di ricordarlo e celebrarne la vita e le opere. A due settimane dalla sua morte – il 25 maggio 2001 – viene istituito, in maniera totalmente spontanea a partire dai suoi fan, il primo Towel Day. Ma il nome di Douglas Adams, e quello della sua creatura/alter ego Arthur Dent, sono arrivati nello spazio: dopo aver rinominato Arthurdent l’asteroide 18610 lo stesso anno della scomparsa dell’autore, il 25 gennaio 2005, spinti da una serie di coincidenze che vedeva la scoperta di un asteroide inizialmente catalogato come 2001 DA42 (l’anno di morte di Douglas Adams, le sue iniziali, la risposta fondamentale), il Comitato sulla nomenclatura dei corpi celesti minori annuncia ufficialmente il battesimo dell’asteroide Douglasadams.
Godersi il viaggio senza pensare alla destinazione
La Guida galattica per gli autostoppisti è stata adattata, nel corso degli anni, per praticamente ogni media esistente: nata come sceneggiato radiofonico, negli anni è stata ridotta, tagliata, di nuovo allungata, rincollata, stropicciata, trasposta come serie tv per la BBC nel 1981, ampliata nei romanzi, portata di nuovo in radio e a teatro, trasformata in videogioco, arrivata al cinema nel 2005 con un cast eccezionale ma una resa a malapena sufficiente. Se state cercando una storia sensata, ci sono buone probabilità che la Guida galattica per gli autostoppisti possa deludervi: questo continuo cambio di piattaforma, con eventi simili ma dalle conseguenze diverse, personaggi uguali ma dai diversi comportamenti, tende a esasperare la schizofrenia dell’opera, rendendola un assurdo pastiche di eventi, frammenti, pagine epiche e concetti impossibili da dimenticare. Se mai vi trovaste a dover scegliere un solo libro da portare su un’isola deserta, in una caverna della terra preistorica, o su un pianeta sperduto nel sistema di Betelgeuse, i volumi della Guida sarebbero in grado di raccontarvi a ogni nuova lettura episodi che non vi ricordavate di aver già letto, o che ricordate così bene da diventare ancora più esilaranti a ogni rilettura.
42 reasons why
L’opera più importante di Douglas Adams è un’esplosione di idee e situazioni, ma alcune sono senza dubbio più famose di altre: forse non vi ricorderete di Eddie, l’entusiasta computer della Cuore d’oro, o se il missile sopra Magrathea si trasforma in un vaso di gerbere o di petunie, ma non potete non ricordare la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto.
«La risposta è molto semplice. Era uno scherzo. Doveva essere un numero, un normale, piccolo numero, e io scelsi quello. Rappresentazioni binarie, calcoli in base tredici, monaci tibetani sono solo una completa sciocchezza. Ero seduto alla scrivania, fissai il giardino e pensai “42 funzionerà”. Lo scrissi a macchina. Fine della storia.»
Sebbene Adams abbia sempre dichiarato di aver scelto quel numero a caso, nel corso degli anni molte sono state le spiegazioni trovate dai fan: tra le più fantasiose e affascinanti, la spiegazione chimica (secondo cui l’elemento con il numero atomico 42, il molibdeno, sarebbe anche il quarantaduesimo elemento più comune nell’universo), mentre secondo il linguaggio ASCII, 42 è il codice per *, che potrebbe essere tradotto come un qualsiasi cosa tu vuoi che sia.
La domanda, invece, che possa essere la dylaniana how many roads must a man walk down? o quanti vogon servono per cambiare una lampadina? resterà per sempre un mistero.
Un giardino senza fate, resta sempre un bellissimo giardino
Questo perché a Douglas Adams poco importava di trovare domande alle risposte, e ancora meno risposte alle domande. Se qualcuno mi chiedesse: che cosa hai imparato leggendo la Guida galattica per gli autostoppisti? la risposta sarebbe assolutamente niente, ma allo stesso tempo lo considero uno dei libri fondamentali della mia vita, un libro-porta che mi ha permesso di avvicinarmi alla fantascienza senza prendermi e senza prenderla troppo sul serio, una raccolta di storie anche slegate tra loro che restano delle piccole gemme di inventiva, come il metodo di volo di Arthur Dent, o il sistema di propulsione della Bistromat.
la Guida galattica per gli autostoppisti può anche non insegnare niente, ma allo stesso tempo resta una pietra miliare della letteratura (e non sto parlando di letteratura di genere), un romanzo che anche a quarant’anni di distanza non è invecchiato di un giorno, come solo i capolavori riescono a fare.