Il fumetto di Dogmadrome, l’opera di Lorenzo Mo’, è un viaggio pericoloso e spericolato ai confini della fantasia

Dogmadrome di Lorenzo Mo’ ha vinto il premio Bartoli, il premio che ogni anno durante l’ARF! Stay Nerd ha il piacere di consegnare ai talenti più promettenti del panorama italiano. E, bisogna dirlo, finora la giuria non ne ha sbagliata una, visto che i vincitori delle scorse edizioni sono stati giovanissimi dal futuro assolutamente roseo come Francesco Guarnaccia, Kalina Muhova, Vinci Cardona e Bianca Bagnarelli.

Anche stavolta non fa eccezione, perché Dogmadrome di Lorenzo Mò, nonostante sia in tutto e per tutto il fumetto di un esordiente, merita davvero questo e ben altri riconoscimenti,

Dogmadrome Lorenzo Mò 2

Dicevamo, Lorenzo Mo’ con Dogmadrome è in ottima compagnia. Infatti anche lui stentava a credere di aver davvero trionfato, come ha potuto confidarci in questa intervista rilasciataci all’ARF! il giorno successivo alla vittoria. E, secondo noi, ha cominciato ad avvertire anche una discreta ansia, proprio perché i suoi precedessori hanno subito dimostrato, dopo aver conquistato il premio Bartoli, di avere un incredibile potenziale.

Ad esempio, tempo un anno e Guarnaccia ha pubblicato con Bao Publishing portando negli scaffali l’ottimo Iperurania, Muhova e Cardona (con cui abbiamo avuto poco tempo fa una bella chiacchierata) hanno continuato a collaborare rispettivamente con Tunuè e con Edizioni BD. Che dire, poi, di Bianca Bagnarelli che ha aggiunto scalpi straordinari alla sua carriera di illustratrice mettendo la sua matita al servizio di grandi giornali quali il New York Times e di autori come Haruki Murakami e Kazuo Ishiguro? Forse Stay Nerd porta davvero fortuna agli esordienti.

Insomma, se Lorenzo Mò avesse il dubbio di essere un po’ fuori posto o se provasse la più classica sindrome dell’impostore, diciamo che avrebbe la nostra più totale comprensione. Caro Lorenzo, spero che tu legga queste righe: non hai niente di che dubitare, meriti assolutamente di essere lì, perché il tuo Dogmadrome è uno degli esordi migliori che si possa mai desiderare.

Si scrive D&D, si legge Dogmadrome e Divertimento

Dogmadrome di Lorenzo Mò è un fumetto dall’incipit molto semplice: quattro amici, Gianni, Fede, Edo e Paro stanno affrontando un’agguerrita partita ad un gioco che sembra molto simile al classico Dungeons & Dragons, chiamato Struggle Runner. Gianni è lo Stregone, Fede il Guerriero, Edo il Folletto, mentre Paro è un master esuberante, un po’ in difficoltà col concetto di sospensione dell’incredulità e decisamente poco ortodosso. Tutto normale, tutto consueto, direte voi. Invece no, perché questi quattro protagonisti non sono nello scantinato di casa occupati a lanciare dadi su una mappa e muovere pedine come se non ci fosse un domani, sulla linea di quello che accade nel seminterrato di Mike in Stranger Things. Si trovano bensì all’interno di un bizzarro gioco virtuale dove il master riesce a fare davvero il bello e il cattivo tempo e dove chiunque può scegliere qualsiasi design per il suo personaggio.

Questo spiega perché, nonostante l’ambientazione medievale, i nostri avventurieri assomigliano ad un incrocio (riuscitissimo) tra figure fantasy, cartoni animati e una buona dose di psichedelia. Un divertimento imperdibile e meraviglioso, direte voi. Invece no, perché l’orrore è in agguato a l’arrivo di una creatura misteriosa potrebbe condannare Paro, Gianni, Fede ed Edo a rimanere intrappolati per sempre nel mondo dell’immaginazione.

Dogmadrome Lorenzo Mò 2

È probabile che, leggendo questa breve sinossi della trama, vi siano fischiate le orecchie. Sicuramente, avrete pensato a tante altre narrazioni più o meno sulla stessa riga, come il recente Ready Player One o il famosissimo Sword Art Online. Magari, avrete addirittura ipotizzato che Dogmadrome di Lorenzo Mò sia un miscuglio di queste due storie mainstream unito all’altrettanta mainstream passione per il D&D duro e puro, ormai sdoganato a livello nazionalpopolare. Sbagliereste in maniera clamorosa.

Dogmadrome – ad ulteriore dimostrazione che il premio Bartoli premia davvero gli esordienti migliori – è in realtà una riflessione, un’analisi e nello stesso tempo una memorabile presa in giro di tutti questi successi. Quasi inevitabile, mi verrebbe da dire, data l’immensa popolarità che sembrano ormai aver raggiunto Dungeons and Dragons e i suoi derivati in stile gioco di ruolo. È finita l’epoca in cui questi passatempi erano appannaggio degli sfigati e dei nerd; oggigiorno, anche se non tutti si trastullano con segrete e dadi a venti facce, sono socialmente accettati e anche leggermente cool.

Non a caso, li vediamo ovunque: dal già citato Stranger Things a The Big Bang Theory, passando per i fumetti e il cinema. Ma cos’è, in definitiva, un gioco di ruolo? Lorenzo Mò decide di non distogliere lo sguardo dalla verità e di mostrarci che, in fin dei conti, il re è nudo.

Dogmadrome, in bilico tra realtà e fantasia

Lorenzo Mò per Dogmadrome ha raccontato di essersi ispirato alle partite di D&D che faceva con i suoi amici quando era ragazzino. Difficile non credergli e viene da pensare che abbia pescato anche da una profonda cultura videoludica. Non tanto sul piano del citazionismo (che c’è ed un occhio attento avrà di che gioire), quanto sul piano della consapevolezza: l’autore ci parla di queste compagnie di ventura con l’esperienza di chi ha vissuto quelle dinamiche sulla propria pelle e le ha perfettamente metabolizzate.

Questo gli permette di vederne le storture e i contrasti, mostrati sia sul piano visivo che verbale. I protagonisti utilizzano il linguaggio diretto e a volte un po’ sboccato degli adolescenti, commentano costantemente il fatto di trovarsi all’interno di un gioco e il rapporto quasi metanarrativo col master, impersonato dalle didascalie (di fatto co-protagoniste), crea un’ impressione davvero disturbante.

Dogmadrome Lorenzo Mò 3

In silenzio, mentre ci sganasciamo di fronte a quelle scenette pensate per strappare risate facili e prendiamo confidenza con un fumetto che ci mostra situazioni a cui siamo abituati, ecco che prende piede una sottile inquietudine. Un’inquietudine che nasce dal rapporto morboso esistente tra il reale e il gioco, perché noi non vediamo mai scene che confermino il fatto che sì, quello è un gioco, ma lo percepiamo dalla totale assurdità di ciò che leggiamo, effetto questo che implementa la sensazione di completa estraneità.

In Dogmadrome di Lorenzo Mò sembra quasi di trovarsi all’interno di uno strano sogno dove tutto è possibile, dove il divertimento è assicurato, dove puoi fare il gran cavolo che ti pare, ma avverti fin dal principio che c’è qualcosa che non va, qualcosa di strano. Esattamente come i sogni, quelli vissuti con una forte consapevolezza, in cui te la godi e al tempo stesso avverti un’indescrivibile anormalità, probabilmente dovuta al fatto che riconosci che stai guardando qualcosa di non autentico.

Nel mondo di Lorenzo Mo’

Ecco dunque che ci si muove costantemente in bilico tra due entità distinte: reale e fantastico, assurdità e sprazzi di normalità, divertimento e inquietudine. Divertimento perché, in fondo, lo scopo di Dogmadrome è prima di tutto quello di intrattenere, specialmente nelle prime cento pagine. Compito riuscito davvero alla grande, nonostante la lettura sia di per se tutt’altro che rapida o inconsistente. Inquietudine perché Lorenzo Mò mostra la disforia tra queste entità e, piano piano, sta preparando il terreno per il ribaltamento, per l’assalto finale dell’immaginazione. Ed è un’inquietudine, come abbiamo detto, mutuata splendidamente dalle matite.

Fumetto

Le tavole sono tra loro ben costruite, le vignette spesso strette e appiccicate tra loro, quasi a voler dare un senso di claustrofobia. I disegni dei personaggi e delle ambientazioni sono all’apparenza morbide e cartoon, ma si tratta di una finta ingegnosa perché nascondono delle asprezze e delle rigidità che agiscono sottopelle. A rendere il tutto ancora più disturbante, contribuiscono delle trovate al limite dell’horror puro e della psichedelia, che ricordano tanto quei vecchi film animati anni ’40 che debordavano all’improvviso in scene completamente folli. Alcuni sono citati direttamente, tuttavia mi sono balzate in mente durante la lettura scene indimenticabili (e traumatizzanti) come quella degli elefanti rosa in Dumbo

Il potere (e il pericolo) della fantasia

Una grande ricchezza, testuale e visiva, che però non sarebbe certo materia da premio se non trovasse una conclusione e un significato all’altezza. Ed è qui che Dogmadrome di Lorenzo Mò dimostra di non essere la prova di un esordiente qualsiasi, ma di un esordiente degno di vincere il Bartoli.

Alla fine della storia, il rapporto tra reale e fantastico deraglia vedendo una drammatica vittoria del secondo. La fantasia trionfa su ogni cosa e la normalità viene spazzata via. L’autore ci dimostra, contro qualunque parere, che questo non è un bene, che ci si può ubriacare d’immaginazione e bruciarsi a forza di fantasticare. Lorenzo Mò ci dice chiaramente che, per quanto possa essere bello passare interi pomeriggi a creare altri mondi, non dobbiamo assolutamente perdere il contatto con la realtà, che la fantasia può essere peggiore di qualsiasi droga se presa in dosi troppo forti.

In un’epoca in cui tutto sembra intrattenimento, in cui non riusciamo a staccarci dai nostri telefoni e dal mondo irreale che contengono, Dogmadrome è un sano richiamo alla realtà che non può che farci bene. Perché, in fondo, la realtà è migliore di qualsiasi immaginazione, solo per il fatto che è vera.

Elia Munaò
Elia Munaò, nato (ahilui) in un paesino sconosciuto della periferia fiorentina, scrive per indole e maledizione dall'età di dodici anni, ossia dal giorno in cui ha scoperto che le penne non servono solo per grattarsi il naso. Lettore consumato di Topolino dalla prima giovinezza, cresciuto a pane e Pikappa, si autoproclama letterato di professione in mancanza di qualcosa di redditizio. Coltiva il sogno di sfondare nel mondo della parola stampata, ma per ora si limita a quella della carta igienica. Assiduo frequentatore di beceri luoghi come librerie e fumetterie, prega ogni giorno le divinità olimpiche di arrivare a fine giornata senza combinare disastri. Dottore in Lettere Moderne senza poter effettuare delle vere visite a domicilio, ondeggia tra uno stato esistenziale e l'altro manco fosse il gatto di Schrödinger. NIENTE PANICO!