Il ritorno di uno dei grandi capolavori dimenticati di Nintendo

Conoscete tutti la nostra posizione qui a Stay Nerd in merito alla riproposizione in salsa HD, 3D, Laser Disc bla bla di vecchi giochi. Più e più volte ci siamo pronunciati a riguardo, approcciando ogni singola riedizione con un misto di ribrezzo e noia. Purtroppo da un po’ di tempo a questa parte le software house stanno veramente facendo di tutto per farci ricredere. Già poche settimane fa avevamo ben parlato di Grim Fandango, fottutissimo capolavoro che dopo venti e più anni di inattività è ripiombato nelle nostre console e sui nostri PC per spiegare al mondo intero cosa vuol dire mettere in piedi un’avventura grafica degna di questo nome. E da un capolavoro inestimabile passiamo a un’altra pietra miliare dei videogame. il secondo capitolo di Zelda uscito per Nintendo 64, quel Majora’s Mask che all’epoca se la vide con il campione di vendite Ocarina of time. E questa volta come se la cava il vecchio Link? Sente il peso degli anni o ha ancora qualcosa da dire al mondo videoludico?

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Tre giorni per morire

Majora's Mask 3D recensioneLa trama è cosa nota, parliamo di una storia raccontata per la prima volta nel 2000 e che ha avuto una risonanza enorme. E’ la continuazione apocrifa di Ocarina Of time. La chiamo apocrifa non perché non ufficiale, ma per l’ambientazione, la presenza e l’assenza di certi personaggi cardini di the Legend of Zelda. La storia è ambientata a Termina (che non è una versione medievale della famosa stazione ferroviaria romana), un luogo alternativo a Hyrule, il tipico setting geografico della serie, . Non è un vero e proprio mondo, visto che Link ci arriva a cavallo e non viaggiando attraverso warp temporali o varchi interstellari. Ho sempre pensato che fosse un altro continente del Magico Mondo Delle Triforza, visto i punti di tangenza con il vecchio continente dove era ambientata Ocarina of Time. Le razze che ci vivono (i Goron, i Deku, gli Zora) esistono anche ad Hyrule, così come la valuta e il sistema di scambi. Quello che c’è di diverso è la maledizione che incombe su tutti gli abitanti del luogo: una luna dallo sguardo spiritato e folle e un sorriso famelico che le taglia in due la faccia scende inesorabilmente verso la superficie, minuto dopo minuto, fino alla distruzione totale di tutto quello che vive sulla terra. Questo è il cuore di tutta la storia, insieme alla figura inquietante di SkullKid, un ragazzo che si è impossessato della maschera di Majora, un artefatto dai terribili poteri. E chi è investito della missione di dover mettere le cose a posto? Inutile anche dare una risposta, perché altrimenti non avreste per le mani il gioco.

Majora's Mask 3D recensione

La cosa fantastica della narrazione in Majora’s Mask è la sua frammentazione assoluta. Considerate che vivrete sempre gli stessi tre giorni e in quel piccolo lasso di tempo dovrete riuscire a scoprire il mistero dietro SkullKid e la Luna cadente. Dovrete montare uno alla volta tutti pezzi del puzzle, godendovi i cambiamenti permanenti che le vostre azioni avranno sulla geografia del luogo e sull’andamento del racconto. Badate, non è la peggior storia che vedrete, neanche la migliore in assoluto, ma è coerente con la filosofia zeldiana e rientra perfettamente nei canoni delle precedenti avventure. Il vero problema delle scelte narrative fatte in questo titolo sta tutto nello spezzettamento in tante subquest, talvolta obbligatoriamente mordi e fuggi (visto il timer dei tre giorni) altre volte invece diluite in passaggi da dover ripetere di volta in volta per racimolare tutti gli indizi. Quindi, entrare nella storia di Majora’s Mask, di SkullKid e degli abitanti di Termina vi richiederà un po’ di fatica e forse un po’ di tenacia, ma sicuramente non vi lascerà perplessi o insoddisfatti. Arrivare al termine di questa avventura di Link sarà un gran piacere, tanto ora quanto 15 anni fa.

Come passa il tempo quando uno si diverte

3DS_ZeldaMajoras-Mask_1107_031-524x334Majora’s Mask offre esattamente ciò che tutti i videogiocatori che hanno dimestichezza con la serie di Zelda si aspettano, ora come al momento della sua prima pubblicazione. Potete trovare lo Z-targeting, i campi aperti ma non troppo, i mostri che si muovono indolenti in giro per il mondo, un senso di magia permanente a ogni inquadratura, il ciclo giorno/notte (che è un caposaldo del gioco), combattimenti a suon di spada e dungeon. Insomma è uno Zelda solido e ben piantato che non tradirà le aspettative di nessuno. Il gameplay era identico a quello di Ocarina of time e come tale si porta  dietro ben 15 anni di esperienza. Per il remake non è stato modificato, a parte adattarlo al layout dei tasti del 3DS. Aonuma ha fatto un lavoro molto sottile. La difficoltà, secondo quanto ammesso da lui, è non soccombere al confronto con il se stesso di 15 anni prima. Infatti, rivedere il proprio gioco, la propria creatura, sezionarla per rifarne un ritratto in 3D, gli ha fatto notare quali errori e quale scelte un po’ strane (e anche discutibili) aveva fatto nel programmarlo la prima volta. La tentazione di cambiare tutto e mettere il vecchio videogame in linea con le sue attuali visioni di gameplay è stato sicuramente forte, ma per fortuna (sì, per fortuna!) non ha ceduto e ci ha lasciato giocare il titolo in massima parte come lo aveva concepito a suo tempo.Certo, è stato fatto un lavoro di limatura e smussamento degli angoli, per avvicinare il gioco alla sua fruizione su una console portatile, abbattere tutti i tempi morti e le ripetizioni (come quando il Deku della Torre dell’orologio di presenta a Cronopoli: vista una volta, si può skippare la scena, grazie al cielo!) Inoltre le Boss Battle sono state riviste e ricalibrate, e scusate se è poco! Così anche chi ha giocato la vecchia edizione per N64 (e se ne ricorda ancora…) potrà lo stesso rimanere sorpreso e intrigato da questa riproposizione moderna. Tutto quello che invece ha reso grande nel 2000 il gioco è rimasto invariato.

zelda majora

In Majora’s Mask viene ulteriormente approfondito e migliorato il sistema di mascheramento che già era presente in Ocarina of time. Quello che però nel capitolo precedente era solo un amminicolo da sub quest, in Majora’s Mask diventa la colonna portante del gameplay. Le maschere rendono Link a tutti gli effetti una persona (o una creatura) diversa e questo influisce sul comportamento delle persone con cui il ragazzino verde interagisce, influisce su quello che può fare e su come l’ambiente reagisce alle sue azioni. La collezione delle maschere è un punto importantissimo di tutto il gioco e per trovarle tutte dovrete davvero sudare e dar fondo a tutta la vostra esperienza da videogiocatore: ogni quest (principale o secondaria) di una certa importanza vi fornirà una maschera come premio. Un altro importante caposaldo di questo gioco, e forse il meno capito o citato, è il sistema di baratto. Molte cose all’interno di majorasmaskTermina dovrete ottenerle scambiandole con altri oggetti, in un sistema di propedeuticità molto capillare. Già all’inizio vi misurerete con un cespuglio Deku che chiede di scambiare il suo possedimento cittadino con una pietra preziosa. Una volta completata questa fase, il contratto di locazione del vostro cespuglio vi servirà per un altro baratto e via di seguito. E’ un sistema molto giapponese e filosofico di impostare l’avanzamento del gioco: per ottenere qualcosa di bello, bisogna contemporaneamente privarsi un altro oggetto. Per arrivare alla felicità, bisogna allo stesso modo donarne dell’altra. Questo gioco è impregnato di queste piccolezze filosofiche, che lo rendono tra i capitoli più adulti e profondi senza ombra di dubbio. Tra le tante innovazioni introdotte in questo porting, va menzionato per forza il Taccuino dei Bomber (potenziato), una sorta di lista delle quest e delle notizie che vi aiuterà a districarvi tra le mille mila cose da fare in questo gioco. Appare paradossale, ma nonstante il tempo limitato, le richieste da parte dei PNG, le informazioni raccolte qua e là, le evoluzioni della trama continueranno ad impilarsi nel vostro taccuino come se nulla fosse. Riuscire a finire tutto richiederà pazienza e nervi saldi.

Pictografo

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Dovevamo arrivare prima o poi al versante tecnico e sicuramente è il paragrafo che alcuni di voi più stavano aspettando. D’altronde il titolo stesso mette l’enfasi sul passaggio a un altro tipo di hardware, urlando il 3D al mondo intero direttamente dalla copertina della cartuccia. Per tagliare la testa al toro, il 3D è tanto bello quanto inutile. Non smetterò mai di dirlo: non c’è bisogno di giochi 3D. Basta dare un’occhiata in metropolitana o in qualunque fiera con area 3DS: tutti gli slider della tridimensionalità sono a zero. Questo non è perchè il 3D sia sorpassato o sia fatto male (almeno per quel che riguarda Majoras’s Mask), ma perchè davvero non aggiunge niente di più a un’esperienza di gioco appagante e divertente. Non è funzionale a niente di quello che accade sullo schermo e secondo me serve 0uWTNddn massima parte a sorprendere la nonna a cena. Una volta esaurito il discorso 3D, passiamo all’aspetto più meramente grafico: è encomiabile quello che i programmatori siano riusciti a tirare fuori. Il passaggio dal Nintendo 64 al 3DS è stato un toccasana per l’intero mondo di Termina. I cieli hanno preso colore e le nuvole sono diventate stratificate e reali, i ciuffi di erba sono finalmente cresciuti e diventati tangibili! Insomma, non è sicuramente una gioia per gli occhi come alcuni dei titoli più blasonati e recenti della console Nintendo, ma lo stesso non sfigura e non lascia il sapore di retrogaming che uno potrebbe aspettarsi. I ragazzi della sezione tecnica hanno reso Link meno spigoloso e più espressivo, e con lui tutti i personaggi principali, come le fate e i boss. Un po’ meno invasivo è stato il lavoro di lifting eseguito sul resto della popolazione di Termina, fermo restando che il miglioramento è tangibile e visibile. Anche la colonna sonora è stata rimixata in maniera da farle perdere l’aspetto low-fi, elettro-pop che si poteva udire nella vecchia edizione. Il risultato è bello e affascinante, ma non è ovviamente comparabile con le tracce interpretate dall’orchestra di Londra.

Viaggio al termine della notte

Ma allora, questo remake è stato una cosa giusta o una commercialata epocale? Innanzitutto specifichiamo che qui ci troviamo di fronte a una vera e propria riprogrammazione del gioco per girare su un hardware diverso. Anni fa il gioco era comparso anche su GameCube, ma badate che quello era il codice originale N64 accoppiato selvaggiamente con un emulatore software, senza nessun abbellimento o altro tipo di aggiunta. Se chiedete a un retrogamer incallito se la Nintendo ha fatto bene a rifare Majora’s Mask, allora lui si lacererà le vesti e si strapperà il cuore, urlando che se davvero volete a giocare a Majora’s Mask allora dovreste tutti, TUTTI, comprare un N64 e usare la cartuccia originale. E forse ha anche ragione. Ma la realtà dei fatti è un’altra. Il porting fatto per questo capitolo ha un valore storico indefinibile. Majora’s Mask, e anche Ocarina of time, sono delle vere e proprie pietre miliari della produzione videoludica mondiale, pezzi da novanta che al cinema sarebbero paragonati a film come Quarto potere o Il Dittatore, tanto sono stati seminali e perfetti. La scelta fatta da Nintendo è giusta nella misura in cui ha permesso (e sta permettendo) alle generazioni attuali di godere di un gioco senza tempo, sempre attuale e perfettamente riconoscibile.

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A tutto ciò aggiungiamo che la proposta di comprare tutti un bel N64 più gioco è quanto mai remota, visto il prezzo sconvolgente che questi due apparecchi raggiungono nelle varie aste online. D’altronde da dove sono venuti i concept per i due Dark Siders? E’ bene ricordare che certe formule di gioco sono sempreverdi se implementate in un teatro di gioco degno di questo nome. Per quel che mi riguarda, il titolo in questione è un capolavoro, ma va giustamente ridimensionato in base agli anni che si porta appresso. Non siamo i ragazzini di tanti anni fa che rimanevano senza fiato di fronte al mondo aperto di Termina, che vedevano i dungeon e i combattimenti con i boss con l’occhio rapito di… beh, di un bambino. Ora di acqua sotto i ponti ne è passata un bel po’ e siamo un po’ più disincantati, anche se ancora riusciamo a meravigliarci di Majora’s Mask, ma per motivi diversi, perchè nonostante tutto ne sentiamo a fondo il peso che questo gioco ha avuto sulla nostra cultura di videogiocatori. Inoltre, come ho già accennato, il remake ha il pregio di aver evitato la patina da retrogame che avrebbe comunque allontanato una buna fetta i utenti, creando un titolo nuovo senza quasi cambiare nulla da un capolavoro vecchio. E non è cosa da tutti!

Eugene Fitzherbert
Vittima del mio stesso cervello diversamente funzionante, gioco con le parole da quando ne avevo facoltà (con risultati inquietanti), coltivando la mia passione per tutto quello che poteva fare incazzare i miei genitori, fumetti e videogiochi. Con così tante console a disposizione ho deciso di affidarmi alla forza dell'amore. Invece della console war, sono diventato una console WHORE. A casa mia, complice la mia metà, si festeggia annualmente il Back To The Future Day, si collezionano tazze e t-shirt (di Star Wars e Zelda), si ascolta metal e si ride di tutto e tutti. 42.