Ancora una volta Remedy e Sam Lake ci consegnano un titolo che invecchierà difficilmente, e che, nonostante qualche angolo un po’ in ombra, brilla decisamente di luce propria.
Se conoscete le opere di Remedy, bastano pochi istanti per accorgersi che Control è un’opera di Sam Lake. Come varcherete la soglia della FBC (Federal Bureau of Control), con Jesse, subito verrete pervasi dalla tipica atmosfera che solo il creativo finlandese è in grado di infondere nei suoi giochi.
Quel mood “lynchiano” e disorientante che da subito entra sottopelle e riesce a trasformare l’incipit di una vicenda apparentemente lineare, come una donna in cerca del fratello, in una situazione criptica piena di allusioni misteriose. Come sempre, il racconto didascalico non è roba di Remedy, che invece conta moltissimo sull’attenzione del giocatore, chiamato ad interpretare parole, fatti e dettagli. Non c’è retorica in Control ma solo tanta introspezione, altro marchio di fabbrica del team di sviluppo, sempre molto dedito a lasciar spazio ai pensieri del proprio protagonista.
Ma quindi di cosa parla Control in realtà? Non si può dire, ed è proprio questo il bello. Perché siamo moralmente obbligati a preservare un elemento che è fonte dei maggiori stimoli che vi riserverà l’esperienza, e perché è formalmente impossibile definirlo in poche parole, visto la stratificazione con cui armoniosamente Remedy riesce a collegare trama orizzontale e world building.
Si parla di una misteriosa forza paranormale sfuggita al controllo del personale di questa misteriosa agenzia, ma si parla anche di paranormale in generale, e non solo di fantasmi, ma di sinergie sovrannaturali, di potenzialità telecinetiche, di piani dimensionali misteriosi che governano timori, credenze, follie e folklore in tutto il globo. Tutto contestualizzato, teorizzato e inserito con fantasia ed estro nella sceneggiatura di gioco, capace di essere tanto enigmatica e fantascientifica nei temi trattati quanto credibile e minuziosa nel renderli coerenti con gli eventi raccontati.
Eventi che si appoggiano su un background sconfinato, ma non sbattuto in faccia al giocatore, che avrà l’onere e l’onore di scoprirlo con piena partecipazione. Control dona il meglio di sé infatti solo all’utente più diligente che osserva e studia quello che il gioco offre. Non ci sono spiegoni chilometrici preventivi nel viaggio di Jesse nei meandri del gargantuesco edificio esplorato -nossignore- lo stretto indispensabile ci viene detto solo a tempo debito, e la comprensione dello stesso sarà sempre subordinata ai puntini che autonomamente saremo in grado di collegare tra le decine di file e video rilevati sul posto, e l’attenta osservazione dell’ambiente circostante.
Dettagli apparentemente inspiegabili che vanno a comporre un quadro finale ricco di sotto testi e risvolti narrativi non scontati e carichi di significato, in grado da farci rimuginare sugli eventi per molto tempo anche dopo l’endgame. Eppure la natura così cerebrale e meticolosa di Control convive con un’anima più anarchica, esplosiva e senza briglie, che in qualche modo lo definiscono come un prodotto schizofrenico ma che ne rende anche il timbro estremamente personale.
Fuori Controllo
Questa è rilegata essenzialmente al gameplay. Control infatti nonostante le sue ambizioni narrative è un gioco estremamente solido e per nulla limitato dalle sue esigenze di genere narrative. L’esplorazione dell’enorme Agenzia si sviluppa attraverso diverse mappe di media grandezza che dividono i vari settori dell’edificio estremamente complesse. Da questo punto di vista, Control propone un’ambientazione ariosa, a tratti labirintica, letteralmente sconfinata, fatta di tanti affascinanti geometrie, asettiche, ricercate, sempre diverse ma in qualche modo coerenti stilisticamente.
Al di là del percorso stabilito dalla main quest, sono molti i momenti in cui sarete liberi di girare a vostro piacimento nell’intera struttura, e spesso anzi il backtracking e incentivato dalle possibilità che acquisite nel tempo, siano esse chiavi di livello superiore per aprire porte prima chiuse o nuovi poteri in grado di farvi raggiungere zone altrimenti inaccessibili. Un parco gioco in cui si consuma un action shooter ricco di sfaccettature ma che risulta anche l’aspetto meno brillante e forse più disimpegnato dell’intera produzione. Come sicuramente sapete tutti, la “gimmick” di Control sono i poteri sovrannaturali che la nostra Jesse acquisisce con un espediente fortemente legato alla trama.
Essi permettono sostanzialmente di espandere la mobilità della protagonista, scattare, fluttuare, farsi scudo e soprattutto utilizzare letteralmente ogni elemento del fondale come proiettile di lancio. A questo si unisce l’arma di ordinanza capace, previo sviluppo, di trasformarsi per coprire le più tipiche esigenze “di balistica” degli shooter, ovvero quelle di una pistola, fucile, arma di precisione, mitraglietta e lanciarazzi. Tutto poi ruota intorno alla fisica incredibile che rende quasi ogni cosa come detto, utilizzabile come arma di lancio, ma anche distruggibile. Gli scontri quindi sono da questo punto di vista altamente spettacolari ma in molti casi, con tanti elementi a schermo che esplodono in pezzi e volano da tutte le parti, anche un po’ confusi.
C’è un approccio alla lotta sempre molto aggressivo, poco incline alla tattica e questo in qualche modo spiazza. I nemici sostanzialmente si dividono in classi ma sono quasi senza IA ed è difficile giocare di fino, riducendo per lo più il mood dei combattimenti ad una “gara di prepotenza” tra i voi e i nemici che arrivano a spararvi anche letteralmente razzi in faccia. Andando avanti quindi, sebbene sia sempre possibile sfruttare le verticalità dell’arena di combattimento, un po’ per la conformazione blanda delle “truppe nemiche”, un po’ per una non troppo ispirata formazione degli stessi, un po’ per la telecamera non sempre disciplinata, un po’per alcuni problemi tecnici, come un pessimo frame rate che in qualche modo compromettono la responsività delle vostre performance, la parte shooter del titolo risulta quella “più debole” dell’offerta, nella misura in cui tutto il resto tocca soglie raramente raggiunte.
Pochi stimoli per cambiare realmente approccio che non sia lo sfruttare il cool-down dell’arma (niente proiettili da recuperare) e quello dei vari poteri telecinetici alternandoli a vicenda. Nonostante gli sforzi degli sviluppatori di variare la tipologia di avversari e di darvi svariate opzioni di ingaggio, gli scontri sono un po’ ripetitivi alla lunga, anche se mediamente sempre divertenti in virtù dello spettacolo offerto.
Eppure è chiaro che, come detto in precedenza, questa straniante dicotomia tra una narrativa crepuscolare, pacata, meticolosa, sottile, capace di rivelarsi attraverso decine e decine di file di testo da leggere, e il gameplay così dinamico, esplosivo, esasperato, frenetico, siano una cifra stilistica che definisce il prodotto Remedy e risponda più che all’incapacità di coniugare in modo coerente le due anime, ad una chiara impronta stilistica. Non a caso, quelle brevi sezioni in cui il contesto si adegua in tutte le sue parti a tale vivacità ludica (in termini di momento narrativo, musica, scenografia ecc.) compongono alcuni dei momenti più memorabili dell’esperienza.
Control è una lucida follia, che riesce a contestualizzare il paranormale in tutte le sue forme in maniera estremamente creativa e senza dubbio intrigante, trovando spazio per indagare se certe forme di inconscio collettivo e sulle conseguenze della realtà plasmata da esse, ma che trova una valvola di sfogo (voluta?) per momenti estremamente più disimpegnati e quasi catartici nei combattimenti. Gli stessi elementi semi randomici legati ad alcune quest secondarie e al loot delle modifiche suggeriscono quanto Control voglia infilarvi in un loop ludico di cui, paradossalmente, non potete avere il pieno e totale controllo. C’è di che divertirsi, e alla grande, ma tutto rimane subordinato e funzionale al fantastico setting, quasi onirico, incapace di essere afferrato fino alla fine, costantemente sfuggente (anche nei piccoli dettagli come i nomi dei più semplici componenti per il crafting).
Control è per certi versi un titolo dal sapore unico, di cui solo Sam Lake conosce la ricetta. L’avanguardia provata a portare in tutti i suoi elementi è innegabile. Nel versante tecnico purtroppo il risultato è altalenante, con una fisica incredibile, che porta suo malgrado però ad uno scompenso delle prestazioni grafiche spesso troppo debilitante, e che inoltre non trova una collocazione in termini di gameplay altrettanto brillante.
Sul piano della scrittura e della costruzione di un immaginario intrigate, maturo, complesso ma raccontato in maniera snella, e per di più ricco di significato, siamo però decisamente ai vertici del medium videoludico. Poco ma sicuro.