Gli esordi di due gruppi di amiche speciali: Witch e Winx
Nei primi anni Duemila avvenne il mio primo personale approccio con fumetti che non fossero Topolino (nulla contro Topolino, o meglio, preferisco Paperino ma avete capito).
Nelle edicole che pullulavano di giornaletti come Cioè, colmi di poster, interviste più o meno reali a star famose e test strambi, si potevano trovare mensilmente gli spillati di un gruppo di ragazze cui vengono affidati dei poteri magici per proteggere la Terra, le W.I.T.C.H. (da qui in poi, per semplicità, Witch). Partorite dalla fantasia di Elisabetta Gnone, erano protagoniste del primo fumetto italiano per ragazze prodotto da Disney. Il fumetto prese vita nel 2001 e in pochi anni ottenne un successo internazionale, che gli fece ottenere numerosi prodotti di merchandise, un manga nel 2003 e un cartone animato nel 2004.
Proprio in quell’anno, in TV approdò un’altra combriccola magica: le Winx. Create da Iginio Straffi e dallo studio Rainbow, sono aspiranti fate che studiano in una scuola per acquisire maggior conoscenza dei loro poteri e sconfiggere il male che minaccia la Dimensione magica. Anche loro acquisirono un enorme successo, che portò alla creazione di ben otto stagioni, tre film, tantissimi prodotti per l’infanzia riportanti il marchio Winx e presto perfino un adattamento live action a cura di Netflix, previsto per il momento per il 2020.
All’improvviso, si scatenò una grande rivalità fra i due brand, o perlomeno fra i loro fandom, cosa che sopravvive tutt’oggi in noi eterne bambine. Per quali motivi? Cosa rendeva le Witch migliori delle Winx o viceversa? Lo ammetto, per me le migliori erano e restano le Witch ma cercherò di essere oggettiva nel confronto fra due prodotti italiani che, contro ogni aspettattiva, sono diventati tra i più famosi al mondo.
Witch e Winx: nascono, crescono, si trasformano
Entrambi i brand nascono da due giochi di parole.
Witch non è altro che l’unione delle lettere iniziali dei nomi delle protagoniste, nonostante queste non siano poi considerate delle “streghe”: Will, Irma, Taranee, Cornelia, Hay Lin. È proprio quest’ultima, in quanto la più fantasiosa del gruppo, a ideare questo acronimo, anche se non viene quasi mai usato dalle ragazze. Il nome Winx, invece, è come si definiranno Bloom e le sue amiche, quando la ragazza la inventa modificando la parola inglese Wings, ali, sostituendo -gs con una -x finale che, graficamente, può ricordare le ali da fata.
I due gruppi, in questo modo, creano un legame e da questo momento è come se accettassero e facessero proprio il destino che le attende. In particolare, infatti, le Witch divengono le Guardiane della Muraglia tra i vari mondi di cui Kandrakar è il crocevia: qui risiede l’Oracolo, un’entità oseremmo dire quasi ispirata ad un Buddha, che conosce passato, presente e futuro e affida alle ragazze la protezione dei mondi. Le Winx arrivano ad Alfea, la scuola per fate di Magix, per studiare e diventare fate complete ma finiscono per combattere con nemici che vogliono il potere assoluto sulla Dimensione Magica.
Gli scopi dei due gruppi, perciò, sono differenti, così come i loro mondi, le persone che li abitano e che le aiuteranno, i loro poteri e i nemici stessi.
Similitudini e differenze
Kandrakar e Magix sono due luoghi dai ruoli molto diversi. Il primo è una sorta di Fortezza, nella quale si radunano i saggi della Congrega, gli esseri più potenti dei mondi divisi dalla Muraglia, e dove vengono custodite le essenze dei poteri delle Guardiane. Non è solo un crocevia tra gli universi ma un vero e proprio luogo sacro, d’ispirazione palesemente orientale, che non può e non deve essere invaso dal Male, che altrimenti raggiungerebbe anche gli altri mondi. Magix, pur essendo un incrocio per i vari mondi magici, sembra essere più simile ad una comune città della Terra: ci sono mezzi di trasporto, palazzi e grattacieli, addirittura un suo sistema monetario e, come sappiamo, è ospite di ben tre scuole di magia (vi ricorda qualcosa?).
Come intuibile, infatti, Magix è abitata non solo dalle fate di Alfea ma anche da streghe, che frequentano la scuola di Torrenuvola, dagli Specialisti (con i quali si legheranno le Winx) che vanno invece a Fonterossa e altre varie creature come le Pixie, di cui faremo la conoscenza nella seconda stagione di Winx Club.
Infatti un’altra differenza è che mentre il gruppo delle Witch rimane composto da cinque Guardiane (soprattutto perché legate agli elementi) e subiranno pochissime modifiche come team, le Winx invece acquisiscono un nuovo membro fisso, Aisha, e creano il bonding con le Pixie, che possiamo quasi considerare una loro versione miniaturizzata simile allo stile chibi giapponese, e con altre creature con l’avanzare delle stagioni.
Anche in Witch, tuttavia, abbiamo personaggi di supporto (come Orube, proveniente da Basilea) e i ragazzi, con una sostanziale differenza: ad eccezione di Caleb, il primo love interest di Cornelia, gli innamorati delle Witch non sono a conoscenza dei loro poteri, meno che mai dell’esistenza di altri mondi e della magia stessa.
Inoltre rispetto alle Winx che semplicemente nascono già dotate di poteri e come gruppo sono unico e tutto nuovo nell’ambiente di Alfea, nel caso di Witch c’erano già state delle Guardiane prima delle nostre beniamine: la storia di Nerissa, una dei nemici che affronteranno le Witch, ci farà capire che il Cuore di Kandrakar e i poteri che questo porta con sé sono una sorta di eredità donata a chi ne è meritevole. Nerissa, infatti, fu custode del Cuore come Will ma, al contrario di quest’ultima, non seppe sostenere l’importanza di questo ruolo, poiché assetata di potere.
Altro aspetto da non dimenticare, infatti, è la continua varietà di nemici delle Witch. Anche nelle Winx il cattivo principale di ogni stagione è diverso ma, tranne nella quarta, sono sempre presenti anche le loro “nemiche giurate”, ovvero le Trix, un trio di streghe di Torrenuvola arroganti e perfide.
Il declino
Le Winx sembra non abbiano ancora perso il proprio appeal, vista la recentissima notizia della serie live-action. Al contrario delle Witch, sono riuscite a superare due decadi nelle quali il target di entrambi i brand è cresciuto, subendo il classico ricambio generazionale. Io per prima smisi di leggere Witch molto presto, intorno al numero 50 di 139 totali. C’è sicuramente da incolpare la mia scarsa conoscenza in materia di pubblicazioni mensili, tuttavia, proprio dopo tale traguardo della rivista, si poté notare un calo di qualità nel fumetto dovuto a varie motivazioni.
La storia editoriale di Witch è stata un po’ travagliata: se assumiamo che la serie sia composta da undici archi narrativi, solo le primissime storie vennero scritte dalla creatrice del gruppo, Elisabetta Gnone, e disegnate da artisti di grande fama unitisi al progetto, ovvero Barbara Canepa e Alessandro Barbucci (Skydoll, Monster Allergy) con al loro fianco lo story-editor Francesco Artibani e la sceneggiatrice Teresa Radice. La perdita di queste figure di rilievo fece sì che le varie storie, che più o meno si concludevano nell’arco di un anno, avessero buchi di trama (a volte parecchio consistenti, come la scomparsa ingiustificata di alcuni personaggi secondari tra cui ben due ragazzi sui quali le sceneggiature si erano concentrate parecchio in alcune occasioni) e una crescita lentissima, per non dire inesistente, delle protagoniste.
Così si arrivò con grande fatica ad una serie di storie brevi autoconclusive sotto il nome di 100% Witch, praticamente dei filler riguardanti la vita quotidiana delle ragazze, giustificati probabilmente dal fatto che ormai il target originale stava crescendo e, come dicevamo, c’era necessità di acquisire nuove fan. Il magazine subì, a questo punto, una profonda trasformazione: non solo i chara design cambiarono, sfruttando la tecnica digitale e alterando alcune caratteristiche, ma la rivista assunse i connotati di una sottospecie di giornaletto per adolescenti, riducendo drasticamente il numero di pagine di vero fumetto, che invece rasentava sempre più livelli di sceneggiatura ridicoli fino ad una conclusione pessima.
Lo stesso problema venne affrontato dalle Winx ma non prima delle controversie suscitate fin dal loro esordio: dato il chara design, il cartone venne accusato di proporre un’immagine sessista della donna. C’è da dire che punto vita stretto, gambe lunghe e labbra carnose, ovvero le feature comuni a tutte le Winx, ricordano quelle dei manichini di moda e, visto il palese intento di avvicinarle al mondo fashion, il design parrebbe giustificato. Inoltre, secondo Iginio Straffi, ognuna di loro è ispirata ad una donna dello showbiz: ad esempio, Bloom a Britney Spears, Flora a Jennifer Lopez, Aisha a Beyoncé (questo rapporto con la cultura pop dell’epoca, tra l’altro, è proprio caratteristica della serie Winx Club).
A proposito di Aisha, tuttavia, va detto che sembra essere quella ad aver subito il peggior trattamento, soprattutto proprio attraverso il restyling: si nota infatti quasi una specie di whitewashing in alcuni artwork. Come tutte, poi, i tratti sono diventati più infantili appositamente per attrarre nuovamente un pubblico più piccolo che doveva andare ad unirsi allo zoccolo duro di fan ancora esistente, specialmente quello americano, nonostante non sia del tutto soddisfatto dalle ultime stagioni: le fate non sembrano essere minimamente cresciute e, anzi, si trovano ancora ad Alfea in uno status di studentesse perenni (sembra quasi la condizione tipica dello studente universitario, difficile che delle bambine possano immedesimarsi).
Il potere magico della nostalgia
Eppure siamo ancora qui, a parlare di entrambi questi titoli che hanno fatto la storia della nostra infanzia e adolescenza e, soprattutto, delle produzioni per le ragazze in Italia. Per quale motivo?
Nonostante tutti i difetti, di cui ci accorgiamo maggiormente ora che siamo adulti e in grado di rileggere i titoli del nostro passato con occhio critico, Witch e Winx avevano degli intenti educativi precisi (che poi siano stati più o meno recepiti, sta a noi e alla nostra coscienza!). Winx si concentrava in particolare sull’amicizia fra le ragazze stesse e le creature a loro legate, promuovendo insieme sincerità e fiducia in sé stesse. Tutte le loro trasformazioni, acquisite tramite prove nelle quali le Winx imparano qualcosa, potremmo considerarle una rappresentazione grafica del girl power, sentimento che possiamo ritrovare ancor più evidente, a mio parere, in Witch.
Questo innanzitutto perché l’amore, per quanto contemplato, non è fra i primi interessi del gruppo e della serie. Witch, a causa del target più grandicello, è giustamente più riflessivo: Will e le sue amiche si chiedono, dopo le prime avventure, se siano adatte a ricoprire il ruolo di Guardiane, affrontano diverse questioni morali (basti pensare al caso delle gocce astrali o semplicemente alla storia di Meridian), oltre a doversi barcamenare tra una vita scolastica normale e situazioni familiari più o meno difficili e diverse fra loro, dimostrandosi più padrone di sé stesse e consapevoli di avere nelle proprie mani il proprio futuro.
Infine, una delle cose forse più importanti per delle bambine che si approcciano al mondo dell’intrattenimento in maniera meno passiva: entrambi i gruppi magici mostrano e dunque insegnano il concetto di inclusione. In Witch abbiamo Taranee e Hay Lin, rispettivamente dai tratti afro e orientali, in Winx lo stesso avviene con Aisha e Musa. Così ogni bambina poteva riconoscersi non solo caratterialmente ma anche fisicamente in qualcuna di loro e immaginare di avere poteri magici. E se già questo era ritenuto importante nei primi Duemila, dopo vent’anni ora lo è più che mai.
La magia esiste nella fantasia di ognuno di noi, va coltivata fin da piccoli e nutrita anche da adulti, con tutti i pro e i contro di prodotti ormai (purtroppo) non più destinati a noi.