Adam Driver: il volto nuovo di Hollywood
C’è un volto particolare che sta pian piano, silenziosamente, conquistando Hollywood: è quello di Adam Driver. Questo spilungone di quasi 1 metro e 90, a 36 anni è già una certezza per tutti i registi che lo assoldano nelle loro produzioni, affidandogli spesso il ruolo di protagonista.
Conosciamolo però un po’ meglio. Adam Douglas Driver nasce nell’83 a San Diego, ma si trasferisce da piccolo in Indiana con la madre. Suo padre è un pastore battista, quindi il ragazzo cresce in un ambiente prettamente religioso, tuttavia sarà proprio questo a favorire la sua passione per la recitazione, poiché inizia a frequentare il teatro, dapprima cantando nel coro della chiesa ma facendo maturare questo interesse anche a scuola, dove partecipa a molti spettacoli.
In casa Driver vietavano di vedere a un certo tipo di film, e così il fascino del proibito ha iniziato a farsi strada nell’animo del giovane, che scopre la settima arte insieme ai suoi amici, fuori dalle mura casalinghe e si appassiona per esempio al cinema di Scorsese e a quello di Jarmush (il destino, poi, gli farà un bel regalo), ma anche a quello di Fincher e soprattutto a Fight Club, al punto di creare proprio un fight club con gli stessi amici, dal nome Celebrations Unlimited.
A questo punto il suo cammino prende un percorso quasi inaspettato. Dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, l’appena diciottenne Adam Driver decide di servire la sua nazione arruolandosi come volontario nei Marines, e ci resta per due anni e mezzo. Qui però succede nuovamente qualcosa di inatteso, poiché prima di partire per una nuova missione in Iraq, Driver si fa male in un incidente in bicicletta e viene congedato.
La carriera militare è ormai accantonata, ma il ragazzo è fortemente determinato a fare qualcosa di importante nella vita, e prova a frequentare l’Università di Indianapolis, sebbene sul suo destino ci sia ancora un nuovo contrattempo, stavolta però benevolo. Viene infatti ammesso al corso di arte drammatica della Juilliard School di New York, dove si laurea, e dopo il quale inizia a recitare in spettacoli a Broadway e non solo.
La carriera di Adam Driver, di fatto, prende il via nel 2012 poiché dopo qualche sporadica comparsata in alcune serie TV e in qualche film, il suo particolare volto diventa noto grazie a Girls, show ideato e interpretato da Lena Dunham. Quello di Driver è uno dei ruoli principali: nella serie, infatti, interpreta Adam Sackler, ragazzo di Hannah, che fa il falegname ma vorrebbe diventare un attore. Dietro le quinte, Adam Driver è invece semplicemente un attore che vuole diventare un grande attore.
E ci riesce ben presto perché dal 2012 al 2015 partecipa a tantissimi film, spesso diretti da registi importanti, come nel caso di Lincoln di Steven Spielberg o A proposito di Davis dei fratelli Coen, o ancora Hungry Hearts, film italiano di Saverio Costanzo ma con un cast multietnico e soprattutto uno dei primi ruoli da protagonista per Driver, che recita al fianco della “nostra” Alba Rohrwacher.
Da Star Wars allo Star System
Il successo e il definitivo salto nello Star System arriva però, paradossalmente, con un vestito ed una maschera che coprono per parte del film il suo aspetto particolare, quelle caratteristiche fisiche che rendono unico l’antidivo Adam Driver. Ci riferiamo, ovviamente, a Star Wars – Il risveglio della forza.
Un ruolo di villain è ciò che sembra più lontano possibile da quest’attore, ma quella di J.J. Abrams è la mossa giusta, che gli affida la parte di Kylo Ren, e Driver è bravissimo nel destreggiarsi con un personaggio instabile, difficile da controllare, con un grande conflitto interiore che l’attore riesce a mettere in luce nel modo giusto.
È decisamente la svolta per Adam, che continua a imporre la sua ingombrante presenza sui vari set hollywoodiani, da Silence di Scorsese a La truffa dei Logan di Soderbergh fino a BlackKklansman di Spike Lee e L’uomo che uccise Don Chisciotte di Terry Gilliam, e non solo.
Praticamente nel giro 7 anni l’attore ha già recitato con quasi tutti i migliori registi presenti in circolazione, e andando a memoria non ci vengono in mente molti altri colleghi di Driver che possano vantare un simile curriculum vitae. Gli ultimi due film citati sono poi particolarmente importanti per la sua carriera: BlacKkKlansman soprattutto, perché gli consente di ottenere la prima candidatura all’Oscar (migliore attore non protagonista); la prima di tante che arriveranno nel futuro, ci viene da dire.
Il film di Spike Lee è stato apprezzatissimo da buona parte della critica, grazie ad un’ottima mescolanza di satira politica, narrazione e blaixploitan, sebbene forse il regista calchi un po’ troppo la mano su alcuni aspetti rendendo il tutto eccessivamente metacinematografico e azzerando le possibilità di farlo diventare un capolavoro. Resta comunque un ottimo film, e Adam Driver convince tutti anche qui, così come farà – e anche di più, grazie ad un maggiore minutaggio – in L’uomo che uccise Don Chisciotte, di Terry Gilliam.
L’ultima fatica del folle e visionario regista di Paura e Delirio a Las Vegas ha avuto una gestazione lunghissima, e per molto tempo ha rischiato la cancellazione. Ci ha creduto fino alla fine però Gilliam, ed ha fatto bene, perché il risultato è convincente, nonostante i tanti anni di attesa abbiano spazzato via l’ipotetico cast iniziale, regalandocene però uno ugualmente all’altezza.
Senza Johnny Depp ma con Adam Driver, magistrale protagonista, e con Jonathan Pryce, che a lungo ha cercato la parte senza trovarla, e quando gli è stata concessa non ha deluso le aspettative, restituendoci un hidalgo straripante.
Nella lista dei grandi registi con cui ha già recitato Driver poi, va aggiunto senza dubbio il nome di Jim Jarmush, uno di quelli con cui tutti vorrebbero lavorare. Lo ha fatto con Dead don’t die, di certo non uno dei più migliori film del Maestro, ma nel quale ha avuto la possibilità di condividere la scena con Bill Murray, riuscendo nell’ardua impresa di non essere totalmente annullato dal carisma del veterano ed anzi tenendogli testa.
Adesso che la sua strada è in discesa, ci aspettano un nuovo Star Wars, “L’ascesa di Skywalker” e altri due lungometraggi davvero interessanti, uno prodotto da Amazon per la regia di Scott Z. Burns, ovvero The Report, in cui Driver si trova legato da un doppio filo al suo passato, poiché interpreta un membro Senato degli Stati Uniti che viene assegnato ad un’indagine sul programma di detenzione ed interrogatorio della CIA. Qui scoprirà le brutali e immorali tecniche di interrogatorio adottate dagli agenti dopo gli attentati dell’11 settembre 2001.
E poi, di genere totalmente diverso, lo vedremo in Storia di un matrimonio, film Netflix diretto da Noah Baumbach (a cui Driver è molto legato), dove recita al fianco di Scarlett Johansson in un dramma familiare che sembra quasi candidarsi – con le dovute proporzioni – ad essere una sorta di Revolutionary Road del nuovo millennio (giudicheremo, poi, dopo averlo visto).
Ciò di cui siamo certi però è che l’incredibile ascesa di Adam Driver non si arresterà qui, perché questo attore un po’ stravagante, con queste peculiarità fisiche che lo rendono riconoscibile sempre e ovunque ma soprattutto con le sue grandi doti interpretative e una determinazione come pochi, può davvero ritagliarsi un ruolo di tutto rispetto nel firmamento hollywoodiano.