Life is Strange 2, finalmente concluso, si distacca molto dal primo titolo e affronta tematiche molto più politiche, relative agli Stati Uniti di Donald Trump
Gli Stati Uniti che conosciamo sono quelli che ci sono stati raccontati dal cinema. Sono quelli di Hollywood, sono quelli della libertà, dello standard di vita più alto del mondo, delle opportunità: il racconto su cui si è costruito il mito americano.
Il mito è però mito, e differisce per definizione dalla realtà. Gli Stati Uniti non sono quello che vorremmo credere e che ci hanno fatto credere fossero. La tolleranza e il meltin pot culturale sono, ora più che mai, una chimera.
Life is Strange 2 è un gioco incredibilmente attuale nelle tematiche che tratta. Parla dell’epoca Trump e parla di razzismo e miopia culturale e politica. Parla anche di crescita, e di come questa sia difficile per determinate minoranze in un contesto come quello attuale. Parla quindi di accettazione e della ricerca di un proprio ruolo in una società che ti mette ai margini.
Lo fa con durezza, con la forza che solo il videogioco può conferire a un messaggio, mettendoci nei panni di quei protagonisti che sono obbligati a relazionarsi con quelle situazioni. Ci sono alcuni momenti in Life is Strange 2 dove il contrasto tra quello che normalmente riteniamo giusto fare (seduti nella nostra cameretta a guardare il TG, chiaramente) e quello che il nostro istinto suggerisce diventa evidente, e dove tutti i nostri criteri si sgretolano come vorremmo che facesse quell’enorme muro che separa il Messico dagli Stati Uniti appena ce lo troviamo di fronte, un monumento alla mostruosa divisione che gli esseri umani si autoimpongono.
Avviene quindi che a un insulto razzista, che spesso viene derubricato come “sono solo parole” o “è una battuta” reagiremmo con un pugno. Succede così che diventa chiaro, seppure ovviamente con i limiti della finzione rispetto alla realtà, come ci si senta ad essere trattati come qualcosa di meno rispetto agli altri per il colore della pelle o per l’identità sessuale.
Dov’è quindi il limite davanti a cui fermarsi? Dov’è il freno? Cosa ci impedisce di sfogare tutta la frustrazione?
In Life is Strange 2 siamo chiamati a interpretare Sean, che dopo l’omicidio del padre di cui viene accusato è costretto alla fuga con il fratellino Daniel, che scopriamo alla fine del primo episodio avere il potere della telecinesi. Quello che ci obbliga, come giocatori, a rimanere bilanciati e a non agire costantemente d’impulso (cosa che peraltro possiamo ovviamente fare) è la necessità di non mettere in pericolo Daniel, e di non dargli un esempio sbagliato.
Life is Strange 2 è un’avventura on the road durante la quale la coppia di fratelli si troverà più e più volte in situazioni al limite. Sean, in quanto fratello maggiore, quasi adulto, avrà sempre l’onere di gestire queste situazioni, ma anche di educare il fratello.
Ogni azione e reazione di Sean infatti avrà delle conseguenze nel comportamento futuro del piccolo: rubare per mangiare più essere giusto, ma se questo significa far pensare a Daniel che rubare non è sbagliato, come agire? Questo è solo uno dei tantissimi esempi che incontreremo nel primo episodio, e l’escalation dei successivi ci spingerà sempre più al limite.
I binari su cui si muove Life is Strange 2 sono diversi, e se quello preponderante è certamente quello sociale e politico, Dontnod non si limita a questo realizzando una fantastica storia di crescita che mette ovviamente in conto la realtà che i personaggi abitano.
Le situazioni che si susseguono sono spesso drammatiche, ma altre volte scaldano il cuore, e mentre toccano diversi aspetti di un’America non così tanto raccontata (passando dalle piantagioni illegali di cannabis ai culti religiosi) ci parlano anche di esseri umani bellissimi, aperti, che abbracciano e aiutano il prossimo senza volere niente in cambio.
Non è tutto nero, non è tutto brutto, ma anzi c’è tanta umanità che fiorisce tra le crepe del cemento. Sean e Daniel ricevono spesso aiuto, scoprono che non tutti li escludono.
Durante il terzo episodio sono proprio degli emarginati che gli servono da nuova famiglia, accogliendoli e proteggendoli dal mondo. Qui, nascosti in un bosco, scopriamo come quello che sembra essere l’esatto opposto del sogno americano sia molto più caldo e accogliente sia in realtà molto più bello e umano di qualsiasi bene materiale.
Life is Strange 2 è un gioco importante, ed è importante oggi (e magari lo sarà tra qualche anno per ricordare un periodo storico preciso). È importante oggi perché parla dei nostri tempi, parla di una problematica reale e dei muri che ci dividono. Parla del razzismo di cui molti sono vittime, e di cui spesso non ci accorgiamo in quanto non apparteniamo a nessun gruppo minoritario.
Dontnod utilizza la struttura della sua serie principale per farci vivere in prima persona queste problematiche, per farcele comprendere al meglio, e ci riesce. Non lo fa in modo pessimista, vedendo tutto nero. Anzi, ci mostra anche quanta bellezza ci sia al mondo, come la cattiveria non l’ha ancora avuta vinta, e probabilmente mai l’avrà.
Life is Strange 2 si discosta moltissimo dai toni intimi del precedente (che comunque metteva in ballo anche tematiche importanti), per abbracciare un racconto più forte, più impegnato e sicuramente più attuale.
In caso vogliate approfondire, qui potete trovare la nostra intervista a Jean-Luc Cano , uno degli autori di Life is Strange 2.