Sesso e videogiochi: un binomio che stride o che piace? Una riflessione a partire dal volume “VirtualErotico. Sesso, pornografia ed erotismo nei videogiochi” per arrivare a una considerazione dell’oggi
Il videogioco sarà anche maturo per trattare questioni legate alla politica o alla società, ma lo è abbastanza per rappresentare un aspetto costante dell’umanità quale il sesso? È una domanda a cui è difficile dare una risposta immediata. E non perché non esistono casi nell’intera produzione videoludica, ma il binomio sesso e videogiochi – spesso rafforzato grazie all’interazione tipica del medium – solleva un’ulteriore serie di quesiti.
Ad esempio, restando sulla simulazione dell’atto sessuale tramite i comandi del controller (la scena dei vasi di God of War), può questa rimandare alla pornografia? Questa e altre questioni vengono scardinate dagli autori di “VirtualErotico. Sesso, pornografia ed erotismo nei videogiochi“, volume a cura di Luca Papale e Francesco Alinovi, pubblicato nel 2015 da Unicopli per la collana Ludologica.
“Imprigionati nella gabbia tecnocratica e ridotti al ruolo di organi sessuali dei videogame, riponiamo ogni speranza nel tasto ESC. Tra il ludico e il luddismo c’è lo spazio di un orgasmatron.”
Matteo Bittanti
Le diverse declinazioni del sesso nei videogiochi
Si conclude con la citazione riportata sopra la prefazione di VirtualErotico, che apre la strada a 10 capitoli che svelano le diverse sfaccettature del tema, attraverso un’ottica critica ed accademica. Come detto nell’introduzione, la simulazione è il concetto base da cui partono gli studi su sesso e videogiochi. Di conseguenza non stupisce il nome del primo capitolo, “Orgasmo Simulato” di Francesco Alinovi, incentrato proprio sulla rappresentazione del sesso, citando diversi titoli, come la trilogia di Mass Effect, The Witcher 2: Assassins of Kings e Fable.
In alcuni casi l’atto è ben inserito grazie al contesto narrativo avvalorato dalle relazioni tra il protagonista e i personaggi secondari grazie all’influenza del giocatore (è il caso della produzione BioWare); in altre, come nel titolo di CD Projekt RED, si rischia di cadere nello scandalo dell’opinione generale, poiché le scene di sesso appaiono forzate, privando inoltre il giocatore della scelta e del senso di libertà tipica del videogioco.
Al contrario, secondo Luca Papale, autore del capitolo “Storie di Sesso”, la trilogia di Mass Effect non riesce a rappresentare in maniera verosimile l’attività sessuale, almeno dal punto di vista narrativo, che è uno dei perni dell’opera di BioWare. In “La rappresentazione del sesso all’interno dei videogiochi”, Simone Tagliaferri si addentra ancor di più nella critica delle celebri romance, non solo per la resa visiva che mostra scene di passione troppo convenzionali, ma soprattutto per la loro debole struttura sia narrativa che ludica.
“Il sesso c’è, perché il videogiocatore lo cerca, ma è qualcosa che se anche non ci fosse non determinerebbe niente in termini narrativi. Anche dopo aver consumato la storia d’amore, il o la protagonista non si comporterà in modo differente per il resto dell’avventura con il personaggio amato, ma farà esattamente le stesse cose che avrebbe fatto nel caso in cui la storia non fosse mai stata consumata”
Simone Tagliaferri
I tre capitoli di Mass Effect non sono i soli ad essere sviscerati nel volume. La ludografia è molto ampia, e dà una variegata panoramica della rappresentazione del sesso nella storia videoludica. La serie di Metal Gear Solid, Heavy Rain, Halo: Combat Evolve, Bayonetta, The Sims: questi sono solo alcuni dei numerosi esempi analizzati in “VirtualErotico”.
Accanto a casi studio specifici, nel volume, vi sono poi delle riflessioni di carattere filosofico, come il capitolo “Sesso e Mondi Virtuali” di Roberto di Letizia, che sfocia nel concetto di tabù, di morale; di carattere tecnico, come l’analogia tra videogioco e pornografia in “Il Piacere Videoludico” di Carlo Cuomo; di carattere psicologico come il binomio sesso-violenza in “Eros, Thanatos e Pixel” di Stefano Triberti e Luca Argenton.
La parte finale di VirtualErotico raccoglie l’analisi di Rosy Nardone nel capitolo “Educazione Sessuale e Mondi Videoludici”; la riflessione di Luca de Santis sull’omoerotismo in “Il Pixel Velato” in riferimento alla meravigliosa scultura di Giovanni Sanmartino; il lato più materialista, ovvero il contributo del sesso nelle vendite, è invece tema per Chris Darril, il noto game designer che ha dato i natali a Remothered. Il volume si conclude con “Dentro l’immagine”, un approfondimento sull’iconografia a opera di Debora Ferrari e Luca Traini.
Si potrebbe dire che l’ampiezza della ludografia (e bibliografia) rispecchia la varietà di riflessioni contenute in VirtualErotico, grazie ad approcci multidisciplinari e tecnici, che conducono il lettore a porsi numerose domande, anche personali, sulla sessualità, sull’idea di proibito, e altro. Una lettura assolutamente consigliata per chi desidera avere una visione multiforme del tema sesso e videogiochi, soprattutto se considera il videogioco un medium in grado di potere contenere al suo interno tematiche simili.
Occorre però ricordare che il volume è stato pubblicato nel 2015, e in 5 anni la produzione videoludica ne ha visti di cambiamenti: nel caso di sesso e videogiochi, com’è mutata la situazione?
Meno spettacolo, più profondità
Se si guarda alle grandi produzioni di oggi, potrebbe sembrare che il sesso stia facendo marcia indietro nei videogiochi. Ad esempio, prendendo la produzione Quantic Dream: se in Fahrenheit, Heavy Rain e Beyond: Due Anime l’unione carnale tra i protagonisti rappresenta uno dei momenti più memorabili, nell’ultimo Detroit: Become Human non c’è alcuna traccia di rapporti sessuali. Ci sono baci, c’è una sezione di trama incentrata sullo schiavismo sessuale degli androidi, ma non si va oltre. Il tema del resto è la lotta per l’accettazione, per questo ha più valore la storia delle due prostitute innamorate costrette ad appagare le fantasie degli uomini, che una scena d’amore tra Markus e North. Per quello è più di impatto un bacio. Semplice ma significativo.
L’esempio dei giochi Quantic Dream non deve essere interpretato come un passo indietro rispetto al passato, tutt’altro: dimostra l’attenzione maggiore da parte dei team di sviluppo di trattare tematiche sensibili quali il sesso in relazione al contesto. Non serve più fare scandalo, magari anche per accontentare porzioni di pubblico maschile, come nei primi God of War o il primo The Witcher (con tanto di carte collezionabili delle conquiste da letto): il sesso c’è quando il contesto lo consente.
L’evoluzione della serie di Santa Monica è un esempio perfetto: God of War esordisce nel decennio della tamarraggine, lo stesso di Devil May Cry e Dante’s Inferno, in cui sangue, brutalità e sessualità vengono esasperati per colpire il pubblico, molto meno vasto ed eterogeneo rispetto a quello di oggi. Per il pensiero dell’epoca, è quindi normale dare la possibilità a Kratos di sfogare la sua impetuosa virilità machista con due donzelle alla volta, se non addirittura con la dea dell’amore in persona, Afrodite. Una volta divenuto padre però, Kratos si mostra come una figura più simile a un uomo che a un dio, che non trova spazio – né senso – per i rapporti più carnali.
Guardando al futuro, The Last of Us parte II e Cyberpunk 2077 hanno da tempo l’attenzione dei giocatori, grazie anche alle informazioni che rivelano la presenza di contenuti espliciti. Due titoli basati sul degrado della società, l’una travolta dall’apocalisse, l’altra dall’ipertecnologia e declino sociale. In entrambi i giochi si punta a una rappresentazione cruda dell’essere umano, fatto di ambizioni, vizi e paure. Soprattutto quando in gioco c’è la sopravvivenza, ognuno di questi tre elementi può assumere espressioni inquietanti, grottesche, disumane. Il sesso può essere una di queste espressioni. Così come può essere che il sesso sia uno dei pochi modi per sentirsi ancora umani. Chi lo sa.
La sensibilità dei temi trattati in The Last of Us parte II e Cyberpunk 2077 – omosessualità e questioni gender fluid – unita alla durezza di violenza e brutalità, può portare alla presenza di contenuti espliciti. E questo non può che generare curiosità, e non per goduria voyeuristica, ma per capire a che punto è arrivato il videogioco in termini di maturità.
In breve, restando sul fronte delle grandi produzioni videoludiche occidentali (è giusto precisarlo), la rappresentazione dell’essere umano diventa il centro di tutto, dando così l’opportunità agli sviluppatori e creatori di addentrarsi in temi riservati un tempo al cinema, a serie tv, alla letteratura. Sesso e videogiochi non è certo una novità delle ultime generazioni: per dire, nel 1982 operava la Mystique, azienda americana produttrice di titoli di carattere pornografico – come Custer’s Revenge. Tuttavia sempre più spesso oggi il tema trova diversi modi per apparire all’interno dei titoli, meno spettacolarizzati, mitizzati o espliciti, ma non per questo meno impattanti, anzi. E ciò deriva dal valore maggiore dato al contesto di gioco, fatto di dialoghi, relazioni, ambientazioni, e altro ancora.