Parliamo di Nioh 2 e del suo predecessore per dare la nostra opinione su alcune etichette associate alla serie
Il primo Nioh è sicuramente stato un fulmine a ciel sereno. Un titolo che ha saputo infondere in un’unica esperienza molti degli stilemi dei cosiddetti soulslike ma anche tutto il talento per gli action del Team Ninja. Il risultato è qualcosa di inedito, qualcosa che con Nioh 2 riesce a compiere uno step ulteriore, che seppur non possiamo definire rivoluzionario, rinnova la formula sotto diversi punti di vista. In queste premesse ho voluto lanciare le basi non per introdurre la solita analisi generale sull’ultima fatica di Team Ninja -che si tradurrebbe nella più classica delle recensioni- ma per andare a riflettere su alcune considerazioni molto diffuse sul brand Nioh, ma anche nello specifico di questo secondo capitolo. Naturalmente, non ponendoci sopra il pensiero di chi ha una prospettiva diversa dalla nostra, ma dando semplicemente il nostro personale punto di vista, valido come quello di chiunque altro.
Nioh è un soulslike? Nioh 2 è una semplice espansione del primo capitolo? Ed è davvero così “brutale” ai limiti della sopportazione nella sfida che offre? A nostro modesto parere, la risposta è negativa in tutti i casi.
Partendo dal primo quesito, lasciamo un attimo da parte tutti quegli aspetti noti e stra-noti che accostano Nioh ai soulslike e concentriamoci un attimo invece sulle differenze che a conti fatti lo rendono concretamente qualcosa di diverso. Al di là della struttura action-gdr con qualche dinamica sdoganata da From Software, come la morte e rinascita continua del protagonista con relativa necessità di preservare la preziosa esperienza ottenuta, potremmo dire che già nelle paventate similitudini che riguardano la famigerata difficoltà, si riconosce il primo “falso storico”.
La serie Ninja Gaiden, che arrivò a stressare i riflessi del giocatore ben prima di Dark Souls, e di cui il Team Ninja è autore, fece dell’alto tasso di sfida un marchio riconoscibile in epoca non sospetta. In tal senso Nioh è l’erede della filosofia creativa dei suoi stessi creatori e non di un genere che successivamente ha rincorso gli stessi obiettivi. La parte ruolistica stessa ricalca quella dei souls solo nella superficie, ma vista più da vicino è profondamente diversa, visto che si basa in gran parte in un sistema di loot esasperato molto più vicino alla serie Diablo che quella di From Software e del suo drop predeterminato, in cui parametri, statistiche e qualità speciali dell’equipaggiamento possono subire costanti evoluzioni fondendo, scambiando, modificando le tonnellate di equipaggiamento rilasciato sul campo continuamente.
Ma da una prospettiva ancora più macroscopica è chiaro come anche gli intenti narrativi siano ben distanti tra i suols e Nioh, dove il primi generalmente raccontano di un mondo totalmente fantasy in maniera criptica, e descrivono in maniera ermetica e complessa la storia una terra sconosciuta e delle solenni creature che l’hanno abitata (o la abitano), il secondo usa la narrazione semplicemente per veicolare il gameplay e creare il mood. Episodi e personaggi storici sono estremamente accurati nella loro rappresentazione (e sono uno degli elementi più affascinanti da scoprire in Nioh) ma si mischiano al folklore e al plot diretto, leggibile, privo di profondità (e francamente dimenticabile) che accompagna l’intera avventura fino alla fine. E questo vale per entrambi i titoli della serie di Team Ninja.
Un’avventura lineare, senza location interconnesse tra loro, che mette in luce la totale esigenza “ludica” di Nioh, la sua necessità di creare ambienti di gioco di una certa varietà, disegnati sostanzialmente per mettere al primo posto percorsi votati al combattimento in tutte le salse possibili, senza preoccuparsi di dover assecondare il level design a nessun tipo di coerenza interna.
Intendiamoci, in Nioh l’esplorazione esiste e le mappe, soprattutto in Nioh 2, sono anche piuttosto articolate, con scorciatoie e passaggi secondari, ma questo va ad impreziosire, e non intaccare, l’anima fortemente action e arcade del titolo, ben diversa da quella dei souls classici che amalgamano scoperta, contemplazione, narrazione e combattimento in maniera ben più equilibrata. Questo fa di Nioh e relativo seguito qualcosa di peggiore o migliore? Nessua delle due, è semplicemente diverso.
La stamina, chiamata Ki in Nioh, non è un valore che determina semplicemente la mobilità del proprio personaggio, ma si tratta anche di un elemento che richiede abilità manuale e che va a incastrarsi perfettamente nei moveset ricchissimi di ognuna delle armi di gioco, che in Nioh 2 arrivano ad essere ben 9. Infatti il KI va ricaricato con il Ritmo KI, un tasto da premere al momento giusto, ed è solo uno dei tantissimi aspetti del sistema di combattimento che pretende un’abilità ben diversa da quella dell’action gdr classico, e che si avvicina tantissimo a quella degli action puri. Certo, Nioh è famoso per poter rompere qualunque equilibrio della struttura di gioco. Annichilire sia il senso di sfida che il “senso della performance” grazie all’incredibile versatilità del suo sistema di crescita, che permette di pompare molto alcune skill offensive, passando dalle abilità delle armi a quelle dell’equipaggiamento, degli amuleti fino allo sblocco delle decine di tecniche ninja e magiche disponibili. Si arriva insomma presto o tardi grazie alla “parametria” ad essere dèi scesi in terra e spaccare tutto e tutti.
Ma per arrivare a questo di strada se ne deve fare, e parecchia, e si deve studiare e sperimentare. Facendolo, tra la difficoltà estrema e l’estremo potere delle build super O.P., ci sono infiniti grigi e vie di mezzo. Imparare a giocare, in senso stretto, è evidentemente necessario, ma non siamo d’accordo nel ritenere Nioh e meno ancora Nioh 2 veramente “brutali” perché in virtù di quanto detto finora, sin dall’inizio i mezzi e le risorse per adeguare sempre la sfida al proprio grado di abilità sono una costante. Un po’ di farming, un po’ di gioco dal fabbro, capire bene quali armi usare e quali statistiche caricare di conseguenza, capire il valore degli elementi, ecc. e si va avanti. Con impegno, ma senza sentirsi praticamente mai con le spalle al muro. In tal senso Sekiro era un titolo decisamente più proibitivo, imponendo al giocatore di padroneggiare la deviazione senza scampo alcuno.
Nioh 2 nella difficoltà risulta anche un po’ più schizofrenico del predecessore. Da una parte la sensazione è che le missioni secondarie siano state rese un po’ più severe, fornendo già dalla prima regione qualche wave di nemici “bastardella”, se così vogliamo definirla. Dall’altra le missioni principali offrono una sfida di media entità, con boss finali tendenzialmente più semplici o leggibili. C’è da dire inoltre che in Nioh 2 è possibile evocare sia un NPC di sostegno in ogni occasione che ben 2 giocatori, all’occorrenza. Nonostante la salute dei nemici si dovrebbe adeguare al maggior numero di giocatori sul campo, la verità è che se si è davvero in difficoltà, con l’assistenza di partner diventa comunque tutto più “semplice”.
Ma abbiamo detto prima che Nioh è soprattutto combattimento, è il suo core, la sua ragion d’essere dietro al quale gestione ruolistica e level design è tutto subordinato a questo aspetto. È proprio per questo motivo che anche se lo scheletro di Nioh 2 è così simile al suo predecessore, le introduzioni portate al gameplay fanno tutta la differenza del mondo e rendono, almeno per noi, Nioh 2 un seguito a tutti gli effetti, e non semplice add-on del primo, in quanto tutte le regole di Nioh vengono sovvertite, o quasi. Tutto quello che riguarda la natura Yokai del nostro protagonista mezzo demone, e la rinnovata importanza del Ki negli equilibri della battaglia, sono la chiave di lettura per comprendere questi importanti cambiamenti.
Possiamo sicuramente affermare che le basi di Nioh sono sempre le stesse, tutto passa dall’apprendimento delle tre celebri stance e dall’approfondimento delle armi usate. In Nioh 2 si sviluppano con uno skill-tree sicuramente complesso quanto il primo ma decisamente più leggibile e sensato, mostrando i collegamenti tra skills che hanno in qualche modo un nesso filologico. Tra l’altro, diversamente dal primo Nioh in cui avevamo dei punti “universali” da distribuire negli skill tree di ogni singola arma, qui sarà l’utilizzo dell’arma in questione a rendere disponibili dei punti specifici per tale arma. Va da sé che con questo sistema è più naturale far crescere le varie lame utilizziamo (di cui asce e falcione rappresentano due novità che vanno a contribuire alla varietà degli strumenti offensivi a disposizione in maniera netta e importante).
Le build sono però in questo modo più “indirizzate”, e così il gioco permette di fare un reset del personaggio nel caso si voglia cambiare build in maniera molto più sciolta. In ogni caso, per tornare un po’ al discorso “difficoltà” è bene non sfruttare tutta la varietà del gioco all’inizio (ovvero la prima run) e concentrarsi su massimo due armi, in modo da massimizzare non solo banalmente la nostra padronanza manuale di esse, ma anche per renderle efficaci in tempi non troppo proibitivi proprio grazie a questo sistema di “maestria”. Il nostro consiglio perciò per affrontare il gioco come si deve è prediligere un paio di armi, possibilmente complementari tra loro e di conseguenza pompare molto solo le statistiche che influiscono direttamente sull’efficacia delle stesse. Provare un po’ di tutto, distribuire i punti a caso nel level up, non paga in Nioh. In realtà non paga in nessun gioco, ma in Nioh è particolarmente sconsigliato e tra l’altro porta ad un “fraintendimento” importante della difficoltà percepita visto che la malagestione del proprio personaggio non è qualcosa che il gioco ti permette di sottovalutare.
Ma torniamo alle basi di Nioh dopo questa lunga parentesi legata alle armi. Queste basi sono notevolmente ridimensionate dall’importanza a dir poco primaria che in Nioh 2 ha la forma Yokai, il contrattacco esplosivo e le abilità Yokai. Non spenderemo ora fiumi di parole nella descrizione del loro utilizzo. In questa sede non è tanto importante scende in particolari quanto trasmettervi un concetto: queste tre novità introdotte dal titolo lavorano in sinergia tra loro sia a livello parametrico che nei confronti del vostro moveset. Ecco quindi che le abilità che scegliete non solo per quel che riguarda gli attributi sono importanti quanto qualsiasi altro pezzo di equipaggiamento, ma sconvolgono totalmente il modo in dovete pensare le combo, fornendo colpi aggiuntivi, nuove tattiche di attacco e addirittura la possibilità di cancellare le animazioni come nei più tecnici degli action.
La stessa forma Yokai rispetto all’arma vivente di Nioh offre una complessità totalmente nuova trasformandoci in una bestia dotata di nuove mosse e nuova mobilità. Il contrattacco esplosivo poi è semplicemente un perno fondamentale di ogni scontro, anche contro il più insignificante nemico, visto che introduce nel ritmo di combattimento un nuovo costante elemento di tensione: le mosse dall’aura rosse letali da contrastare con –appunto- il contrattacco Yokai al momento giusto. E non si tratta di poter fornire del danno “gratis” all’avversario premendo semplicemente un tasto al momento giusto.
Ogni contrattacco è dotato di modalità e tempismi diversi con cui si rende utile. Tutto questo poi va a influire pesantemente sulla rinnovata importanza del Ki, come detto. Ogni offensiva a base di attacchi Yokai, in qualsiasi forma essi siano tra le varie citate poc’anzi, contribuiscono ad abbassare e infine distruggere il Ki del nemico. Ed è lì che si fanno i danni veri! Ignorare tutto questo, giocare a Nioh 2 come fosse il primo, non soltanto è sbagliato perché fa sembrare effettivamente il gioco più difficile di quello che è, ma lo è anche perché si va a sottovalutare l’importanza dei cambiamenti che questo seguito ha effettuato partendo da una struttura di partenza sicuramente familiare, che lo rendono a ragione di chi vi scrive, ben più di un semplice “Nioh 1.5”. Certo è vero, la progressione è identica al passato, molta roba è riciclata, non ci sono cambiamenti sostanziali nella struttura macroscopica del gioco, sebbene va detto il level design sia molto più brillante.
Ma in un gioco fondato sul COMBATTIMENTO questo tipo di cambiamenti che lavorano in maniera importante sull’approccio ad ogni situazione sia in termini strategici che “manuali”, sono davvero importanti, e rendono Nioh 2 un gioco molto più equilibrato di quanto si pensi, salvo la voluta incredibile libertà di crescita e personalizzazione del proprio personaggio a lungo termine, che per forza di cose ad una certa ribalta tutto. Un titolo che sicuramente segue e persegue una strada visibilmente già spianata, forse in maniera un po’ troppo evidente per taluni aspetti per lo più estetici, ma che in generale, grazie ad un gameplay altrettanto evidentemente più sofisticato del primo, si affranca tanto dal primo Nioh, quanto quest’ultimo lo faceva dal genere soulslike. Attenzione quindi a guardare le differenze nelle piccole cose che danno un sapore totalmente diverso ad un’esperienza videoludica, soprattutto quando non sono nemmeno così piccole.