Dal 20 marzo su Netflix, Self Made è la storia in quattro atti della prima donna afroamericana a diventare milionaria

The times, they are a-changin’

In una delle sue ballate più belle e famose il grande Bob Dylan canta: “The times, they are a-changin’“. Questo è vero soprattutto nel periodo che stiamo vivendo, da innumerevoli punti di vista. Ad Hollywood, però, i tempi stanno cambiando già da qualche anno: raggiunto il suo apice con la condanna a 23 anni del superproduttore Harvey Weinstein, la parata del neo-femminismo glamour inaugurata con il #meetoo ha messo in campo numerose opere sul piccolo e sul grande schermo. Abbiamo a che fare con sempre più storie che raccontano vite vere o inventate di modelli femminili forti, autosufficienti e – spesso – esteticamente slegati alle aspettative maschili.

Da questo punto di vista, Self Made è perfettamente in continuità con la corrente tematica che punta a valorizzare il ruolo delle donne nella Storia e nella società. Warner Bros e Netflix sostengono l’ammirevole missione puntando tutto sulla biografia di una delle donne più straordinarie dell’età contemporanea: Sarah Breedlove, meglio nota come Madam C.J.Walker, interpretata da una meravigliosa (come sempre) Octavia Spencer.

Diretto da due donne afroamericane, DeMane Davis e Kasi Lemmons (l’agente Mapp de Il silenzio degli innocenti), Self Made si presenta come un biopic di stampo abbastanza classico, che si concentra sugli eventi salienti che hanno portato alla costruzione della grande fortuna Walker. Le autrici si concedono, tuttavia, qualche inserto più eclettico, che prova (e riesce) a rappresentare in immagini la psicologia della protagonista.

Self Made: una celebrazione del sogno americano

La storia di Madam C.J.Walker, in realtà, è esemplare per almeno tre motivi. In primo luogo, porta avanti i temi del femminismo, mostrando quanti problemi ha avuto questa donna – in quanto donna – a difendere, prima ancora del suo impero, il suo nome e la sua personalità.

self made

Allo stesso tempo, però, oltre ad essere donna Sarah Breedlove era anche nera, ed essere neri tra a cavallo tra XIX e il XX secolo era ancora più complicato di quanto non lo sia adesso. In terzo luogo, il grande tema a cui contribuisce la vita di Sarah e – quindi – la miniserie Self Made, è quello del Sogno Americano, un concetto che più volte abbiamo visto rappresentato e che ci insegna l’ottimistico motto del Se vuoi, puoi!

La retorica del Self Made Man (o Woman, in questo caso), è quella che ha reso gli Stati Uniti la patria del riscatto, della forza di volontà e della perseveranza. In un periodo storico (ricordate? The times they’re a-changin’) in cui l’illusione si è ormai dissolta quasi del tutto in una realtà fatta di razzismo, immobilità sociale, diseguaglianza e rabbia, è ancora più importante per le produzioni mainstream continuare a urlare il proprio slogan: Se vuoi, puoi!

Yes, we can

La premio Oscar Octavia Spencer omaggia a modo suo una delle personalità più importanti di tutta la Storia delle donne afroamericane con una performance intensa, ben appoggiata su una sceneggiatura solida e ispirata.

La bravura degli autori ha fatto sì che quel tono celebrativo di tanti biopic “agiografici” sia stato integrato in maniera organica alla sceneggiatura, raggiungendo i suoi picchi nei monologhi che il personaggio – per sua natura – si trova a fare. Con questo espediente quel senso di posticcio che a volte si avverte nelle opere di questo genere è decisamente più digeribile.

Sarah Breedlove è stata, infatti, una venditrice, una bravissima venditrice, che ha fatto la sua fortuna riuscendo a far sì che il suo sogno diventasse quello di milioni di donne afroamericane. Il suo punto di partenza, neanche a farlo a posta, era la testa e, in particolare, i capelli: il marchio Madam C.J. Walker è associato alla cura dei capelli delle donne nere, alla loro esaltazione e alla difesa della loro peculiarità.

Fenomeno conseguente ai secoli di abusi sulla popolazione africana (e afroamericana) è un radicato complesso estetico da parte delle donne nere nei confronti delle bianche. Come nel corto vincitore del premio Oscar 2020, Hair Love (con cui Self Made condivide l’accattivante metafora del ring), i capelli ricci e folti delle donne nere sono da sempre croce e delizia delle loro proprietarie e la loro accettazione fa parte di un processo di emancipazione culturale. I balsami, gli oli e tutti i trattamenti di Madam C.J. Walker hanno contribuito alla causa insegnando a moltissime donne nere ad essere fiere delle loro caratteristiche e a sfoggiare la propria chioma con sicurezza. Altro che Sogno Americano: qui si tratta di un concreto e realizzabile atto d’amore verso se stesse.

Self Made parla alla propria comunità: ma qual è?

Self Made è un racconto connotato storicamente e culturalmente, ma che mostra al pubblico di tutto il mondo come i suoi temi siano trasversali e universali. Nell’affermazione di sé, Sarah reclama le pari opportunità per tutte le donne e le invita a uscire allo scoperto, sposando inconsapevolmente il dettame marxista che enuncia: “Il progresso di una società può essere misurato dalla posizione della donna”. 

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Parlarne oggi, che il movimento femminista globale sta attraversando una fase di positiva ripresa di forza e consapevolezza anche attraverso la richiesta di condizioni lavorative eque, è senza dubbio un’operazione di fortissima attualità, che travalica il target nazionale e arriva a tutte le donne. 

Più peculiare è il discorso legato alla comunità afroamericana, che invece risulta interessante da un punto di vista storico. Inoltre, aiuta a leggere le rivendicazioni contemporanee e mostra (ancora una volta, ma è sempre bene tornarci), l’ingiustizia che da sempre caratterizzato la loro storia e l’impari rapporto con la classe dominante. 

La forte personalità di Sarah è un simbolo per gli oppressi di tutto il mondo. Forse un modello utopistico, ma sicuramente stimolante, che insegna a credere in se stessi, nella comunione col prossimo e alla difesa della propria dignità sopra ogni altra cosa. Certo, il tutto ha una portata rivoluzionaria strettamente inscritta nella logica capitalista e più volte il denaro è trattato come un miraggio, uno strumento di Dio. Considerata nel suo contesto, il personaggio di Madam C.J. Walker è senza dubbio ammirevole e la sua resa su schermo in Self Made appassionante ed esaltante. 

Il rapporto con gli uomini

Il rapporto che la protagonista intrattiene con gli altri è anche indice del messaggio che si vuole far passare. Specialmente per quel che riguarda la relazione con i personaggi maschili, il comportamento di Sarah detta una serie di lezioni su cui vale la pena soffermarsi. 

Una delle relazioni principali è quella con il marito Charles (Blair Underwood) con cui instaura un braccio di ferro che mette a confronto la visione innovativa della protagonista e quella reazionaria e maschilista del suo avversario. Nell’evoluzione del rapporto tra i due si può evincere che, in una società ancorata ai privilegi degli uomini, il percorso femminista è solitario, titanico e assoluto. Un dato positivo della serie è nei personaggi del suocero Cleophus (l’Earl di Two Broke Girls) e dell’avvocato Ramson (Kevin Carroll) che riconoscono il valore di Sarah e fanno di tutto per sostenerla. Descrivere l’emancipazione femminile non come uno scontro aprioristico di generi, ma come un  percorso di affermazione di un modo di vedere il mondo è importante per consegnare a tutto il pubblico un messaggio equilibrato e condivisibile. 

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In generale, però, è significativa l’evoluzione che Sarah ha nella sua maniera di rapportarsi agli uomini. Partendo da un business esclusivamente femminile, cerca in un primo momento di avere l’endorsement di Booker T. Washington (Roger Guenveur Smith), il primo nero ad essere ospitato nella Casa Bianca, e di tutta la comunità maschile di Indianapolis. Eppure, in un piacevolissimo colpo di scena, la protagonista dovrà ricredersi, piantando le basi di un antesignano girl power

Non padroni, ma compagni. Non superiori, ma uguali. Self Made catalizza parte del dibattito femminista e lo sposta su posizioni concilianti: al centro di tutto c’è la forza delle donne e il rispetto che è dovuto loro e su queste basi ci sono i presupposti per condividere sogni, progetti e realizzare enormi fortune. 

 

 

 

Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.