La storia di Sergio Vieira de Mello è un racconto forte, una storia che ci lascia qualcosa
Diretto da Greg Barker, già autore di un documentario riguardante le gesta del diplomatico brasiliano rappresentante delle Nazioni Unite, e interpretato da Wagner Moura, arriva su Netflix una nuova produzione originale che, superando alcuni intoppi arriva alla fine di un viaggio molto tortuoso: Sergio.
Sergio, nuova creatura di Netflix, è un film biografico che narra le gesta del famoso diplomatico dell’ONU durante la sua campagna in Timor Est e in Iraq, dopo la caduta del governo di Saddam. L’opera, dalla chiara connotazione drammatica, si snoda tra la vita lavorativa di Sergio e quella sentimentale, condivisa con la collega Carolina Larriera (Ana de Armas).
Barker, nonostante il materiale a disposizione, ci offre un’opera stantia, che se non fosse per alcuni elementi che verranno analizzati nel susseguirsi di queste righe, avrebbe risentito esageratamente della poca dinamicità. È puramente comprensibile la difficoltà che si riscontra nella narrazione di una simile opera. Le vicissitudini di politica internazionale, per quanto possano essere vissute in “prima linea” patiscono una dilatazione del tempo e delle battaglie che possono accattivare/interessare un po’ meno lo spettatore, rispetto ai più succosi fatti di cronaca, ma, concretamente, abbiamo visto che può accadere anche il contrario con un po’ di coraggio.
Sergio, il vero diplomatico in questo caso, è stato un uomo capace di lottare sempre e comunque, contro tutto e tutti, e, fortunatamente, il suo animo traspare da questa pellicola. Il compito di supportare le sue idee e farle arrivare al pubblico è stata l’accoppiata Moura – de Armas, due dei più (se non “i più”) importanti attori del Sud America. Moura mantiene il suo livello, donando al suo connazionale una onorevole rappresentazione su schermo (in più lingue). Il talento di Moura era già noto agli occhi del pubblico di Netflix per la sua incredibile interpretazione di Pablo Escobar in Narcos, e oggi ci mostra un de Mello combattuto. Un uomo che mette al primo posto gli altri e quasi mai la propria felicità. Quest’ultima, durante il tortuoso cammino della sua vita, prenderà le sembianze di Carolina, impersonata dalla cubana prossima Bond Girl.
Ana de Armas, dopo averci fatto emozionare e piangere in Blade Runner 2049, torna in una veste umana, nel suo significato più profondo, che ci commuove e fa chiedere perché questa fantastica attrice non abbia lo spazio che meriterebbe ad Hollywood (ma questa è un’altra storia).
La narrazione, che prosegue per un totale di 2 ore, dopo un’iniziale rincorsa, procede con un ritmo lento e fin troppo schematizzato. Certo è che il termine “lento” per un film, soprattutto di questi tempi, prende un’accezione diversa di opera in opera, senza avere, per forza di cose, un significato puramente negativo, anzi. In questo caso, però, lo scorrere del tempo si sente tutto, e questo è dato da un’accoppiata (regia e sceneggiatura) non all’altezza del duo di protagonisti. Il costante scambio tra presente e flashback che ci viene fornito da Barker e Borten (candidato all’Oscar per la sceneggiatura nel 2014 per Dallas Buyers Club) funziona solo in parte. Seppur potesse risultate una mossa intelligente, ci impedisce di godere appieno di molte altre gesta che avrebbero senza alcun dubbio appassionato lo spettatore.
Non era necessario mettere l’accento sulle più complesse situazioni politiche affrontate dal diplomatico brasiliano, ma almeno mostrarci concretamente alcune risoluzioni sarebbe stato affascinante. La disputa in Timor Est e la difficile convivenza con gli Stati Uniti a Baghdad si vede, si sente, e, effettivamente, viene mostrata, ma sembra quasi che Barker ci abbia lasciato le briciole, nel timore di spingere l’opera su binari documentaristici.
Sergio de Mello era un uomo del popolo e per il popolo. Nella narrazione di Netflix la sua umanità arriva e il suo messaggio è chiaro, il resto, alla fine della fiera, è solo contorno.
Netflix, con il suo Sergio, si cimenta in un’esperienza articolata e complessa. Paradossalmente potrebbe rappresentare l’ennesima occasione persa della N rossa, ma il giudizio viene salvato dal fantastico duo (come già detto più volte) e da una storia che ti riesce ad arrivare.
Sergio de Mello era ben più di un semplice uomo, era un messaggio. Un’idea con anima e corpo. Un umano che ha sempre visto la luce in fondo al tunnel. La visione di Sergio probabilmente non sarà la più epica della vostra vita, ma senza dubbio vi lascerà qualcosa alla fine e, forse, è quello che conta di più.