Valeria dà il nome alla nuova serie Netflix spagnola
Pare che Netflix e la Spagna abbiano stretto un buon patto di collaborazione: il successo di serie come La casa di carta o Elite ha portato il colosso streaming a scommettere nuovamente su storie e attori spagnoli e così dall’8 maggio è disponibile Valeria, che ricorda altre serie tv, romanzi e film iconici quali Sex and the City, I love Shopping o Il diavolo veste Prada, ma con quel tocco moderno che avrebbe dovuto distinguerla.
Una trama che non brilla di originalità
Valeria è una giovane donna di ventotto anni, sposata con Adrián da sei e aspirante scrittrice. Per noi la sua storia comincia in un momento non proprio roseo della sua vita: è in pieno blocco dello scrittore, per di più è in ritardo sulla scadenza per la consegna della prima parte del suo primo romanzo e, ciliegina sulla torta, il rapporto con suo marito è in crisi.
Incontriamo allora il suo gruppo di amiche: Carmen, che lavora nel marketing e fa il filo a un collega del suo ufficio, con scarso successo; Lola, che ha un relazione con un uomo sposato; Nerea, che non trova il coraggio di dire ai suoi genitori di essere lesbica. Con loro Valeria cerca di trovare la soluzione ai suoi problemi, esponendoli spesso attraverso i suoi lunghi messaggi vocali (che loro chiamano simpaticamente podcast). Questa sembrerà materializzarsi nella persona di Victor, un affascinante amico di Lola che consiglia a Valeria di cimentarsi nella scrittura di un romanzo erotico, per sbloccarsi e, in qualche modo, rivalutare anche il proprio matrimonio, del quale si mostra palesemente insoddisfatta.
Così si sussegue una serie di eventi che coinvolgeranno più o meno direttamente le sue amiche e che porteranno la protagonista ad allontanarsi sempre di più dal marito, dal quale non è capace di separarsi nonostante l’attrazione per Victor. E il romanzo? Valeria dovrà rinunciare al suo sogno o finalmente avrà il coraggio di scrivere davvero di ciò che ha dentro?
Una protagonista un po’ incapace
La sottoscritta ammette di essersi inizialmente immedesimata in Valeria, soprattutto riguardo la scrittura: non è facile mettersi giorno dopo giorno davanti al foglio bianco di word e sentirsi ispirati, qualunque sia l’argomento o il genere dei nostri scritti. Addirittura, potevo rivedermi nei suoi lunghi vocali, specialmente quello di 15 minuti, tra i primi che ascoltiamo insieme alle sue amiche. Con l’avanzare degli episodi, 8 in totale, però, il distacco si è fatto sempre più netto, fin quasi a odiare il suo personaggio.
Si suppone che protagoniste come lei vengano create apposta per permettere una migliore immedesimazione: un po’ sognatrici, squattrinate, con una buona dose di ansie e qualche problema irrisolto… Li abbiamo tutti, specialmente il target a cui le serie Netflix come Valeria si rivolgono, ovvero donne tra i venti e i trent’anni che si sentono sperdute o senza uno scopo. Ci si potrebbe sentire vicini a Valeria solamente se ci si trovasse al 100% in una situazione simile alla sua. Altrimenti non c’è quasi nulla che possa giustificare pienamente la piega che prende la sua vita.
Il suo è un continuo crogiolarsi nel desiderio di qualcos’altro, senza sapere esattamente cosa e soprattutto senza prendere l’iniziativa, preferendo non affrontare la realtà e lasciandosi trascinare da eventi e persone che possono prendere facilmente il controllo su di lei. Victor finisce per condizionare i suoi comportamenti, che spesso contemplano dei finti tentativi di riavvicinarsi ad Adrián: la verità è che il loro matrimonio è stato affrettato dall’impeto giovanile, perciò i due coniugi non hanno mai avuto modo di conoscersi davvero, non riuscendo nemmeno a sostenersi a vicenda nelle loro carriere.
Tuttavia, Adrián, per quanto scettico inizialmente, riesce col tempo a reinventarsi, a scoprire un nuovo lato di sé al di là del suo pregiudizio nei confronti del suo nuovo lavoro. Si evolve, lasciando definitivamente indietro la moglie, che invece per gran parte del tempo è incapace di ripartire, di mostrarsi determinata e di prendere qualsiasi decisione, compresa quella di lasciarlo.
Valeria, una “dramedy” forse eccessivamente sexy
Quasi non si riesce nemmeno a sghignazzare nel guardare Valeria. Oltre alla fine di un amore sviluppatosi troppo velocemente, assistiamo al dipanarsi dei drammi delle amiche, ciascuna a suo modo più disperata dell’altra. Carmen è forse l’unica che riesce a strappare qualche sorriso, per via della sua bizzarra ingenuità, che però è compensata da un ottimo intuito per il marketing e idee originali. Lola assume invece il ruolo di “ninfomane” del gruppo, in un tentativo, forse, di affermare la libertà sessuale femminile, concetto certamente apprezzabile ma non in queste vesti un tantino esibizioniste e per di più autodistruttive, dato che il personaggio risulta molto più umano e reale una volta che si comprende meglio il suo background; Nerea, purtroppo, pare quasi la reietta del gruppo, spesso inascoltata, nonostante l’aria matura e l’atteggiamento controllato e gentile, e per questo un pesce fuor d’acqua in mezzo alle amiche etero che non sembrano voler comprendere davvero i suoi timori per un ipotetico coming out.
Il risultato è un gruppo sì eterogeneo di donne con cui percepire una qualche affinità ma che chiedono ciascuna il proprio spazio. E se già è difficile gestire queste quattro personalità così vivaci, i personaggi secondari non sono che macchiette di cui non si riesce a comprendere l’utilità ai fini di trama, finendo per non avere nemmeno quel piccolo ruolo comico che ci si potrebbe aspettare. Una trama che si abbandona troppo a scene di sesso e, in generale, momenti di tensione erotica a discapito dell’approfondimento psicologico degli attori principali, anche se forse non si può farne una colpa alla serie, che prende il via dalla serie di romanzi rosa di Elísabet Benavent, ai quali probabilmente cerca di essere fedele.
Forse allora la radice del problema è proprio l’originale, poiché le ragazze risultano un po’ troppo stereotipate e quasi nessuna di loro in grado di cambiare volontariamente il proprio status quo. Valeria per prima, dopotutto, dimostra di non cogliere davvero il senso del motto di Victor: “Meglio avere rimorsi che rimpianti”, sul quale si può certamente essere d’accordo o meno ma che dovrebbe come minimo portare a riflettere.
Valeria: una serie Netflix nel complesso deludente
Insomma, niente di nuovo sotto molti aspetti. Valeria, da buona serie targata Netflix, cerca di catturare l’attenzione del possibile spettatore con quattro donne apparentemente indipendenti in copertina, venendo addirittura definita la “Sex and the City” spagnola per via delle atmosfere calde e vagamente festaiole che si alternano ai momenti più seri, per poi deludere le aspettative con l’amara verità: Valeria non presenta alcuna novità particolare e, se mai si volesse darle una seconda possibilità, bisogna sperare che la seconda stagione (non ancora confermata da Netflix ma probabilmente in cantiere) possa dare maggior spazio alle tematiche appena accennate nella prima, come la famiglia di Lola o l’associazione LGBT a cui si unisce Nerea.
Valeria è una serie che sfrutta quelli che ormai si potrebbero definire dei cliché collaudati da altre che l’hanno preceduta: scambi di messaggi in sovrimpressione, protagonisti millennials dalle intenzioni poco chiare, una miscellanea di generi musicali (si passa dalla trap spagnola ai London Grammar, le cui canzoni sono molto presenti nella nostrana Baby, a Billie Eilish), eppure sembra non decollare mai a causa di Valeria stessa, una protagonista incapace di dare un buon esempio sia a livello di scrittura del personaggio che come persona. Forse la sua autodiagnosi di affetta da “sindrome dell’impostore” non era del tutto errata.