Intervista a Francesco Artibani, maestro del fumetto Disney e dell’animazione
Mentre la quarantena volgeva al termine e si spalancavano finalmente le porte della Fase 2 (anche per il fumetto), siamo riusciti ad avere un’intervista con Francesco Artibani. Artibani è uno di quegli autori che non hanno bisogno di presentazioni, ma se per caso siete scesi adesso dalla vostra astronave vi spieghiamo brevemente chi è.
Ha cominciato a lavorare con Topolino nel 1991 e da lì non si è più fermato: ha messo mano ad alcuni dei progetti più significativi degli ultimi due decenni per quanto riguarda il Topo e il mondo dell’animazione e, se siete stati bambini tra gli anni ’90 e i primi del duemila, è probabilmente che gli dobbiate una grossa fetta di riconoscenza, anche se non lo sapete.
Topolino, PKNA, PK2, Monster Allergy, MMMM, W.I.T.C.H, Lupo Alberto, Double Duck, senza trascurare le splendide incursioni nel mondo Marvel con gli X-Campus e Young Dottor Strange, le storie per il mercato francese e i progetti animati per Winx e Rai2. Una carriera lunga quasi trent’anni che lo ha incoronato maestro Disney dei nostri tempi, al pari di grandi narratori contemporanei come Casty, Bruno Enna, Fabio Celoni, Corrado Mastantuono, Paolo Mottura e Lorenzo Pastrovicchio.
Ciao Francesco, grazie ancora per averci concesso quest’intervista. Vista la situazione, non possiamo che cominciare chiedendoti come stai, come hai passato questa quarantena e come ha cambiato la tua routine di lavoro. Immagino che sia difficile scrivere storie dove i personaggi escono, fanno “assembramenti” mentre fuori, nella vita vera, tutto questo ci viene negato per ragioni di sicurezza…
Per quello che mi riguarda ho lavorato come sempre, forse anche di più perché meno distratto da interferenze esterne. In certi momenti forse c’è stato un po’ di sconforto pensando al valore di questo mestiere e al suo senso; ho sempre avuto un approccio concreto tendente al pessimismo rispetto il lavoro del fumettista e questa esperienza me l’ha confermato (ma in maniera serena). Comunque lo sconforto è durato poco, le scadenze e gli impegni mi hanno riportato al dovere in fretta e con la necessaria concentrazione puoi continuare a scrivere cose più o meno comiche anche quando non c’è davvero niente da ridere.
Come pensi, in generale, che il mondo del fumetto abbia reagito a questa emergenza? Come cambierà, secondo te, il fumetto, popolare e non, quando sarà tutto finito?
In realtà la reazione non è ancora arrivata, tutto è accaduto in maniera abbastanza rapido e violento e i conti veri li faremo tra qualche mese in termini di venduto e risultati economici. L’emergenza sanitaria ha toccato tutti, tantissimi autori hanno raccontato e continueranno a raccontare questa esperienza; mi preoccupano di più gli editori e i distributori perché se la parte industriale si ingrippa o collassa ci saranno ricadute pesanti per tanti. Il fumetto sicuramente si adatterà e si ricollocherà trovando spazi di vendita e incontro al di fuori delle grandi fiere. Di sicuro questa è e sarà un’occasione di riflessione per tutti e sono convinto che da questa crisi generale nasceranno nuove idee e nuove opportunità. In questi mesi il venduto in edicola ha avuto degli incrementi significativi per il fumetto; proverei dunque a ripartire da qui nonché dalle edicole e dalle librerie. Qualche ripensamento e sacrificio sarà necessario ma non mi avventuro in previsioni pericolose.
Hai preso parte al progetto COme VIte Distanti voluto dall’ARF! e al Lockdown Chronicles organizzato dal PAFF! Palazzo Arti Fumetto Friuli di Pordenone. Entrambi puntano a raccogliere dei fondi da destinare al sistema ospedaliero attraverso un libro composto dai contributi di tanti autori blasonati. Ti va di raccontarci qual è stato il tuo contributo e qual è la tua opinione su queste iniziative?
Sono due imprese molto belle e ho partecipato volentieri anche per reagire allo sconforto di cui parlavo prima. A cosa servono i fumetti in momenti come questi? A distrarre la gente, a intrattenerla, divertirla, certo – ma possono fare anche qualcosa di concreto come raccogliere fondi per sostenere un ospedale. Per il progetto “COme VIte Distanti” ho accolto l’invito di Mauro Uzzeo e insieme a lui, Katja Centomo e Giovanni Masi abbiamo costruito la storia che è stata realizzata da un esercito di autori meravigliosi. È stato un bel lavoro di scambio con gli altri sceneggiatori, con pagine scritte e condivise quotidianamente, in modo veloce. Ed è stata l’occasione – se mai ci fossero dubbi – per ricordarsi quanto sia vertiginosamente alto il livello di bravura dei fumettisti italiani. Il risultato ottenuto è stato incredibile; mentre ti sto scrivendo (e siamo al 13 maggio) sono stati già donati 50 mila (ora 60 mila, ndr) euro all’ospedale Spallanzani ma la cifra è destinata a crescere grazie alle tantissime persone che hanno sostenuto l’iniziativa preacquistando il volume.
È stata un’operazione di generosità assoluta perché tutti hanno lavorato gratuitamente: noi sceneggiatori, i disegnatori, i coloristi e perfino lo stampatore. I 15 euro del prezzo di copertina sono dunque soldi veri per lo Spallanzani dal primo all’ultimo centesimo. Per l’operazione Lockdown Chronicles del PAFF! ho invece partecipato in veste di disegnatore realizzando una tavola dell’Omino Bufo – non senza imbarazzo perché mi ritrovo in compagnia di disegnatori veri, straordinari (ma è stato per una buona causa e quindi ho messo da parte la vergogna e mi sono lanciato).
Parlando invece del “mondo di prima” il 27 febbraio, pochi giorni prima del lockdown generale, in libreria era arrivato il nuovo volume di Monster Allergy: La voce dell’ombra, scritto da Licia Troisi e disegnato da Arianna Rea. Ti chiedo: come sta andando questa “evoluzione” di Monster Allergy dall’edicola alla libreria e come avete coinvolto nella serie un’autrice come Licia Troisi?
L’evoluzione sta andando bene, il ritorno di Monster Allergy in libreria e fumetteria con Tunué è stato premiato da buone vendite e siamo tutti contenti. Con Licia è andata in maniera totalmente lineare: l’ho contattata, ci siamo incontrati insieme a Katja Centomo e abbiamo costruito una storia doppia. Licia oltre a essere un’autrice di narrativa è anche una grande appassionata ed esperta di fumetti ed è stato veramente bello mettere insieme tante idee unendo i diversi immaginari. Il risultato è stata una storia diversa dal solito eppure perfettamente i linea col mondo e i personaggi di Monster Allergy e il segno di Arianna Rea ha reso tutto ancora più straordinario.
Di recente, è uscito il secondo volume di Pikappa scritto da Roberto Gagnor e intitolato “Danger Dome”. Tuttavia, se oggi abbiamo nuove storie di PK è merito tuo e di Lorenzo Pastrovicchio che avete riesumato il personaggio dall’oblio costruendo nuove saghe e avventure. Ti chiedo: quali sono i nuovi orizzonti che attendono il personaggio?
Francamente non ne ho idea, non seguo più Pikappa.
Nell’ottobre 2018 Valentina de Poli ha lasciato il posto da direttore di Topolino, che occupava fin dal 2007, a favore di Alex Bertani. Come vedi il nuovo corso di Bertani e come sei stato coinvolto nei futuri piani di Topolino?
Il nuovo corso è interessante perché porta avanti filoni classici e allo stesso tempo è aperto alle nuove proposte, continuando così sulla linea dell’innovazione e della tradizione che da sempre rappresentano la filosofia disneyana. Alex Bertani è un direttore entusiasta – come dev’essere chi guida Topolino. Per il settimanale sono impegnato in diversi progetti tra serie vecchie e nuove, storie singole e altre iniziative speciali. La preoccupazione principale è riuscire a far tutto.
Qualche tempo fa girava voce che nel cassetto coltivavi il sogno di fare un remake de L’inferno di Topolino, uno dei più celebri adattamenti letterari fatti da Paperi e Topi. Più in generale, ci sono altre operazioni di questo tipo all’orizzonte? C’è un grande classico (film, romanzo, serie tv) che ti piacerebbe adattare?
Mi piacerebbe in realtà continuare la Divina Commedia, l’Inferno esiste già. È un progetto complesso e dunque non so se si realizzerà; il classico più prossimo sul quale lavorare è “Il mago di Oz”; il progetto è lì ma è scivolato in fondo alla lista perché sono arrivate altre storie più urgenti da scrivere. Spero di riuscire a rimetterci le mani presto, in compagnia di Paolo Mottura.
Oltre a lavorare dal lato “creativo” nel mondo del fumetto hai operato anche nel campo dei diritti editoriali e di rappresentanza con la Red Whale. Durante questa quarantena, diversi fumettisti (tra cui i membri del collettivo Mammaiuto), guardando a quello che sta succedendo in Francia hanno lanciato l’idea di dare vita ad un sindacato dei fumettisti. Tu come la vedi una simile eventualità? Quanto c’è ancora da fare da questo punto di vista nel nostro paese?
Il fumetto italiano è indietro su tantissimi fronti (e la pietra di paragone per questi temi resta inevitabilmente la Francia). Il progetto del sindacato lo vedo complicato, c’è chi ci ha già provato in passato senza grandi risultati. Questo è ancora oggi un lavoro in gran pare solitario, individuale e per tanti versi egoista, manca una vera consapevolezza (una “coscienza” si sarebbe detto un tempo). È stato avviato un censimento (realizzato dal gruppo di ricerca Mefu, ndr) e questo è senz’altro il primo passo utile per definire il settore, capire da quante figure e professionalità è composto, individuare le diverse esigenze. Non esiste il “fumetto” come entità astratta ma una realtà composta che passa per diritti d’autore concessi e negati, per tavole originali rese o trattenute, per trattamenti previdenziali, contratti fatti bene e accordi capestro.
La situazione è davvero complessa e prima di dar vita a un sindacato bisognerebbe capire chi siamo, quanti siamo e cosa vogliamo. Tempo fa in Senato era approdato un disegno di legge per rivedere la legge sul diritto d’autore e partire da lì per ridefinire il ruolo degli autori di fumetti. Il disegno di legge fortemente sostenuto da Ivo Milazzo si è arenato per due volte; fin quando questo lavoro continuerà a essere poco definito e poco riconosciuto sarà dura riuscire a far valere le proprie ragioni – e gli autori continueranno ad andare per ordine sparso, come fanno da sempre.
A cosa stavi lavorando prima della pandemia? Quali saranno i tuoi prossimi progetti?
Stavo lavorando a tante cose per Topolino, per l’animazione con delle nuove serie a cartoni per Rainbow e su un paio di progetti miei per l’Italia e per il mercato francese. Su Topolino ci saranno molte storie spalmate tra il 2020 e il 2021 ma sono al lavoro anche su una nuova avventura per Groucho.
Tu in carriera hai scritto tantissime serie e ideato decine di personaggi diversi. Ce n’è qualcuno che, per ragioni personali o semplicemente per affetto, ti è rimasto particolarmente a cuore?
Ce ne sono moltissimi, da Lupo Alberto ai personaggi disneyani. Pikappa e le Witch mi hanno dato enormi soddisfazioni così come le Winx nell’animazione.
Un posto speciale è riservato sicuramente a Monster Allergy, per mille ragioni diverse ma un altro personaggio a cui sono molto affezionato è il Boia Rosso realizzato con Ivo Milazzo. E già so, chiudendo questo elenco, che tra un attimo mi verranno in mente altri personaggi, ma tant’è.
Ultimamente hai fatto qualche incursione in TV nei cortometraggi di Gipi per Propaganda Live. Ti piacerebbe prendere parte in futuro ad altre incursioni televisive e recitare con più continuità?
No, l’esperienza dell’attore dilettante è nata per gioco con Gipi – che ringrazio sempre infinitamente per l’occasione. Recitare nei suoi corti è divertentissimo ma non è il mio mestiere.
Grazie anche ai social, sei sempre più una “voce contro” anche a livello politico. La tua attività di fumettista e autore di storie per ragazzi in che modo è legata, se è legata, a questo sano spirito critico che stai esprimendo sempre di più?
Non penso di essere una voce “contro”, non faccio le barricate né firmo manifesti e appelli all’insegna del forte impegno – resto tendenzialmente un cialtrone pigro. Mi capita spesso di commentare sui social certe cose bizzarre – così come fanno tutti i commentatori da social. La mia attività professionale è totalmente scollegata dalle mie opinioni; se scrivo storie con personaggi non miei lo faccio rispettandoli. Condivido però il punto di vista e i valori dei personaggi che scrivo. I personaggi disneyani o quelli della fattoria di Lupo Alberto parlano di temi come il rispetto, la convivenza civile, l’empatia e in loro mi ci ritrovo completamente, sono personaggi universali, contemporanei. Lo spirito critico me lo tengo per me, soprattutto quando scrivo per un pubblico di bambini o ragazzi. Questa divisione comunque serve a poco: un genio che non la pensa come te e arriva a dirti che l’hai deluso come persona lo trovi sempre. Il mondo è pieno di quelli che “ti credevano meglio” e la mia missione è deluderli sistematicamente.
Ringraziamo Francesco Artibani per l’intervista e speriamo di “rileggerlo” presto!