Realizzato da un solo sviluppatore, Rainy Season ci fa vivere la normale giornata piovosa in una casa nella provincia del Giappone.
La maturità del linguaggio videoludico siamo abituati a individuarla nel trattare temi considerati adulti. Violenza e sesso non sono però espressioni della maturità, ma anzi sono quello che viene esibito per dimostrare maturità nell’età adolescenziale e che, normalmente, perde di potenza una volta raggiunta l’età adulta.
Allo stesso modo la pacatezza e la delicatezza sono caratteristiche che si associano a età più avanzate, quando si è trovato il tempo per fare introspezione e mettere in ordine le cose che la vita ci ha insegnato.
Rimanendo nella metafora, dovremmo individuare quindi la maturità del videogioco negli anni che stiamo vivendo, in cui l’industria ha capito che non c’è solo sesso e violenza, ma che è arrivato il momento di riflettere, di lasciarsi andare a opere più ragionate e intimistiche, in grado di restituire ai fruitori sensazioni nuove che non devono per forza rispondere all’esigenza di divertimento o sfogo, ma che possono rappresentare piccoli scampoli della vita, biografie o ricordi di sensazioni le cui tinte si sono attenuate per il passaggio del tempo.
Perché probabilmente non c’è niente di più maturo di sapersi fermare per prendersi il proprio spazio.
Rainy Season è esattamente questo: un piccolo titolo indipendente realizzato da una sola persona, della durata di circa un’ora, in cui rivivremo una giornata particolare vissuta da bambino che è rimasta nella mente del protagonista (e dell’autore?).
Dalla grande città il nostro avatar si è spostato nella provincia giapponese per passare la giornata con i suoi in un parco giochi. Purtroppo, il grande giorno verrà rovinato da una giornata di pioggia che obbligherà la famiglia a rimanere a casa. Qui, senza svaghi a disposizione e con l’impossibilità di uscire, il piccolo protagonista potrà soltanto esplorare la piccola casa e perdersi nelle sue fantasie.
L’importanza della fantasia
La fantasia dei bambini è un qualcosa di estremamente potente, soprattutto quando affiancata dalla capacità di autosuggestionarsi. Grazie a questo semplice pretesto, Rainy Season ci restituirà momenti potentissimi ed estremamente evocativi, durante i quali incontreremo situazioni incredibili che, per un breve periodo, spezzano il peregrinare per l’abitazione in cerca di un qualcosa in grado di fornire uno stimolo. In questo modo l’opera di Inasa Fujio riesce a rendere coerenti i suoi intenti narrativi con la struttura ludica del gioco.
Il girare costantemente per casa non è divertente, affatto. Quando però qualcosa riesce a destare la nostra attenzione, a stimolarci, l’ambiente circostante si apre su altri mondi, si riempie di elementi estranei o ci fa da platea per qualcosa di incredibile che sta succedendo in lontananza e che noi possiamo osservare come spettatori.
La casa è sì un limite, ma è anche un bacino di storie e tesori, o di oggetti che all’occorrenza (e agli occhi del bambino), possono diventare la scintilla che innesca un fuoco potentissimo.
C’è tanta intimità in Rainy Season, nei rapporti appena accennati e nella storia di una famiglia raccontata dai pochi dettagli che troviamo in giro. Un’intimità ritrovata grazie alla negazione di un giorno di svago, quando forzatamente si è costretti a rimanere tra le stesse mura.
Calcando la mano si potrebbe dire che il gioco ci suggerisce di ricercare quei momenti che, trattandosi di un ricordo, possiamo ritenere non si ripetano più nel presente del protagonista, dove (immaginiamo) come tutti è in un eterno vorticare all’interno della spirale della vita adulta.
Le cene tutti assieme intorno a un tavolo, il cucinare insieme, qualcuno che fa i compiti o qualcuno che guarda distrattamente la TV: sono tutti momenti semplici, quotidiani e forse percepiti nell’immediato come scontati e privi di valore, ma importanti quando riscoperti in età più avanzata.
Seguono queste tematiche delle scelte estetiche perfettamente coerenti nei cromatismi come nell’utilizzo di uno stile cartoon che guarda alle opere di Studio Ghibli senza mai diventare mai qualcosa di spiccatamente anime – se non per quanto riguarda i personaggi.
La delicatezza dei colori e della rappresentazione esplode letteralmente assieme a una colonna sonora di grande delicatezza durante i vari sogni a occhi aperti del piccolo protagonista, regalando momenti che probabilmente non dimenticherete facilmente – o che ricorderete tra qualche anno con un sorriso.