Su Amazon Prime Video è disponibile Ride Your Wave, ultimo anime dell’autore di Devilman Crybaby. Un concentrato di estate per parlare dell’elaborazione del lutto
Masaaki Yuasa è una delle nuove stelle dell’animazione giapponese. Il perché è chiaro a chiunque abbia visto una delle sue opere, prima tra tutte l’eccezionale Devilman Crybaby, che ha portato l’autore sulla cresta dell’onda grazie anche alla distribuzione internazionale Netflix. Premere play dopo aver aperto un anime del regista significa essere trascinati in un vortice di suggestioni artistiche forti, spesso utili a raccontare situazioni surreali e grottesche. Ride Your Wave non è però un prodotto surreale, nonostante abbia il suo twist paranormale, ma è anzi piuttosto ancorato alla realtà. L’anime sarebbe dovuto uscire nei cinema, ma la situazione internazionale ha portato la distribuzione a rilasciarlo gratuitamente su Amazon Prime Video, dove possiamo trovarlo con doppiaggio italiano e giapponese.
Hinako Mukaimizu è una ragazza con la passione per il surf e il mare che ritorna nel paese dove è nata per studiare all’università. Qui è sola, ma la cosa non sembra pesarle troppo dato il suo carattere piuttosto forte. Vicino casa sua c’è una caserma dei pompieri, dove lavora Minato Hinageshi. L’incontro tra i due avverrà durante un incendio nello stabile dove vive Hinako, quando rimasta bloccata sul tetto verrà salvata proprio da Minato.
Tra i due nascerà una storia d’amore bellissima, interrotta purtroppo da un tragico incidente che darà effettivamente il via alle vicende e al tema che l’anime vuole trattare: l’elaborazione del lutto.
Yuasa mette in scena un racconto che all’inizio sembra un classico film estivo con una storia d’amore nata in riva al mare. Una di quelle storie d’amore irripetibili e trascinanti, come le onde che Hinako cavalca con la tavola da surf prima da sola, poi con Minato.
Le splendide location della costa giapponese colpiscono dritto allo stomaco lo spettatore, ed è quasi possibile sentire il tepore del sole sulla pelle e l’odore del mare. La prima mezz’ora di film ha quella carica quasi adolescenziale che trascina i protagonista così come chi è al di qua dello schermo in una serie di situazioni così belle e spensierate da pensare che nulla possa rompersi, che tutto durerà per sempre, come lo si pensa degli amori estivi destinati a sgretolarsi a settembre.
Quando il dramma si consuma però la gioia di Hinako si incrina. Il principale stratagemma narrativo, ovvero la capacità della ragazza di vedere ancora l’amato all’interno dell’acqua, non riesce a esprimere le sensazioni che dovrebbe, non in modo così forte come nella prima parte di Ride Your Wave. Il discorso sull’elaborazione del lutto è interessante, eppure un po’ approssimativo. È invece più d’impatto il messaggio che il film vuol far passare, estremamente rassegnato e fatalista, in fortissimo contrasto con la leggerezza della prima dell’opera.
Un amore così capita una volta nella vita, ma il mondo (o destino, se vogliamo) può comunque mettergli un freno, e non c’è modo che l’amore possa vincere su tutto e sopravvivere a tutto.
Quando si tratta di un amore così irripetibile poi, non c’è nulla a salvarci.
Il film scorre liscio e godibile per la sua intera ora e mezzo di proiezione, senza mai annoiare e anzi ripetendo costantemente tematiche e simbolismi che gli fanno da sostegno, come il sempre presente mare e il surf come metafora dell’affrontare la vita, dipingendo una realtà di provincia con il suo bar e la sua tradizione nel preparare il caffè, le sue spiagge e il suo piccolo negozio di fiori, ritagliati però all’interno di una cittadina che così marginale non sembra essere, quasi a disegnare due facce del Giappone.
Effettivamente, tolto l’impianto tematico non particolarmente efficace, quello che resta di più è la prima parte di Ride Your Wave, in grado di risvegliare una fortissima voglia d’estate, di leggerezza e di amori trascinanti su coste da sogno. Per noi occidentali tutto questo ha forse una marcia in più, dato il naturale esotismo di un paese così distante.
Lo stile di Yuasa poi non può che mettere il carico a questa fantastica messinscena, a conferma dell’unicità artistica di un autore che meriterebbe molta più visibilità.
Non parliamo quindi dell’anime dell’anno, ma certamente di qualcosa è vale la pena vedere, anche solo per farsi coccolare gli occhi. È anche gratuito, quindi perché non sognare di essere su quelle spiagge?