Rinascita di un cult, disastro annunciato, od onesto tributo?
Jurassik Park fu un capolavoro del genere avventuroso/fantascientifico (uno dei preferiti di Spielberg) difficile da replicare per la carica innovativa che ha portato nel comparto degli effetti speciali e per la fantastica gestione in chiave cinematografica del Dino-universo letterario creato da Michael Crichton, tanto è vero che i due sequel fallirono miseramente nel tentativo di ripetere la magia. Ammetto quindi di essere entrato al cinema accompagnato da un bel po’ di scetticismo: roba come i dinosauri non posso più stupire come venti anni fa, e un regista come Colin Trevorrow sembrava apparentemente troppo inesperto e dal curriculum artistico troppo distante dalla cifra stilistica di Jurassic Park. Negli intenti degli sceneggiatori non rimaneva quindi che tentare il tutto per tutto provando a sconvolgere qualcuno degli stilemi che hanno definito la saga, cercando di prendere una propria strada pur rimanendo dentro le linee guida del blockbuster da famiglia, in quanto un tentativo di replicare pedissequamente il passato ‘scimmiottando’ in qualche modo l’opera di Spielberg sarebbe stato potenzialmente fallimentare dalla partenza.
Beh che dire, secondo il mio umile parere, missione compiuta. Jurassic World riesce a rispettare il passato, si percepisce il tentativo difficilissimo di riproporre quel senso di meraviglia per la riscoperta del mondo perduto (no, non intendo l’orribile film, ma quello dei dinosauri), inserisce molti riferimenti al parco originale, sulle cui macerie è stato costruito appunto, il Jurassic World, un’area gigantesca piena di attrazioni basate sulla contemplazione della moltitudine di dinosauri in cattività che calamita migliaia di visitatori ogni giorno, in un’epoca in cui ormai l’esistenza di queste preistoriche creature è un fenomeno assodato e nella norma. Tutto è sotto controllo, niente può sconvolgere la perfetta funzionalità di una struttura perfettamente concepita per sollazzarsi tra i dinosauri in tutta sicurezza, con recinti per far cavalcare ai bambini ‘cuccioli’ di triceratopo e visite guidate in mezzo a bestie estinte 65 milioni di anni fa. Addirittura il temibile T-Rex ormai ha perso la sua carica suggestiva in questo mondo, e la sua aura di essere feroce e letale viene inizialmente ridimensionata anche nella messa in scena, mettendo un attimo da parte quella che è sempre stata la figura più iconica e catartica dell’immaginario di Jurassic Park.
Come sconvolgere quindi nuovamente l’animo delle famigliole e dei turisti ormai abituati all’idea che i dinosauri sono ancora tra noi in modo da attrarre sempre più gente e permettere un futuro prospero e ricco di guadagni alla poderosa riserva? E come risolvere lo stesso dilemma con lo spettatore di Jurassic World, anestetizzato ormai da Godzilla e mostri assortiti che invadono i cinema ogni anno? Semplice, spingendosi un po’ più in là e mischiando qualche carta in tavola. In Jurassic World non si viene a creare il solito conflitto tra uomo e canonici dinosauri ma sostanzialmente si dà il ruolo di nemesi principale ad un nuovo tipo di dinosauro, completamente frutto della genetica artificiale e non esistente in natura, che può contare su caratteristiche genetiche di diverse razze assemblate in laboratorio.
Ecco quindi che varcando un nuovo limite l’uomo mette ancora una volta in pericolo la propria razza, innescano tutti gli eventi del film: questo nuovo ‘mostro’, più scaltro e infinitamente più pericoloso di qualsiasi altro dinosauro, fugge dalla struttura in cui era tenuto in cattività, e diventa la minaccia di ogni tipo di creatura presente nell’isola, umana o animale che sia. In tutto questo, il personaggio di Chris Pratt (ottimo nel suo ruolo machiettistico ma perfettamente calzante, di ‘uomo nato per l’avventura’, esperto, spigliato e dal sangue freddo) dapprima è chiamato a controllare la sicurezza della struttura di isolamento in quanto esperto in materia, e in seguito viene persuaso a cercare due giovani fratelli, rimasti dispersi nel parco e alla mercé della preistorica fauna locale. Come se non bastasse, sarà incaricato di fermare la minaccia dell’Indominus Rex (cosi viene chiamata la nuova razza di dinosauro) insieme ad una squadra di gentaglia di vario tipo e un gruppo di velociraptor addestrati e leali (ma fino a che punto?). Nel mucchio vari personaggi più o meno secondari nutrono il comparto narrativo e donano colore al film, essendo praticamente tutti ben interpretati e utili alla causa.
Ok, l’idea di un dinosauro geneticamente modificato, cosi come quella dei velociraptor addestrati, possono sembrare trash, possono tradire in qualche modo la solennità dell’universo di Jurassic Park. Ma Jurassic World decide in qualche modo di prendere una strada diversa, conscio forse del fatto che un film di dinosauri oggigiorno non può realmente prendersi sul serio fino in fondo, soprattutto se nasce come film comunque di fatto ‘avventuroso’, e quindi gli si perdona senza problema qualche ‘licenza surrealista’ particolarmente sopra le righe. Dove Jurassic World vince è nel trovare la giusta misura, dosando bene l’acceleratore, evitando con abilità ogni deriva grottesca senza trascendere i limiti del ‘verosimile’ e senza sconsacrare troppo il concetto originale che i Dinosauri erano -e sarebbero tutt’ora- i dominatori del pianeta. Il film crea e mette in scena una nuova ‘caccia al topo’, fatta sì da emblematici momenti in cui spaventose bestie preistoriche percepiscono i sudori freddi di chi si nasconde dietro l’angolo, ma anche facendo qualcosa di diverso, mescolando un po’ i ruoli di preda e predatore, e fornendo quindi, un paio d’ore di intrattenimento tutt’altro che soporifere.
Colin Trevorrow dimostra di avere i tempi giusti, riuscendo a creare prima un contesto suggestivo, immergendoci nella realtà di Jurassic World, presentando le attrazioni, la struttura, con campi lunghi, panorami, con il tema musicale storico, un incipit da ‘avventura adolescenziale’ vecchio stampo, e poi spingendo l’acceleratore su sequenze più adrenaliniche, rocambolesche, che funzionano grazie alla bontà della messa in scena, e che culminano con un fantastica scena finale in cui predatori vecchi e nuovi si scontrano senza soluzione di continuità e dove solo lo spirito di sopravvivenza la fa da padrona. Sono un po’ generico lo so’, ma non ho intenzione di rovinarvi lo spettacolo, sappiate solo che Jurassic World gode di un climax finale di tutto rispetto, nonostante forse qualcuno tra gli spettatori più smaliziati potrebbe trovarlo piuttosto telefonato. Ma Jurassic World è cosi, rompe alcuni paletti, ne conserva altri, cerca una formula in grado di accontentare i fan e allo stesso tempo fornire qualche nuovo spunto di stupore. Come molte opere che viaggiano nel mezzo quindi non si erge sopra un certo livello, ma diamine, se mi aspettavo di peggio. Per rispondere quindi alla domanda che sottotitola questa recensione, Jurassic World non rappresenta una ‘rinascita’ quanto piuttosto un tributo riuscito al Jurassic-Universe e in ogni caso, un buon film.