Vivere e pensare alla guerra, ieri e oggi
Il 26 settembre ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione totale delle armi nucleari e tale occasione non può che essere un secondo momento di riflessione, dopo quello in cui ricordiamo il lancio della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki in agosto, per comprendere le conseguenze della guerra e di gesti e decisioni prese dall’umanità che hanno cambiato per sempre il mondo e il Giappone. Il Paese, naturalmente, ha subito una profonda influenza del periodo della guerra e non solo: ancora prima che iniziasse, letteratura, cinema e i media in generale vennero coinvolti nel sentimento nazionalista, utile a trascinare la nazione in un’impresa che poi si sarebbe rivelata un’enorme disfatta.
Lo sforzo immane richiesto al popolo, anche dopo la bomba atomica, di “sopportare l’insopportabile” è ben illustrato da autori, registi e testimoni di un’epoca fatta di sacrifici, perdite e dolori. Prima, durante e dopo la guerra, nonostante tutto, il Giappone ha prodotto opere, su carta o in movimento, capaci di trasmettere tutto l’orrore di un periodo che non possiamo dimenticare e che abbiamo dunque pensato di ribadire anche in questa giornata.
Letteratura della guerra e della bomba atomica in Giappone: le voci di tre generazioni
Gli autori già affermatisi nel periodo precedente all’inizio della seconda guerra sino-giapponese, come Jun’ichiro Tanizaki o Kafu Nagai, sono gli unici che si possono considerare “esterni” alla scena letteraria del periodo. Proprio Tanizaki, ad esempio, preferì concentrarsi sulla sua personale visione estetica: l’epoca moderna, così influenzata dall’Occidente, non rispecchiava più la sensibilità classica giapponese, perciò nelle sue opere, sfruttando tecniche come il narratore inattendibile, l’ironia o la confessione, scelse di esaltare l’ambiguità, la tradizione autoctona e la stessa letteratura giapponese classica, che riteneva più realistica e vicina al suo ideale di raffinatezza artistica.
A questo modo di vivere la letteratura come una sorta di rifugio estetico si contrappongono le testimonianze dirette dei reportage di guerra, spesso dai toni pesantemente nazionalisti, come quelli scritti da Hino Ashiei o Tatsuzo Ishikawa, e degli autori della cosiddetta scuola Sengoha. Questa corrente, rappresentata da scrittori come Toshio Shimao, si incentrava sulle brutali esperienze al fronte, i traumi e le conseguenze psicologiche nei sopravvissuti, con un livello di realismo che rende tali racconti di desolazione, violenza e angoscia universali. Il ricordo è così vivido da riaffiorare anche anni dopo in ulteriori opere a corredo delle precedenti, alle quali si vanno poi ad aggiungere quelle specifiche legate all’esperienza della bomba atomica, quasi a formare un genere a sé, il genbaku bungaku.
In questo caso, prevale soprattutto la voce di chi ha visto cadere la bomba, ha osservato le catastrofiche macerie e ha quindi vissuto da hibakusha, da sopravvissuto. Yoko Ota racconta con personale fervore i momenti cruciali del 6 agosto e spiega come, anche a distanza di alcuni anni, sia necessario fare un lavoro di costruzione non solo fisica, per far rinascere la città di Hiroshima dalle sue ceneri, ma anche linguistica e morale, poiché per esprimere quell’orrore non si può far altro che immaginare nuovi termini e modalità narrative che possano avvicinare il lettore all’enormità di quegli eventi. L’esempio più famoso di questo tentativo è Kuroi Ame, Pioggia nera, di Masuji Ibuse, in cui si alterna una narrazione onnisciente a diari in prima persona e foto, stratificando tra loro i ricordi dei personaggi che, seppur fittizi, raccontano la realtà dei fatti simulando dunque le innumerevoli prospettive di chi aveva vissuto davvero quei giorni.
Il cinema come parte integrante della propaganda militare
Naturalmente, anche l’arte cinematografica non è esente dall’aver fatto parte del movimento nazionalista che, fino alla fine, fino alla caduta della bomba atomica e alla successiva resa del Giappone, spinse il Paese a credere nella riuscita di una guerra che già da principio si poteva considerare insostenibile. In questo contesto, è ovvio che il cinema subì un forte controllo da parte del regime, che autorizzava determinate opere volte ad esaltare le missioni militari, che potevano apparire più nobili agli occhi di quello stesso popolo che veniva mandato in guerra, che così poteva sentirsi “eroico” come i personaggi mostrati (come il famosissimo Momotaro, la cui leggenda era conosciuta perfettamente dai giapponesi e veniva applicata come metafora della guerra in corso contro gli americani).
Tra i registi più attivi in questo senso, vi fu Kajiro Yamamoto, che in uno dei suoi film riprodusse l’attacco a Pearl Harbour e che fu il mentore di Akira Kurosawa, proprio in quegli anni sulla via per diventare anch’egli regista. L’influenza del periodo di guerra su Kurosawa si può notare, per esempio, in Rapsodia in agosto, un film che vede tra i protagonisti proprio una hibakusha e le generazioni successive che apprendono dal lei il significato sociale e storico dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki.
Mantenere vivo il ricordo
Liberi da restrizioni, i diversi media di cui usufruiamo parlano ancora oggi di quell’epoca nefasta e, senza fatica alcuna, diventano di diritto pilastri dell’insieme di opere pop che trattano l’argomento. Impossibile non ricordare Una tomba per le lucciole, lo struggente film d’animazione di Takahata, o in genere diversi lungometraggi diretti da Hayao Miyazaki (in primis, Conan ragazzo del futuro), che visse il periodo della guerra ed è oggi conosciuto per le sue posizioni pacifiste.
Tra animazione e manga, poi, si aggiungono Gen di Hiroshima, shonen autobiografico del’autore, Keiji Nakazawa, superstite della bomba atomica; Akira, che prende le mosse da una Neo-Tokyo risorta dopo un bombardamento nucleare; In questo angolo di mondo, ambientato proprio nella prefettura di Hiroshima; e moltissime altre opere che, pur inserendole sullo sfondo, includono la guerra e la bomba atomica come una sorta di ombra, un fantasma che si nutre del ricordo di chi produce queste opere così importanti e che non sarà mai possibile scacciare.
Per questo articolo è stato consultato il libro di testo La narrativa giapponese moderna e contemporanea di Paola Scrolavezza e Luisa Bienati.