L’incontro con Guillermo Vizcaino, scrittore di Mulaka, è tra gli eventi più interessanti tra quelli promossi da IVIPRO
Da anni oramai il mondo del turismo, dell’impresa culturale e museale ha adocchiato il videogiochi come luogo d’espansione dei suoi interessi. C’è da dire che, per come viene presentato, non sempre sembra essere dedicato alla valorizzazione del patrimonio culturale, ed è qui che entra in gioco IVIPRO, che da anni rappresenta un utile strumento sia per le istituzioni, per eventuali lavori su commissione, sia per gli sviluppatori e i publisher, sia nazionali che esteri, quando e se interessati a usare scenari del territorio italiano come sfondo (o oggetto) dei loro giochi. Non solo: l’associazione si pone l’obbiettivo di fornire una mappatura italiana delle potenziali scenografie e location da adattare a mondi di gioco, in cooperazione con le Regioni e gli enti locali. Inoltre (e mi permetto di aggiungere, cosa più importante) funge da sponda e supporto per tutte quelle produzioni che intendono valorizzazione il patrimonio storico e culturale italiano. Infine, come vi racconterò di seguito, permette anche a tutti noi di seguire interventi e lecture da parte di studiosi, sviluppatrici, teoriche e professionisti del settore.
Ho trovato l’intervento di Guillermo Vizcaino, scrittore di Mulaka, il più interessante da seguire, sia per la mia deformazione professionale legata a studi antropologici e sociologici, sia perché, banalmente, ho apprezzato con gusto il gioco di Lienzo, studio messicano che nel 2018 ha pubblicato quest’esperienza decisamente particolare nel panorama videoludico. Secondo l’autore messicano, esistono tre pilastri principali su cui costruire l’ideazione (ma anche la progettazione) di un videogioco che ambisce alla rappresentazione di una cultura: in primis, bisogna coinvolgere chi quella cultura la vive; in secondo luogo, bisogna raccogliere fonti e materiali necessari a una riproposizione credibile del contesto prescelto; infine, bisogna costantemente curare lo sviluppo con figure esperte in materia, tenendo sempre e comunque al centro del dibattito creativo i temi, le tradizioni e le idee della cultura in esame.
Nel caso di Mulaka, Lienzo ha voluto rappresentare il popolo dei Tarahumara (Raramuri), cultura diffusa nell’estremo Nord del Messico. Per farlo, ha quindi iniziato a raccogliere informazioni, dati e storie sulla mitologia dei Tarahumara, sui loro costumi, sulle loro musiche e sulle loro abitudini. In questo percorso di ricerca, gli sviluppatori di Lienzo hanno anche cercato di rendere partecipi le istituzioni e i rappresentanti dei Tarahumara, coinvolgendoli persino con la visione delle fasi avanzate del progetto, cercando conferme descrittive rispetto alle città del mito o alle caratteristiche del vestiario. Con gioia, Guillermo ci ha raccontato di quando ha mostrato Mulaka a membri anziani dei vari villaggi, ed è rimasto piacevolmente sorpreso dalla facilità con la quale hanno immediatamente intuito la natura delle città e dei luoghi mostrati, segno della fedeltà al mito originale.
È importante sottolineare che per Mulaka Lienzo non ha mai voluto creare una sorta di “documentario interattivo”, ma un videogioco tradizionale a tutti gli effetti. È nel bilanciamento tra rispetto culturale e necessità ludiche che si sono manifestate le maggiori difficoltà nello sviluppo del gioco, e Guillermo ci ha raccontato alcuni esempi che ci aiutano a capire a quali problematiche andiamo incontro quando dobbiamo rappresentare fenomeni così complessi: il gioco è stato criticato dalla critica perché obbliga il giocatore a una danza statica per poter recuperare vita, ma questa scelta è nata da un mito specifico della cultura Tarahumara, e per rispetto nei confronti del loro percorso di morte e resurrezione hanno deciso di trasferire questa caratteristiche anche nella struttura ludica del gioco.
Al contempo, alcune scelte tipicamente giocose hanno avuto il sopravvento su miti e leggende: la cultura Tarahumara è una cultura animista (termine ombrello davvero difficile da inquadrare, soprattutto per chi non lo è), ed è davvero complesso provare a riproporre una visione del mondo sistemica come quella dei Raramuri in una struttura ludica che è giocatore-centrica.
Ho chiesto a Guillermo quanto sia stato complicato far convivere queste due urgenze in fase creativa, e mi ha confermato l’assoluta complessità della questione. In ogni caso, uno dei modi in cui Mulaka è andato oltre queste complessità è stato il coinvolgimento degli abitanti anche in termini di obiettivi: Lienzo ha chiesto cosa volessero o desiderassero ottenere dal gioco; cosa Mulaka avrebbe potuto dare al loro popolo. Per esempio, secondo le figure chiave delle loro comunità è necessario riconnettere i più giovani alle loro origini, e in tal senso il videogioco appare uno strumento ben più adatto rispetto al libro di testo.
Una scelta intelligente del team messicano è stata quella di non ambientare il tutto durante il brutale genocidio spagnolo, ma ben prima dell’arrivo degli europei, in modo tal da non generare un ovvio dualismo che avrebbe descritto i Tarahumara solo di riflesso rispetto alle tradizioni degli “altri”. In ogni caso, come detto prima, Guillermo ha sottolineato l’importanza di coinvolgere esperti (per esempio gli antropologi) per capire più a fondo come rappresentare con intelligenza e coerenza le strutture culturali dei Tarahumara. Grazie all’intervento di un antropologo ha per esempio scoperto una curiosa somiglianza con le mitologie norrene, ossia la ciclicità dell’esistenza: esiste una sorta di Ragnarok anche per i Raramuri, ed è proprio sulla base di tale infinito ritorno che nasce la sceneggiatura di Mulaka.
Alla fine dell’incontro, che potete recuperare integralmente qui, abbiamo parlato dal vivo con Guillermo nelle stanze espositive dedicate, e ho avuto il piacere di constatare una passione condivisa per il videogioco che sfida modalità di rappresentazione culturale complesse e diverse: ha citato come esempio positivo Bury Me My Love, capolavoro di qualche anno fa, e alla mia citazione di Never Alone ha gioito, raccontandomi della sua vicinanza con gli sviluppatori del gioco. Recuperate la lecture, giocate Mulaka, ed esplorate i videogiochi che vi raccontano di mondi, culture e prospettive diverse, che magari non amplieranno particolarmente le vostre bacheche di trofei su Steam, ma di certo arricchiranno voi.