L’iconica, poliedrica figura dello spettacolo ci saluta definitivamente
93 anni. Provate a pensarci. Alcuni di voi Lettori avranno avuto un nonno (o una nonna) così longevo, sicuramente, e l’avranno visto per anni diventare sempre più vecchio, sempre più piegato dall’età, quasi la personificazione stessa dell’età, del tempo che passa e che inesorabile lascia il segno: pelle sottile come carta velina, sguardo annacquato da cataratte, macchie senili alla stregua di medaglie senza valore e grandi sospiri rilasciati ogni mattina per ringraziare di un altro giorno su questa terra. E ora pensate a Christopher Lee. Oh, beh, magari a qualcuno non dirà nulla, solo un nome che fa assonanza con altri Lee importanti, come il buon vecchio Bruce dagli occhi a mandorla o il suo figlio Brandon, così tragicamente scomparsi… Per altri invece, il nome Christopher Lee dice molto, tantissimo, quanto solo una vita lunghissima e senza compromessi può raccontare. È difficile sintetizzare in poche parole una tale mole di informazioni, tra aneddoti, interviste, stralci delle sue autobiografie e commenti fatti da altri. È pressoché impossibile riuscire a racchiudere una personalità così gigantesca dentro un mare di parole: non ci è riuscito neanche lui, che dopo un primo tentativo autobiografico, ne ha dovuto scrivere una continuazione. E cosa possiamo fare noi, qui, che da soli ne discutiamo la dipartita? Possiamo limitarci a ricordarlo, a provare ad apprezzarlo e magari a renderlo immortale, visto che è sicuramente una delle poche persone che lo meritano davvero. Scorriamo le tante sfaccettature della sua attività artistica e umana, in pochi veloci paragrafi e preparatevi ad approfondire e approfondire, perché presto vi renderete conto che siete appena caduti nel pozzo che conduce alle profondità dell’Inferno.
L’attore cattivo…
…ma non il cattivo attore. Lee è principalmente considerato un attore. Ha militato davanti alla macchina da presa fin dal 1948 e ci è rimasto saldamente per oltre sessant’anni. Sei decadi a recitare! Un’impresa, un record eguagliato da pochi, iniziata quasi per caso, quando suo cugino gli disse al bar: ‘Ehi, perché non fai l’attore?’ Eh già… Perché no?
La cosa che poi è sconvolgente è la quantità di ruoli che ha coperto: un’infinità, tutti (o quasi) accomunati da una precisa caratteristica: erano ruoli di antagonisti, cattivi, villain, nemici. Il suo ruolo, quello che lo ha reso famoso ed è poi diventato anche la sua maledizione è ovviamente Dracula. Il volto di Christopher Lee è strettamente legato a quello del celebre vampiro padre di tutti i vampiri, tanto che le pellicole a lui intitolate e interpretate dall’attore britannico sono decine! Lo stesso Lee a un certo punto non ne poteva più. Il suo nome era legato a mostri ottocenteschi, a baroni sanguinari e personaggi violenti, ma al tempo stesso macchiettistici, tipici dei film della Hammer.
La sua rivalsa arrivò con The Wicker Man, il film musicale, sempre in chiave horror, ma decisamente più autoriale, in cui Lee ha mostrato anche le sue doti canore. Da quel momento il cinema gli ha mostrato il giusto interesse e sono arrivati i ruoli iconici come L’uomo Dalla Pistola D’oro (007), altra grande prova da villain, dove per sua stessa ammissione, interpretò il personaggio come la versione oscura di Bond.
La carriera di Lee non si è più fermata e non ci resta che ricordare alcuni tra i ruoli più recenti, che sicuramente molti di voi hanno ben in mente. Non può mancare la sua interpretazione del Conte Dooku nella seconda trilogia di Star Wars e ancor di più la sua consacrazione nel mondo fantasy con il personaggio drammatico e intenso di Saruman del Signore degli anelli di Tolkien, reiterato successivamente anche nel Lo Hobbit.
Una vita a tutto gas davanti alla macchina da presa, e credetemi se vi dico che con questo paragrafo abbiamo appena scalfito la superficie.
Lee ha ancora molto da dirci.
L’uomo degli onori
In Inghilterra amano celebrare le loro celebrità e non poteva mancare un baluardo come Christopher Lee. Infatti per la sua carriera, per il suo essere british e per aver contribuito in molti campi alla divulgazione della cultura, indipendentemente se il suo nome è legato a figure popolari e discutibili come Dracula, a eroi di libri fantasy (sempre così relegati in fondo alle classifiche cosiddette culturali) o a lungometraggi di serie B cultizzati solo grazie all’amore incontrastato e incontrastabile dei fan. La stessa Regina ha insignito Lee con l’onorificenza di Knight Bachelor per il suo impegno nelle arti della recitazione. A questo aggiungiamo il grado di Commendatore del Venerabile Ordine di Saint John e il più prosaico BAFTA Fellowship e facilmente si comprende quanto sia apprezzato il lavoro multidisciplinare che Christopher Lee ha snocciolato nel corso della sua incredibile carriera.
Perchè multidisciplinare? Beh, essere attore non era sufficiente e le inaspettate capacità artistiche dell’uomo che fu Dracula si espressero anche solo attraverso la sua stessa voce.
La voce melodiosa…
Christopher Lee è sorprendentemente un ottimo cantante e mentre scrivo, credetemi, ho per sottofondo il suo penultimo concept album, ispirato a Carlo Magno e alla sua epica. La cosa ancora più incredibile sta proprio nel fatto che Lee abbia inciso questa opera Metal (sì, avete sentito bene, METAL!) alla veneranda età di 90 anni. Insomma, è un nonnetto bionico!
Quella musicale è però una carriera che lo ha coinvolto per lungo tempo, tanto che tra colonne sonore (scritte o semplicemente interpretate – tra cui quella di The Wicker Man), EP, collaborazioni e rivisitazioni, conta all’attivo oltre dieci album.
Come per la sua carriera cinematografica, il suo genere è composto da atmosfere gotiche, dove voce narrante e musica Metal o Symphonic Metal si infrangono sullo spettatore raccontando storie mitiche dall’aria nordica. Esemplare la sua collaborazione con una band italiana, i Rhapsody of fire, dove ha prestato la sua voce ai passaggi narrati dei vari concept album, o con i Manowar dove ha reinciso il testo di una loro vecchia canzone, rivaleggiando con la voce dell’ormai compianto Orson Welles.
…E quella cavernosa
Non di solo pentagramma ha vissuto l’ugola di Christopher Lee. Infatti altrettanto famose sono le sue letture delle grandi opere horror del passato. Il timbro basso e coinvolgente dalla pronuncia impeccabile accompagnano l’ascoltatore nelle convolute trame del Gobbo di Notre Dame o di Dr Jeckyll e Mr Hyde, dipingendo i panorami gotici e fumosi di questi romanzi grazie anche alla decennale esperienza di attore poliedrico, stregando chi si trova all’ascolto senza bisogno di nessun effetto speciale: un uomo e la sua passione.
Per non farsi mancare davvero nulla, Christopher Lee vanta al suo attivo anche una ottima attività di doppiatore, che spazia dai cartoni animati (La Sposa Cadavere di Tim Burton, con cui ha scambiato diverse collaborazioni artistiche), ai videogame (Kingdom Hearts vi dice niente? O GoldenEye: Rogue Agent?) fino ai doppiaggi in lingua straniera (diversa dall’inglese), visto che lui parla fluentemente ben cinque lingue…
Le ferite della guerra
E dopo tutto questo cosa ci resta? Davvero, cosa c’è ancora da raccontare di quest’artista incantevole sotto molti aspetti, un esempio di caparbietà e di dedizione, che si è costruito un personaggio intorno alla persona, lasciandosi andare in ogni cosa che volesse fare. Cosa manca a questo ritratto? Quale pennellata ancora ci resta da dare?
Manca l’aspetto più bieco e sordido della vita di Christopher Lee, quello di cui neanche lui parla tanto facilmente: la Guerra. Prima di diventare Dracula, di essere Frankenstein, di dare del filo da torcere a James Bond con la sua pistola d’oro, prima di Dooku e di Saruman, Lee è stato un ufficiale del servizio di Intelligence della RAF, uno dei capoccia che cercava di scardinare i crittogrammi nazisti per portare gli alleati dove nessuno era mai arrivato. C’era lui durante la Liberazione, a partire dalla Sicilia, e su su fino ai confini del nord Italia. C’era lui a dare le informazioni ai partigiani e agli alleati, a sgominare i nidi di vipere naziste. C’era lui dentro i campi di lavoro, mentre i sopravvissuti sfilavano con la morte negli occhi, davanti ai suoi occhi, che ancora non si erano iniettati di sangue ma che sicuramente si riempivano di lacrime. C’era lui a vedere i suoi commilitoni morire per i bombardamenti, falciati dalle mitragliatrici, e come lui stesso ammise in una delle sue memorie “ho visto morire molti uomini proprio di fronte a me – così tanti che mi sono quasi abituato. Aver visto il peggio che l’uomo possa fare a se stesso, le conseguenze delle torture, delle mutilazioni, vedere qualcuno dilaniato da un’esplosione, spinge uno a crearsi una sorta di guscio. Ma bisogna farlo. DEVI. Altrimenti non avremmo mai vinto.”
Gli orrori di una guerra racchiusi in un cuore che ha sanguinato e che ha cicatrizzato, richiudendosi come un bozzolo duro. Ma si sa che molte volte le cicatrici pizzicano e si fanno sentire, soprattutto se non se ne può parlare, per un patto di segretezza…
Tutto questo (o quasi) è quello che ci è dato di sapere di Christopher Lee, morto all’età di 93 anni, in un ospedale di Londra, artista, uomo e combattente, che ha provato in ogni modo di dare il suo contributo a questo mondo, nel bene e nel male, seguendo quello che era il suo motto: Uno deve provare tutto nella sua carriera, tranne la danza folk e l’incesto.
Ecco, Mr. Lee, adesso hai provato davvero l’ultima delle esperienze, quella che ti completa come uomo: la morte che ti rende immortale.