Basil l’investigatopo fece splendere nuovamente il firmamento disneyano, dopo il flop di Taron e la Pentola Magica. Un classico da rivedere e amare per sempre
L’intera esistenza della Disney può essere suddivisa in ere, mutuando la terminologia dalla geocronologia e dalla storia dell’uomo. Negli anni novanta abbiamo assistito al Rinascimento: i grandi classici da La Sirenetta a Tarzan hanno dato nuova linfa e hanno fatto brillare nuovamente il firmamento disneyano. Tra gli anni cinquanta e gli anni settanta invece la fabbrica di sogni animati ha toccato le vette più alte della sua storia: Cerentola, La Spada nella Roccia, Robin Hood, La carica dei 101 sono stati prodotti in quegli anni d’oro.
Ma cosa è successo tra quelle due ere fatate? In quei venti anni la Disney ha conosciuto il suo Medioevo, in quella che è stata poi definita Epoca di bronzo. Il momento più buio per la casa di produzione fondata a Burbank. Un periodo in cui nulla sembrava andare per il verso giusto, dalle morti degli storici animatori, i Nine Old Men, ai dissidi e incomprensioni interne che hanno influiti sul livello produttivo dei cartoni di quegli anni. E i botteghini ne risentirono terribilmente. Fino al tracollo avvenuto con Taron e la pentola magica, che guadagnò appena 22 milioni a fronte di un budget di ben 44 milioni.
Eppure quelli furono anni fatti di sperimentazioni, di trovate brillanti e di classici, che finalmente possiamo rivalutare. Perché molte produzioni dell’era buia disneyana probabilmente non erano adatti al pubblico dell’epoca, avendo un’anima già proiettata al futuro e ad un modo di approcciare la settima arte che stiamo apprezzando nell’età contemporanea.
E tra quelle gemme incomprese, tra quei tesori lasciati nella polvere degli anni ottanta, brilla la luce di un piccolo eroe. Il suo nome è Basil l’investigatopo.
Come nasce Basil l’Investigatopo
Siamo negli anni settanta. Il momento di transito tra le due ere disneyane si trasforma in un passaggio di consegne. Gli storici disegnatori abdicano per anzianità e passano il colorato testimone ad un team di giovani artisti. Tra loro spicca Don Bluth, il futuro creatore di Fievel, Alla ricerca della valle incantata, Brisby.
Un mix tra vecchie glorie dell’animazione e una nuova arrembante generazione si sta occupando della produzione di Le avventure di Bianca e Bernie, che ha l’ingrato compito di uscire pochi anni dopo Robin Hood, ultimo baluardo della sontuosa silver age.
Durante la realizzazione del ventitreesimo classico Disney Joe Hale guarda già al futuro e suggerisce di adattare la serie di libri per bambini “Basil of Baker Street” di Eve Titus. Hale si occupa di effetti speciali, ma il brainstorming è da sempre parte integrante dei processi decisionali in casa Disney. Si inizia così a discutere seriamente sulla possibilità di fare un film d’animazione che richiamasse alle storie ed atmosfere di Sherlock Holmes. I libri di Titus sono il perfetto trait d’union tra le avvincenti vicende narrate da Conan Doyle e lo stile cartoon.
L’idea piace, ma non convince a pieno perché anche Bianca e Bernie sono due detective, topi d’altronde. In un’azienda in cui si è sempre stati indisposti a estendere la linea dei roditori, capitanata da sua maestà Topolino.
L’idea di adattare i libri Titus viene accantonata. Nel frattempo vengono realizzati Red e Toby – Nemiciamici e il film che ha quasi fatto fallire la Disney, Taron e la Pentola Magica.
Nel 1982 però il regista Ron Clements, che poi dirigerà La Sirenetta e Aladdin, riprende in mano il progetto di Basil l’investigatopo, proponendolo, insieme allo sceneggiatore Peye Young, al Ceo della Disney in persona, Ron Miller. Clements è da sempre affascinato dalla figura di Sherlock Holmes e già anni prima aveva realizzato un cortometraggio animato, ambientato a Baker Street.
Alla Disney regnava il caos e tutti erano scontenti della piega che stava prendendo la produzione dello sfortunato Taron. Burny Mattinson, John Musker e Dave Michener vengono scelti per co-dirigere Basil l’investigatopo. Quando il progetto era in procinto di partire ufficialmente, nel 1984 tutto si interrompe bruscamente.
Miller infatti viene spodestato dal figlio del fratello di Walt Disney, Roy, per dare un cambio di rotta alla società. Come dirigenti vengono scelti Michael Eisner, Frank Wells e Jeffrey Katzenberg (futuro cofondatore della Dreamworks). I nuovi capi studiano la storyboard di Basil l’Investigatopo e non sono per niente convinti. Per loro la storia ha un ritmo eccessivamente lento e urge una totale riscrittura del soggetto. Inoltre Micheal Eisner riduce della metà il budget, fissato inizialmente a 24 milioni di dollari. Vengono accorciati anche i tempi di produzione: il film doveva uscire a Natale del 1987, ma viene anticipato all’estate del 1986.
I modi di Eisner sono bruschi, in netto contrasto con le direzioni precedenti. E ben presto i creatori di Basil l’investigatopo subiscono l’ennesima modifica del loro progetto. Nel 1985 nel frattempo infatti la Paramount aveva fatto uscire un film denominato Amblin Young Sherlock Holmes, che seguiva le storie del detective durante l’adolescenza. La pellicola fu un autentico disastro ai botteghini ed Eisner prese la decisione di modificare il titolo: Basil of Baker Street divenne The Great Mouse Detective. Secondo il nuovo dirigente della Disney bisognava allontanarsi da Holmes, considerato troppo british e lontano dai gusti del pubblico americano.
Il film uscì quindi nelle sale americane il 2 luglio 1986 con il nuovo nome. E ai botteghini rispetto a Taron e la Pentola Magica fu tutta un’altra storia. Considerando anche la sua nuova uscita in sala nel 1992, Basil l’investigatopo (in Italia mantenne il nome Basil nel titolo) incassò più di 50 milioni di dollari, ripagando i soli 14 spesi per realizzarlo. Il battito della Disney aveva ripreso ufficialmente a pulsare.
Un classico da riscoprire e amare per sempre
“È un vero Walt Disney solo se ha la garanzia di autenticità della qualità dell’ologramma argentato”. Riascoltare questa frase, apparentemente fredda, alimenta invece il fuoco della nostalgia. Subito la mente vola in quei pomeriggi in cui il tempo correva troppo velocemente e i videoregistratori di ogni casa accoglievano le VHS dei classici Disney. Con quell’ologramma che rifletteva la voglia di sognare dei bambini di tutto il mondo, mentre vedevano per l’ennesima volta quel Classico. Un nomen omen in tutti i sensi. Tra quelle videocassette, scrigno della fantasia, Basil l’Investigatopo era tra le più amate tra i bambini nati negli anni ottanta e novanta.
Lo si poteva vedere anche una volta al giorno. Non stancava mai. Ma cosa lo rendeva così magico? Cosa creava quella dipendenza?
In primis Basil l’Investigatopo riesce a ricreare il modus operandi del personaggio di Conan Doyle, declinandolo perfettamente nello spirito disneyano. C’è suspense, c’è una narrazione vibrante, ma ci sono anche quelle inconfondibili ed appaganti sfumature magiche che da sempre accompagnano la visione di un film Disney.
Sin dalla prima scena si rimane incollati alla tv. L’ingresso in scena di Vampirello, un misterioso pipistrello con un’ala spezzata e una gamba di legno, è spettrale e memorabile allo stesso tempo. L’incipit scioccante lascia capire subito in quale travolgente vortice narrativo ci stiamo imbattendo. Il rapimento di Hiram, la disperazione di Olivia, l’incontro con Topson. Un mosaico perfetto.
L’ingresso in scena di Basil aumenta il climax, che accompagna tutta la pellicola, priva di momenti morti. Un personaggio complesso, eclettico, completamente sopra le righe, che ben riflette l’animo di Sherlock Holmes, senza scadere in una parodia macchiettistica. Per realizzarlo i disegnatori inizialmente si erano ispirati alle fattezze dell’attore su Bing Crosby, per voi virare su Leslie Howard.
Ma l’apoteosi della profondità della scrittura di quest’opera è caratterizzata dal villain, il tanto diabolico quanto affascinante Professor Rattigan, disegnato in modo superlativo da quel genio di Glen Keane. La Disney da sempre ha la capacità di dipingere egregiamente i propri cattivi e in Basil l’Investigatopo la tradizione continua. Ci troviamo dinanzi ad un maestoso personaggio negativo, dalla presenza scenica mastodontica, che a distanza di anni continua a rimanere nella memoria di chi ha visto e amato questo classico. “Oh Rattigan!! Sei tu il più cattivo fra noi”. Impossibile dimenticare le note della canzone che inneggia a questo topo di fogna, che si atteggia da re con vestiti di classe e sigaro e le cui sembianze sono state plasmate sulle fattezze di Ron Miller. Quel Miller, CEO della Disney e genero di Walt, con cui era iniziata questa storia!
Alla tagliente ironia dei personaggi, Basil l’investigatopo contrappone l’atmosfera cupa e nebbiosa della Londra vittoriana, resa ancor più tetra e seducente da un sapiente uso della xerografia. E la città britannica si sdoppia, in una città nella città che ricrea un microcosmo vibrante, pieno di vita e in grado di replicare con cura meticolosa la realtà urbana. Il regno di Mousetoria in Buckingham Palace è una trovata decisamente brillante.
Nonostante il modesto budget a disposizione, Basil l’investigatopo riesce ad eccellere anche nei suoi effetti speciali, con un uso coscienzioso della CGI, già sperimentata in Taron e la Pentola Magica: lo scontro finale tra Basil e Rattigan, all’interno del Big Ben, è un trionfo visivo, che anche adesso non sembra invecchiare.
Quella luce che sembrava smarrita l’ha riaccesa quindi questo piccolo, grande classico. In Basil l’investigatopo ci sono i prodromi di quello che sarà il rinascimento disneyano, ma anche di ciò che si vedrà decenni dopo. Una modernità nei temi, nella sceneggiatura e nel frenetico taglio registico che ha anticipato un modo di concepire l’animazione in una chiave diversa.
È giunto il momento di ritornare bambini e schiacciare nuovamente play. Per l’ennesima volta.