Il 21 ottobre arriva su Netflix Rebecca di Ben Wheatley, remake abbastanza fedele del cult del 1940 di Alfred Hitchcock
Il remake al cinema ha una storia complessa, che non sempre si accompagna a dei risultati all’altezza degli originali. Non è infrequente, infatti, che i registi delle nuove generazioni vogliano omaggiare nella pratica i loro Maestri, magari rimettendo in scena i loro grandi successi.
Alfred Hitchcock, uno degli autori più seminali della storia del cinema, ha avuto questo trattamento in diverse occasioni. Nel 1998 Gus Van Sant dirige il remake shot-for-shot di Psycho e Jeff Bleckner rifà La finestra sul cortile, con l’ex-Uomo d’Acciaio Christopher Reeve. Direttamente in streaming, su Netflix, arriva il remake di Rebecca, la prima moglie (1940) firmato da Ben Wheatley. In effetti, sia il cult di Hitchcock, sia questa nuova versione si ispirano entrambe al romanzo del 1938 di Daphne Du Maurier che costituì la solida base per le elucubrazioni del Maestro del Brivido.
L’operazione di Wheatley (e di Netflix) è senza dubbio ambiziosa, e corre il rischio di confrontarsi con una pietra miliare, dando spazio a due attrici importanti della nuova e della vecchia guardia (Lily James e Kristin Scott Thomas) per impersonare personaggi storici del genere thriller. La trama di per sé avvince nella sua elegante concatenazione di colpi di scena, mentre lo stile registico vuole ricreare – con tinte più solari e quindi non sempre adeguate – il tono angoscioso dell’originale.
Rebecca, Netflix e il remake che non ci serviva
Partendo dal presupposto che un remake non è quasi mai necessario, quando un film come Rebecca, la prima moglie di Alfred Hitchcock resiste così bene allo scorrere del tempo lo è men che meno. Talvolta, forse, un pubblico poco abituato a vedere i “vecchi film in bianco e nero” ha bisogno di un aggiornamento per entrare in contatto con alcune storie. Ma può essere, questo, un valido motivo per lanciarsi in avventure produttive come quella di Rebecca?
L’opera di Wheatley vive un po’ il complesso della protagonista del film, ovvero quello di essere una tanto cara ragazza, ma non abbastanza memorabile per oscurare l’imponente memoria della sua predecessora. Modesto, timido e un po’ scialbo, Rebecca (del 2020) si aggira per la storia del cinema esattamente come il personaggio principale di entrambi i film, martoriato da un confronto costante.
Ma, così come nutriamo profonda empatia per la protagonista, è il caso di dare una chance a questo film minore, vedendolo per quello che è, senza fargli pagare più del dovuto la colpa di essere venuto dopo.
Rebecca, il peso insopportabile del passato
La protagonista del film Netflix è Lily James, che mossi i primi passi in Downtown Abbey, si sta affermando come uno devi volti più amati del cinema britannico. Il suo personaggio è una dolce e ingenua ragazza senza nome, che vede la sua favola romantica trasformarsi lentamente in un incubo torbido e paranoico. Quando, infatti, conosce il bel vedovo Max de Winter (Armie Hammer) a Montecarlo non è altro che la dama di compagnia della perfida Mrs. Van Hopper (Ann Dowd) e poco più che un sgualcito suppellettile. Avvinta dal fascino del suo compagno, però, la ragazza senza nome accetta un matrimonio improvvisato e diventa rapidamente la nuova signora De Winter.
Trasferitasi nella maestosa dimora di Manderley deve affrontare, però, l’ingombrante ricordo di Rebecca, la prima moglie (appunto) tragicamente scomparsa in un incidente in mare. L’assenza della defunta è ben più opprimente di qualsiasi rivalità, dato il ricordo indelebile che tutti gli abitanti della villa conservano gelosamente. Sacerdotessa principale del culto di Rebecca è Mrs. Danvers (Kristin Scott Thomas) algida e perfida governante di Manderley.
Rebecca, la ragazza senza nome e la governante
Uno degli espedienti più raffinati del romanzo della Du Maurier, ripreso da Hitchcock e Wheatley è il fatto che alla protagonista sia negata un’identità propria. In qualche modo Rebecca, pur non essendoci più, è la vera protagonista del film, nel suo essere anche in maniera esasperata sempre al centro della scena. Per la giovane Mrs. de Winter così priva di una sua volontà, se non quella di compiacere in tutto l’uomo di cui è innamorata, c’è poco spazio.
Rebecca, visto con gli occhi di uno spettatore del 2020, resta una storia estremamente attuale. Si parla in maniera splendida del ruolo accessorio che molte donne si ritagliano, del loro mettersi un passo indietro al proprio uomo, del loro essere compagne prima ancora che individui. Se nell’originale del 1940 (e nel romanzo) probabilmente non c’erano i presupposti per cui questa dinamica fosse evidenziata come problematica, nel remake è una caratteristica che balza davanti agli occhi. Proviamo pena per la protagonista senza nome, per la sua disperata voglia di essere all’altezza delle aspettative altrui. Per questo la spietata governante Danvers è una villain così detestabile: perché, da donna, le nega il fondamentale diritto all’esistenza.
Una forma elegante per il film Netflix
Con l’aria amabilmente vintage degli anni Quaranta, resa da costumi e ambienti (ma anche da dinamiche sociali e personali), Rebecca difende una forte aspirazione all’eleganza. La personalità di Lily James e di Armie Hammer ben si adattano a quelle dei loro personaggi. Intelligente, anzi la scelta di rendere Mr. de Winter con un fascino del tutto diverso da quello dell’interprete originale Laurence Olivier, con cui ogni paragone sarebbe stato ingiusto. Hammer incarna adeguatamente il Principe Azzurro contemporaneo, e sorprende con più forza quando svela il suo passato oscuro. Lily James dona al personaggio un’aria scaltra, fresca, traghettando una ragazza del secolo scorso in una dimensione in cui la spettatrice media può, nonostante tutto, riconoscersi. Algida e impenetrabile, Kristin Scott Thomas fa senza troppi sforzi una prova d’attrice impeccabile.
Eppure anche con una forma e una regia “corrette”, Rebecca soffre degli standard qualitativi da piccolo schermo di Netflix. Non ha né la cura maniacale di Van Sant, né si sforza di dire qualcosa di più di quanto già detto nell’originale. Non un prodotto sbagliato, proprio in virtù della solida struttura originale, ma è in cui è difficile trovare elementi realmente distintivi. Le atmosfere thriller, la violenza psicologica sulla protagonista, il plot twist sono trattenuti da una regia forse intimidita dall’illustre prima moglie.
Rebecca su Netflix, in conclusione
Rebecca di Ben Wheatley è un film godibile, specialmente per quei sfortunati pochi che non hanno visto l’originale. Tuttavia la forza di una storia come questa risiede soprattutto nella maestria nel rendere delle vessazioni “normali” come atti di sottile e devastante violenza psicologica. E non sempre Wheatley riesce a star dietro a questo difficile compito. In generale, si apprezzerà la forma romantica, il gusto del colpo di scena e delle apparenze svelate. Il finale, decisamente originale, resta una goduria per lo spettatore.
Rebecca è un palco privilegiato per un gruppo di volti noti, ma che non supera il recinto del piccolo schermo. Un’operazione rassicurante, che si accoda – purtroppo – ai vari omaggi che non osano nemmeno avvicinarsi alla magnificenza dei Maestri.