Gunfire Games ci presenta un prequel molto particolare, basato su Chronos, titolo pensato per la realtà virtuale
Remnant: From the Ashes è stata una delle più piacevoli sorprese degli ultimi anni, nonché uno dei titoli più coraggiosi e apprezzabili della generazione di console di PlayStation 4 e Xbox One, da considerarsi, ormai, a tutti gli effetti come la “old-gen”.
Il soul-like di Gunfire Games (gli stessi di Darksiders III, per intenderci) ha saputo unire alla grande tutti quei tratti tipici dei prodotti del sottogenere coniato dai ragazzi di From Software alla frenesia e al puro divertimento tipico dei TPS, portando sul mercato una formula essenzialmente nuova, nella sua semplicità, ma tremendamente funzionante. Per tal motivo, quando Gunfire Games ha annunciato, un po’ a sorpresa, l’arrivo di un prequel, previsto per questo ultimo scampolo del maledettissimo 2020 (non per i videogiocatori, sia chiaro), ci siamo subito sentiti moderatamente entusiasti nell’approcciare nuovamente un qualcosa legato alla serie, un qualcosa che, a conti fatti, voleva risultare diverso e allo stesso tempo rispettoso del materiale originale.
Chronos: Before the Ashes è a tutti gli effetti un prequel diretto di Remnant, ma si distacca in maniera forte dal suo predecessore da un punto di vista narrativo e soprattutto “logico”. Il nuovo lavoro di Gunfire Games ha assunto tratti fondamentalmente diversi, provando ad esplorare nuovi orizzonti per tentare, ancora una volta, di portare avanti con convinzione quella bandiera del cambiamento, troppo spesso eccessivamente pesante per i meno audaci.
Non vogliamo però illudervi o illuderci: stavolta, il risultato finale, non ci ha convinto appieno, per una lunga serie di problematiche e limitazioni che analizzeremo con la dovuta calma. Ma nel complesso ci siamo divertiti? Vorremmo potervi dire di sì, ma la realtà è un po’ diversa e proveremo a spiegarvi il perché.
Chronos Before the Ashes: raccontami una storia!
Narrativamente parlando, il titolo di Gunfire Games si separa in maniera sensibile da Remnant, grazie anche alla sua provenienza, tutt’altro che “nuova” ma non per questo meno interessante.
Il titolo, infatti, è il simbolo di una “combo” tra la volontà di mettere le mani su una serie dal grande potenziale e quella di ritirare fuori, appunto, Chronos, gioco partorito dai ragazzi di Gunfire e pensato per la realtà virtuale, che qui è stato riadattato per fare da base al racconto che smuove e accompagna la produzione. Chronos: Before the Ashes, affonda le sue radici in una cultura tendenzialmente fantasy, in cui il punto focale della storia ricade nel più ovvio degli stilemi narrativi: nei panni di un eroe, il protagonista deve mettersi in prima linea per fronteggiare le forze oscure, delle forze ancestrali e sovrumane che minacciano la quiete e la tranquillità del suo villaggio.
Per adempiere a quest’arduo, ma pur sempre onorevole, incarico, il protagonista deve per forza di cose lasciarsi catturare e trasportare da un mondo ostile, una realtà fatta di labirinti e minacce di ogni sorta, che attentano alla sua incolumità in maniera continua, senza freni, e come da tradizione per il genere, in cui notoriamente si respira quella sensazione di pericolo continuo e ineluttabile.
E così, scudo alzato e nervi sempre all’erta, il protagonista della storia, selezionabile soltanto tra due archetipi diversi (maschio o femmina, insomma), si muove in quel che è a tutti gli effetti un mondo che prova a gettare le basi narrative di una storia particolare, pur però rimanendo “distante” offrendo comunque nel complesso una buona narrazione, complessivamente in grado di reggere l’urto, risultando discretamente interessante sul lungo andare, ma senza colpi di genio particolari.
Un gameplay tradizionale, con qualche buona idea
Pad alla mano, Chronos: Before the Ashes non si discosta più di tanto dal classico “souls-like”, mettendo a disposizione del giocatore uno stilema ludico piuttosto conservativo e “tradizionale”. Oltre ai classici attacchi veloci e pesanti, fruibili grazie ai grilletti destri, è possibile bloccare un attacco o schivarlo, ma anche eseguire gli amatissimi “parry”, attraverso l’utilizzo del dorsale sinistro (L2 nel nostro caso), chiaramente con le tempistiche giuste.
La sua struttura conservativa e allo stesso tempo familiare va però a scontrarsi con una fruizione generale dei movimenti eccessivamente rigida, a tratti legnosa, cosa che, chiaramente, compromette non poco la godibilità generale della produzione. Non vogliamo negare l’evidenza: abbiamo avuto molte difficoltà a digerire la rigidità generale dei comandi, specialmente negli scontri con più nemici, il che capita spesso, poiché l’essenza fondamentale del concetto di difficoltà risiede proprio, così come col capitolo “originale” della serie, nell’accerchiare il personaggio, nel metterlo in continuazione in una situazione di inferiorità numerica in alcuni frangenti veramente ingestibile.
Presi singolarmente, salve alcune eccezioni rappresentate anche da alcune “gimmick”, i nemici non rappresentano un grosso pericolo, ma proprio a causa della rigidità e della scarsa capacità di reagire ai colpi del nostro alter ego (anche con Agilty boostata parecchio), aggravata dalla continua presenza di agguati e di nemici che tendono ad attaccare in maniera simultanea il giocatore, viene fuori un livello di sfida complessivamente tarato verso l’alto, ma certamente non eccessivo.
È tutto un gioco di nervi, come al solito, ma è anche qualcosa in più, o per meglio dire qualcosa che manca. Chronos: Before the Ashes sembra essere afflitto, anche a livello di gameplay, dal desiderio di provare a dare un po’ tutto, come ad esempio la possibilità di personalizzare il proprio personaggio a livello di statistiche e via dicendo, ma per poi finire con l’abbozzare soltanto le sue idee, offrendo nel complesso un prodotto che non riesce a distinguersi dalla massa ma, anzi, che proprio a causa di svarioni troppo vistosi nella sua concezione finisce con il risultare forse troppo inadeguato per i tempi correnti. Ci è sembrato, invero, di giocare veramente a qualcosa in via di sviluppo, in fase embrionale, che per quanto ci provi, riuscendo anche a far bene sotto certi aspetti, sia chiaro, fatica ad affermarsi veramente.
Ed è un peccato, a conti fatti, anche perché alcune idee interessanti ci sono, ma sono state “sfruttate” in maniera troppo marginale. Ne è un esempio lampante il parametro accanto alla “classe” del giocatore, ossia quell’”Age”, un valore numerico che determina l’età dell’avatar che, andando avanti col gioco, aumenta realmente, fino a presentare il conto al giocatore con una serie di cambiamenti estetici tutto sommato molto coerenti e impattanti sul gameplay stesso.
Invecchiando, infatti, il nostro alter ego comincia lentamente una parabola discendente dal punto di vista fisico, risultando via via meno agile, più fragile agli attacchi nemici e in generale meno abile nel combattimento ravvicinato, e sicuramente più vicino all’utilizzo degli attacchi a distanza e delle magie, cosa che costringe in giocatore a cambiare, inevitabilmente, il suo approccio con il gioco.
Level design e platforming: un souls-like per tutti i gusti?
Come da tradizione per il genere, Chronos: Before the Ashes divide la sua natura tra gameplay, inteso lo stile con cui si affrontano le minacce “fisicamente”, ed esplorazione, da sempre uno degli aspetti più importanti nella valutazione di un souls-like. Il level design, l’interconnessione delle aree, la presenza più o meno massiccia di segreti da scoprire, sono fattori da sempre incredibilmente rilevamenti nella valutazione complessiva di un simile prodotto, e da questo punto di vista il titolo di Gunfire Games si difende discretamente bene.
Pur senza miracoli tecnici, le aree di gioco sono discretamente elaborate, ricche di zone segrete e passaggi segreti da sbloccare, ma anche, semplicemente, scorciatoie in grado di ricongiungere in maniera piuttosto sapiente una zona “finale” con l’inizio della mappa stessa, mostrando così una grande attenzione degli sviluppatori nel dare al titolo una forte impronta anche un po’ da metroidvania. Bisogna sempre tornare indietro, bisogna sempre ricordarsi di quella porta inaccessibile o dei quel passaggio bloccato, insomma, tenendo bene a mente una piacevole variazione sul tema introdotta proprio dal prequel di Remnant.
L’esplorazione e la fruizione degli oggetti di gioco è infatti qui molto più “totale”, poiché il gioco abbraccia anche alcune influenze tipiche dei platform, costringendo i giocatori ad aguzzare l’ingegno oltre che a tenere sempre alti i riflessi per eventuali problemi. Spesso e volentieri è necessario saper risolvere enigmi ambientali, magari combinando oggetti e utilizzandoli nel modo corretto e nel posto giusto, e non nascondiamo di aver avuto più di qualche difficoltà nell’avanzamento, in alcuni passaggi, che ci sono sembrati decisamente “alti” dal punto di vista del livello di sfida proposto.
Tradizione e (leggera) innovazione si uniscono, dunque, con risultati tutto sommato accettabili, ma sulla buona riuscita di queste idee – e del progetto in generale – grava, come vedremo nel dettaglio poco sotto, un comparto tecnico non esattamente al passo coi tempi e soprattutto in grado soltanto in parte di valorizzare gli aspetti migliori della produzione.
E da vedere?
Da un punto di vista strettamente tecnico, Chronos: Before the Ashes vive un po’ di una duplice natura. Molto ispirato e piacevole da vedere nel suo stile a metà tra il cell shading e un po’ “acquerelloso”, il titolo di Gunfire Games e è però sorretto da una struttura tecnica tutt’altro che encomiabile, in cui si evidenziano con grande eloquenza tutti i limiti di una produzione fondamentalmente a basso costo.
A finire rapidamente sul banco degli imputati è la modellazione poligonale, spaventosamente acerba in praticamente ogni angolo, in cui è possibile constatare una costruzione se vogliamo anche frettolosa e tendente al risparmio, anche considerando il riciclo di diversi asset e una “pochezza” generale decisamente evidente, per quanto comprensibile. Anche le location soffrono della stessa problematica, su cui grava anche un frame-rate tutt’altro che solido, anche su PS5. Certo, il titolo è pensato per le vecchie generazioni di console, infatti noi l’abbiamo provato su PS5 ma tramite retrocompatibilità, ma anche considerando ciò, la stabilità generale offerta dal soulslike dei creatori di Darksiders III ci è apparsa assolutamente inadeguata, anche per gli standard di PlayStation 4 Pro.
Con un tetto massimo di trenta fotogrammi al secondo, spesso e volentieri instabili durante alcune sequenze, non possiamo non nascondere le difficoltà generate da questa situazione, in un gioco in cui la fluidità e la rapidità d’azione dovrebbero, chiaramente, essere al primissimo posto. E, a complicare un po’ il tutto, ci ha pensato anche la gestione della telecamera, che come da tradizione per il genere risulta complessa e poco amichevole, specialmente nelle situazioni in cui si fronteggiano più avversari contemporaneamente o con gli avversari di grosse dimensioni.
Buono, infine, il comparto sonoro: il doppiaggio, disponibile nella sola lingua inglese, ci ha nel complesso convinto, mentre la colonna sonora seppur non di certo memorabile, ha sicuramente fatto il suo, con alcune melodie che ci hanno appassionato anche più di quanto ci saremmo aspettati.
Chronos: Before the Ashes è, nel complesso, un esperimento riuscito soltanto a metà. Il titolo di Gunfire Games, chiamato a fare da prequel all’apprezzatissimo Remnant From the Ahses ha saputo portare sul mercato diverse novità interessanti, per il genere di appartenenza, mischiando alla formula classica dei souls-like alcune innovazioni potenzialmente molto interessanti, tra cui spicca in particolare la meccanica dell’invecchiamento, sfruttata però soltanto in parte.
Dall’inizio alla fine, infatti, abbiamo avuto la sensazione di stare giocando a qualcosa ancora in fase di testing, ancora in beta, e dopo aver passato diverse ore in compagnia della produzione questa convinzione non ci ha mai abbandonato, anzi. Ciò si avverte anche e soprattutto a causa di un comparto tecnico non all’altezza, che palesa con forza la natura a basso budget della produzione, e che inficia in maniera a tratti importante l’esperienza di gioco generale.