Dragon Quest: The Adventure of Dai. Ovvero quando Dragon Quest e Dragon Ball si incontrano
Un po’ come a Hollywood, sono anni in cui anche nell’animazione giapponese c’è un certo recupero di opere cult del passato che fanno appello ad una certa “nostalgia” dei più attempati. Oppure, più semplicemente, si cerca di capire se possono funzionare tutt’oggi con il nuovo pubblico giovanile.
Dragon Quest: The Adventure of Dai è la trasposizione animata di un vecchio manga del 1989, che arrivò in Italia quasi un decennio dopo. La prima stagione che mentre vi scrivo è ancora in corso e oltre il ventesimo episodio, è sicuramente un prodotto particolare. È evidente infatti la sua natura totalmente derivativa sotto molteplici punti di vista, cosa che attenzione, non la rende necessariamente meno valida.
Si tratta di un racconto ambientato innanzitutto nel mondo della celebre saga JRPG Dragon Quest, e racconta le vicende di Dai, giovane ragazzino aspirante eroe, che con i compagni Popp e Maan, intraprende un lungo viaggio per sconfiggere La temibile Armata delle Tenebre. Inoltre, è chiara l’ispirazione al lavoro di Akira Toriyama, piuttosto normale se si pensa che il manga fu scritto da Riku Sanjo e illustrato da Kōji Inada, artisti appartenenti al Bird Studio creato proprio dal famosissimo autore di Dragon Ball.
Il mondo videoludico di Dragon Quest, tra l’altro, è sempre stato caratterizzato dalla matita del buon Toriyama. Il manga di Dai, e l’anime, in qualche modo cercano una propria personale interpretazione, ma la matrice stilistica rimane evidente. Ma la somiglianza con Dragon Ball si spinge a mio parere ben più a fondo. Per quanto il contesto sia totalmente fantasy, la storia è molto semplice e lineare, è un racconto di formazione, in cui i nostri protagonisti diventano sempre più forti, che sfocia nell’ambito del battle shonen in cui il focus è molto incentrato sulle battaglie con i singoli nemici mandati dal Re dei Demoni, che ovviamente, sono sempre più forti man mano che la narrazione prosegue.
In questa prima parte dell’adattamento, non mancano infatti i classici combattimenti prolungati con avversari sempre più temibili, e devo dire che sono piuttosto appassionanti per chi ama questi confronti all’ultimo sangue (per quanto se ne veda poco) a base di colpi di scena e tecniche sempre più potenti, che uniscono confronti di potenza brutta ad un po’ di “folklore gdristico” con magie e risorse offensive e difensive prelevate dal contesto “fantasy”.
D’altro canto c’è da dire che come detto, il contorno è abbastanza all’acqua di rose e c’è una certa leggerezza di fondo. Questo però lascia spazio con il proseguire della storia ad un mood sempre più drammatico. La posta in gioco infatti sale man mano che i guerrieri delle tenebre si fanno più agguerriti mostrando personaggi sempre più spietati e rendendo la sopravvivenza sempre più difficile. A questo schema narrativo che rappresenta un po’ le basi del genere, si affiancano altri stilemi che rendono Dragon Quest: The Adventure of Dai un prodotto super classico, ovvero rivelazioni sorprendenti sulle origini dei personaggi, cattivoni che cambiano sponda, rivalità amichevoli, ecc. Da questo punto di vista non si può negare una certa ingenuità che in qualche modo potrebbe alla lunga annoiare lo spettatore smaliziato in cerca di qualcosa di più “sofisticato”, ma in quel caso si tratterebbe di un fraintendimento del prodotto. Le influenze tematiche e stilistiche hanno radici su opere giapponesi classicissime, e in ultima analisi, parliamo di un battle shonen ove la creatività solitamente si riserva in larga parte ai combattimenti.
Dragon Quest: The Adventure of Dai: il restauro grafico di un’opera “vintage”
La Toei Animation si è curata che l’anime, pur considerato il suo stile semplice e senza fronzoli, fosse in qualche modo tecnicamente moderno. Questo si nota soprattutto durante i suddetti combattimenti, che a differenza del resto, vantano sequenze con animazioni sopra la media, in cui l’azione è seguita in modo spesso funambolico e i momenti decisivi di ogni incontro sono rappresentati con una spiccata spettacolarità. Complice di tale dinamismo è l’uso della computer grafica che devo dire, non dà particolarmente fastidio. Anche l’uso dei colori rendere particolarmente piacevole la visione. Si tratta di uno degli anime più colorati che mi sia capitato di vedere ulteriormente. È sgargiante da questo punto di vista, e quindi particolarmente fedele alla palette cromatica vibrante dell’universo videoludico di Dragon Quest.
Per quel che riguarda i paragoni con il manga, i fan di quest’ultimo saranno felici di sapere che si tratta di un adattamento molto molto fedele. Certo, c’è qualche piccola differenza, talvolta non tanto nella sceneggiatura ma nella messa in scena, finalizzata a rendere un po’ più “conciso” il ritmo (ottimo) del manga, ma credetemi che nulla è realmente perso rispetto alla fonte originale.
Cosa possiamo dire quindi di questa prima parte di Dragon Quest: The Adventure of Dai per quanto abbiamo potuto vedere fino a oggi? Credo che chi ha amato il manga possa approcciarsi alla visione senza timore alcuno perché al momento l’adattamento è praticamente perfetto sotto tutti i punti di vista, e speriamo che la qualità rimanga tale fino alle battute finali.
Per tutti gli altri, sappiate semplicemente quale è la natura di questo anime. La storia è estremamente lineare e didascalica, i personaggi seguono degli archetipi ultra classici e, ve lo dico, scarsamente intriganti per chi cerca qualcosa di un po’ più fuori dagli schemi. Ma Dragon Quest: The Adventure of Dai in fondo, è un’opera figlia dei suoi tempi, qualcosa che strizzava l’occhio come detto alla moda evergreen del battle shonen, immersa in un immaginario prettamente fantasy. In questa prospettiva si tratta di un anime vincente, giacché i combattimenti sono sicuramente la parte più coinvolgente e tutti i vari richiami alle magie di Confusione, Silenzio, Fiamme, Ghiaccio, ecc. faranno sicuramente la gioia di tutti gli appassionati dei giochi di ruolo.
Tra l’altro la storia viaggia spedita e già in questo primo arco narrativo la carne al fuoco è molta. Trovate la serie di Crunchyroll, se vi va, datele una possibilità.