Il portal fantasy, sottogenere di mondi incantati e ritorni a casa, torna in libreria con alcune novità e dei vecchi volti noti; quelli di Alice, Dorothy e Wendy
Nel vasto, sconfinato, infinito universo dei sottogeneri della letteratura fantastica, un tipo di storia in particolare sembra sopravvivere egregiamente allo scorrere del tempo e all’avvicendarsi dei trend; oggi ci facciamo aiutare da Alice, Dorothy e Wendy per parlare di portal fantasy, un sottogenere che racchiude moltitudini, multiversi, storie d’amore, di crescita e di immancabili metafore cristologiche.
Gli ingredienti per un portal fantasy sono pochi, ma essenziali: una soglia da varcare, un mondo altro rispetto a quello da cui proviene il (ma molto spesso è la) protagonista, una quest che coincide quasi sempre con il ritorno a casa. Forse il primo, sicuramente il più famoso esempio di portal fantasy è l’onnipresente romanzo di Lewis Carroll Alice nel paese delle meraviglie, che dal 1865 affascina grandi e piccini con il suo immaginario di conigli, cappellai e cheshire cat. Alice che cade nella tana del bianconiglio è la capostipite di una teoria di ragazze alla scoperta di nuovi mondi; Wendy Moira Angela Darling, che vola verso l’Isola che non c’è, e Dorothy Gale, che atterra nel Mondo di Oz, sono le altre due madrine di questo sottogenere di mondi, porte, ante di armadio e voli della fantasia.
Portal fantasy, il regno dell’allegoria
Sebbene giungano nei loro mondi fantastici in modi diversi – Wendy e Dorothy via aria, laddove Alice si trova invece a sprofondare nelle viscere della terra – le tre sono accomunate dall’essere figlie di tre scrittori uomini e dal loro trovarsi in mondi che sfuggono completamente alle regole del nostro – del loro, dell’Inghilterra e gli Stati Uniti del diciannovesimo/ventesimo secolo – portandosi dietro il bagaglio culturale della loro società. Se Alice e Dorothy sono poi protagoniste dei romanzi a loro dedicati, Wendy è invece coprotagonista di una storia dedicata all’eterno bambino Peter Pan, di cui lei, con la sua attitudine materna – concetto che introduce ai bimbi sperduti – è speculare controparte. Come succede spesso ai grandi classici della letteratura, le opere di Carroll, Baum e Barrie sono state lette dalla critica in chiave allegorica.
Ecco allora che Alice diventa una forte critica al sistema aristocratico britannico e al colonialismo in espansione, con la piccola viaggiatrice incapace di comprendere i comportamenti di una cultura così distante da lei (un atteggiamento che sfocia spesso nel white saviour complex, come abbiamo visto più di cento anni dopo in opere come il classico Disney Pocahontas e Avatar di James Cameron), bollata semplicisticamente come insensata. Peter Pan, si dice, è un bambino che non vuole crescere mai perché già morto – sicuramente l’arco di crescita di Wendy riflette il coming of age di una giovane donna sulla soglia della pubertà (visto dal punto di vista di un maschio adulto, of course). Il mago di Oz, infine, viene considerato metafora politica degli States di inizio ‘900, anche se tendo a preferire l’interpretazione che ne dà Seanan McGuire nel suo Middlegame, in cui la creazione di Oz è un tentativo per regolare il flusso alchemico degli States sovrapponendo la mappa del regno di Oz a quella americana.
Ma cosa sono queste porte che permettono di viaggiare da un mondo all’altro – da una storia all’altra? Prima di tutto, una porta non deve necessariamente essere una porta, ma può essere – come abbiamo visto – una tana nel terreno, una mappa tra le stelle, una casa nell’occhio del ciclone o – come nel caso de Le cronache di Narnia di C.S. Lewis, un armadio che nasconde, dietro la sua coltre di pellicce, un’innevata foresta popolata di fauni, streghe, e marmotte parlanti.
Quello di Narnia è un caso particolare, uno dei pochi in cui le protagoniste e i protagonisti, alla fine delle saga, restano per sempre nel regno fantastico che hanno scoperto dopo aver varcato la soglia. Una buona definizione di portal fantasy la troviamo in un romanzo recentemente pubblicato da Mondadori, Le diecimila porte di January, di Alix E. Harrow: “se trattiamo le storie come siti archeologici e rimuoviamo con grande cura la polvere dai vari strati che le rivestono, scopriamo che a un certo livello c’è sempre una porta. Un punto che separa il qui e il lì, noi e loro, l’ordinario e il magico. Ed è proprio nei momenti in cui le porte si aprono e in cui le cose fluiscono tra i mondi che nascono le storie”. Aprendo una piccola parentesi semiologica, potremmo asserire che non solo nel portal fantasy, ma in ogni narrazione esiste una porta che si deve aprire perché la storia inizi, perché si arrivi alla parola fine.
Ritorno a casa
“La gente non riusciva mai a restare nel proprio Paese delle Meraviglie, eh? Alice, Dorothy e i Darling erano stati tutti riportati nel mondo banale e messi a letto […]” così commenta January il destino delle tre ragazze dei mondi fantastici, il destino di tutte le persone che leggono un libro e si trovano, all’ultima pagina, sbalzate fuori dalle meraviglie che non ci sono.
Seguendo lo stesso percorso che sta all’origine dell’idea di Alan Moore e Melinda Gebbie – che tra gli anni 90 e 2000 hanno disegnato una graphic novel pornografica con protagoniste Alice, Dorothy e Wendy – Andy Weir (Sopravvissuto – The Martian) e Sarah Andersen (Sarah’s Scribble) ci presentano le protagoniste dei tre romanzi portal fantasy alle prese con le conseguenze dei loro viaggi nella graphic novel Cheshire Crossing, pubblicata da Mondadori.
Se dovessimo definire Cheshire Crossing, non potremmo che inserirla nella categoria delle fan-fiction: Weir immagina infatti le tre ragazze riunite in una speciale casa di cura, impegnate a cercare di vivere la loro vita dopo il ritorno da Oz, Neverland e Wonderland – vediamo in particolare una Alice particolarmente provata dalle sue avventure. Cheshire Crossing è un fumetto più divertente che profondo – del resto se avete letto i romanzi di Weir saprete anche voi che è più probabile, leggendoli, ridere che riflettere – che sfrutta molto bene non solo le tre protagoniste ma anche la lore dei romanzi da cui provengono, senza aver paura di mettere in luce aspetti negativi di personaggi secondari (sì, Glinda, stiamo parlando con te) e costruendo un’improbabile quanto coerente alleanza tra la Strega dell’Ovest e Capitan Uncino.
Le nostre eroine, così, tornano a vivere nuove avventure, nuove emozioni, attraversando quelle porte che permettono di viaggiare in luoghi immaginati così radicati nella nostra cultura da sembrare più veri del vero, luoghi in cui ormai, noi che stiamo leggendo, possiamo entrare con la sicurezza di chi conosce le regole della società, di chi non è più un ospite, ma un abitante. Un ritorno a casa, un ritorno alle storie che ci fanno sentire a casa ovunque siamo nel mondo.