Le virtù della realtà virtuale
Mi ricordo quando uscì tantissimi anni fa Il Tagliaerbe: per me fu un sogno che diveniva quasi realtà. In un unico pacchetto c’erano assortiti un racconto dell’amatissimo e immortale Stephen King e una lunga elucubrazione sui sistemi informatici e sulla realtà virtuale. La realtà virtuale! Tron a portata di mano. Non c’era bisogno di altro per farmi sognare ad occhi aperti per anni… Ricordo anche che la mia prima esperienza di ‘realtà virtuale’ con visore e sensore di movimento fu un pessimo cabinato promozionale che lasciava giocare per dieci minuti una breve sequenza di Duke Nukem, ed era possibile girare la testa per spostare la visuale e nulla di più. Un’esperienza al limite del paranormale…
E adesso siamo nel 2015 e ci avviamo baldanzosi verso il 2016 con la certezza che tutti questi catastrofici esperimenti e drammatiche esperienze stanno finalmente per coagularsi in una più solida realtà: quella virtuale, quella vera!
Dopo annunci e video dimostrativi di rendering e concept design, Sony ha dato vita a quello che sarà l’aspetto definitivo della sua macchinetta dei sogni virtuali: Project Morpheus, l’ambizioso tentativo di aumentare potentemente l’immersività dei giochi su console, tentando di restituire al giocatore un mix di informazioni multi sensoriali che non siano più solo confinate a occhio e orecchio e veicolate esclusivamente da appendici multifunzioni, come i joypad. Cerchiamo di capire quanto di tutto questo possa davvero contribuire a far crescere l’industria dell’intrattenimento o se al massimo tutto si tradurrà in una pozzanghera di vomito e consumo eccessivo di Travelgum.
Con il fucile, le pinne e il visore…
Parlando della dotazione hardware, sappiamo già che il Project Morpheus è un notevole concentrato di tecnica, creato appositamente per convivere e interagire con l’hardware PS4. Ricordiamo che il target di questa periferica non è solo quello di sbalordire con effetti speciali estremi, ma quello di contribuire a dare una user experience senza intoppi, quindo ogni sua componente è stata pensata appositamente per non fare inceppare il resto dell’impalcatura hardware che la sostiene. Quindi le caratteristiche tecniche, snocciolate un mhz per volta, sono da considerarsi come la strada migliore per sintetizzare il desiderio di creare un dispositivo in linea con gli standard attuali e che funzionasse in perfetta sincronia, interfacciandosi con le possibilità della console. Guardate a Project Morpheus come un compromesso, un signor compromesso, con i suoi due schermi da 980*1080 pixel per ciascun occhio a matrice OLED RGB, una frequenza di refresh di 120 Hz, 3D stereoscopico e la possibilità di mostrare a schermo quello che vede l’utente dagli occhialoni, per la gioia degli astanti. Insomma, è un discreto mostro che darà prova di sé nei prossimi mesi e sicuramente non mancherà di sorprendere sia gli addetti ai lavori che gli utenti.
Al di là del visore e tutte le sue feature, Project Morpheus è dotato di sei led che permettono alla console munita di Playstation Eye di tracciare i movimenti della testa del videogiocatore per permettergli di ‘guardarsi intorno’ nel mondo virtuale. Inoltre il ruolo della Playstation Eye (la telecamerina proprietaria di PS4) è anche quello rilevare il movimento del controller o del Move nei vari giochi che lo prevedono.
Ecco, i giochi… Parliamo di quello che si è visto all’E3, di quello che è stato presentato e di quello che potrebbe davvero diventare questo nuovo modo di concepire il divertimento virtuale…
Dove anDemo a finire…
LE3 è stata una bella vetrina per presentare i vari progetti dedicati a questa invenzione prossima all’arrivo nei nostri negozi. La varietà è stata tanta e spaziava da semplici tech demo, puramente dimostrative, fino a concept più approfonditi di giochi che potrebbero davvero vedere la luce nei mesi a venire.
Tra i tanti titolo, ci sentiamo di menzionare quello che è stato definito più o meno come il primo esempio di eSport virtuale: Rigs – Mechanized Combat League. In pratica è un FPS a squadre, in cui gruppi di tre giocatori all’interno di altrettanti Mech si sparano a vicenda cercando di raggiungere una sorta di Overdrive Mode con il quale possono correre a segnare il punto al centro dell’arena. Il concept è molto diretto, senza grossi fronzoli, anche se sono stati presentati tre diversi modelli di Mech con caratteristiche diverse per venire incontro alle varie indole dei videogiocatori. In questa demo, oltre al visore si usava anche il controller a cui erano demandati i movimenti all’interno dell’ambiente virtuale, come nella più conosciuta tradizione FPS. La novità sta tutta nel fatto che per prendere la mira e scegliere la direzione della corsa basta ruotare la testa! Niente più movimenti millimetrici con la levetta del joypad, niente coordinazione visuospaziale tra vista e pollice, no! Ora basta uno sguardo veloce verso il nostro nemico per far partire una raffica di proiettili.
Certo, il downside di questa caratteristica sta nel fatto che se non ci si abitua al movimento in assenza di realtà, si rischia una bella cinetosi coi fiocchi, con tanto di nausea e malessere. Gli esperti suggeriscono di iniziare sempre con movimenti misurati e brevi, quanto più fluidi possibili, prima di lanciarsi in inseguimenti e capriole. D’altronde, quello del mal di mare è un problema ravvisato molte volte e per venire incontro a questa fetta di utenti sensibili, i programmatori e i realizzatori stanno ottimizzando le interfacce per far in modo che l’occhio non si trovi spaesato e si generino cortocircuiti con il labirinto…
Per rimanere in tema di spara spara, è stato presentato un altro pezzo di videogame che sfrutta la capacità di mirare con lo sguardo, ed è London Heist: Gateway, che già aveva dato mostra di sé durante il CDC di qualche mese fa. In questo stralcio di gioco però, si è sono approfonditi anche gli aspetti meno distruttivi e guerreschi del Project Morpheus, grazie alla possibilità di muoversi nell’ambiente circostante e interagire con quanto il mondo virtuale aveva da offrirci, grazie all’uso di due Move, uno per ciascuna mano. L’idea di poter ‘toccare’ anche se in maniera puramente virtuale, il pensiero di dover allungare una mano per davvero per girare una manopola e accendere l’aria condizionata in un treno, fa sembrare antidiluviana e un po’ datata ogni forma di interazione pensata finora. Brividi su brividi per davvero, soprattutto per le implicazioni future e anche non videoludiche che certi progetti possono portare con sé.
Project Morpheus ci ha anche fatto dare uno sguardo a come si potrebbe applicare la realtà virtuale per fare evolvere vecchi concept di gioco che sembravano ormai completamente desueti e poco sfruttati. Ricordate le vecchie avventure punta e clicca? Ma sì, che vi ricordate! Roba tipo Day of The Tentacle o Indiana Jones and the Fate of Atlantis, cose che i vecchi videogiocatori come me continuano a guardare con una punta di nostalgia e l’occhio via via più lucido. Beh, con Wayward Sky, l’intento dei realizzatori sembra proprio essere quello di aggiornare quel tipo di giochi, mostrandoci lo scorcio di un mondo a mo’ di diorama, dove controlliamo un personaggio facendolo muovere semplicemente toccando la destinazione. Inoltre sempre con questo metodo è possibile far interagire il protagonista e fargli eseguire azioni, come si faceva tanto tempo fa a colpi di mouse… Erano altri tempi…
Chiudiamo con una coppia di titoli diversi tra di loro ma che sono accomunati da una particolarità: arricchiscono l’esperienza di gioco affidandosi a periferiche create ad hoc.
Il primo è uno sparatutto vecchia scuola, che fa il verso, per l’ambientazione e il feeling, al buon vecchio Halo: stiamo parlando di Impulse Gear, un progetto che millanta di poter portare l’esperienza completa di uno sparatutto in soggettiva in un ambiente completamente virtuale. Oltre al Project Morpheus, per godere a pieno di questo gioco è necessario imbracciare una specie di fucile, dove si montano due move, un po’ come si faceva per le vecchie periferiche della Wii, tipo in Link Crossbow Training. Nel caso di Impulse Gear, però, il tracking tridimensionale della testa e dell’arma è pressoché perfetto, e l’idea di doversi piegare e accovacciarsi per mettersi in copertura rende il gioco molto molto, forse troppo, realistico. L’approccio frenetico, nonostante tutto, ha aperto purtroppo la strada a sani attacchi di cinetosi, vera bestia nera per questo tipo di giochi.
La seconda proposta con gameplay arricchito è un simulatore di cavallo… Sì, sì, avete letto bene: voi sarete il cavallo! Ora, non preoccupatevi, non dovrete andare in giro per la stanza a quattro zampe nitrendo e impennandovi come dei vecchi mustang incazzosi e purosangue. No. Dovrete invece metterci in sella a una bici. Ok. Ora sembra davvero una barzelletta, ma è così sul serio. La demo di VirZoom prevede proprio questo: farvi mettere in sella a una bici opportunamente sensorizzata per regalarvi l’esperienza equina definitiva. O quasi. Sì, perché questo gioco è stato definito come quanto di più straniante si potesse immaginare, dove due diversi tipi di informazioni (quella visiva e quella propriocettiva) si scontravano senza amalgamarsi in qualcosa di concreto. Immaginate di chiudere gli occhi e di stare sulla vostra bici a pedalare: automaticamente attiverete tutti gli schemi di movimento che si rifanno alla corsa in bicicletta. Se aprite gli occhi invece vi trovate in sella a un cavallo… Tremendo…
Sogno o realtà (virtuale)
Project Morpheus ha stregato davvero un po’ tutti coloro che sono riusciti a mettere le mani su questo dispositivo. Indubbiamente ha una valenza tecnologica non da poco e riesce a far girare tutto in maniera abbastanza gradevole nonostante alle spalle ci sia ‘solo’ una console di ultima generazione e non un pc superpompato. I concept videoludici finora mostrati ci hanno fatto capire che per adesso la grande rivoluzione di queste periferiche da realtà virtuale sta nell’aver spostato la levetta destra del joypad dal sotto il pollice e averla messa direttamente nel collo dell’utente, trasformandoci in tutti e per tutto in parte integrante del pad. Certo, è tutto ancora molto embrionale e sicuramente le potenzialità di queste tecnologie sono ancora da sondare e scoprire, in ambito videoludico e per estensione in tutto il frangente dell’home entertainment. Dovremo tenere gli occhi aperti e vedere come le menti degli sviluppatori approcceranno tutte le possibilità offerte da Project Morpheus, sicuramente ne vedremo delle belle.
Un altro pregio dell’avere un visore così potente è quello che potremmo chiamare ‘rottura della quarta parete al contrario’. In pratica, con questo livello di immersività, l’utente ‘buca’ lo schermo, infrange la barriera di vetro e cristalli liquidi che lo separa dall’ambiente poligonale generato dal computer, per farne finalmente parte, senza interposta persona. Ormai sarà difficile parlare di alter ego, quando ci si rivolgerà al personaggio di un videogioco, il concetto stesso di avatar comincia a stare stretto, se così facendo saremo noi per davvero a muoverci dentro un mondo fittizio. E quando entreranno in scena giochi violenti, o dalle scelte morali dubbie, in cui saremo chiamati in causa a vivere ed eseguire azioni che MAI avremmo fato nella vita reale, allora, come ci sentiremo? Oh, beh, sicuramente passeremo avanti a tutto, tanto sono solo videogiochi, ma l’idea di aver alzato un’accetta per decapitare qualcuno, le movenze e la concretezza dell’azione, l’avremo vissuta per davvero, volenti o nolenti. E questo in un certo senso cambierà l’esperienza videoludica, in un certo senso ci cambierà come videogiocatori, e allora davvero i giochi diventeranno una cosa seria…