Gnosia è un progetto che sulla carta potrebbe fare alzare il sopracciglio: come può funzionare un mix di visual novel e gioco dell’impostore con una struttura roguelike?
Un paio d’anni fa seguivo con interesse il fermento che mi sembrava di percepire attorno a un gioco per la già morente PS Vita. I miei contatti giapponesi sembravano entusiasti di un certo Gnosia, una visual novel sci-fi dall’estetica riconoscibilissima. Non parlando giapponese però c’era poco da fare, e Gnosia è stato messo nel cassetto del “se mai lo tradurranno vedrò di ricordarmi il titolo”, consapevole che di visual novel ne arrivano poche, e ancora meno arrivano giochi indie giapponesi. Ho quindi appreso con gioia dell’uscita su Nintendo Switch del gioco, sicurissimo di voler provare quanto prima questa visual novel che per qualche motivo mi aveva fortemente colpito. E non ne sono rimasto deluso per niente.
Innanzitutto è bene chiarire che Gnosia è una visual novel atipica perché incorpora elementi GDR, ma soprattutto roguelike. Le diverse sessioni di gioco, i diversi loop, rimescolano di volta in volta le carte in tavola e i ruoli dei personaggi pur rimanendo perfettamente coerenti al quadro narrativo realizzato dagli sviluppatori di Petit Depotto.
All’inizio del gioco saremo chiamati a creare un personaggio scegliendone nome e genere, per poi essere buttati nella mischia: ci troviamo su una nave nello spazio assieme ad altre persone, ma tra i membri dell’equipaggio c’è un impostore, uno gnosia, una creatura aliena che uccide gli esseri umani nella notte. L’unico modo per liberarsene è votare democraticamente, cercando di capire chi è lo gnosia per metterlo “a dormire”. Se si fallisce, ogni notte questo ucciderà un membro dell’equipaggio.
Ogni volta che si scopre chi è lo Gnosia, o in caso lo Gnosia riesca ad uccidere tutti, si ricomincia da capo con un altro loop, e ogni cosa cambia.
Chi prima era lo Gnosia è un membro dell’equipaggio, o viceversa, ma non finisce qui perché intervengono diversi elementi a variare la formula: ci sono vari ruoli che sempre casualmente vengono assegnati ai personaggi, come il medico in grado di scoprire se chi si è ucciso il giorno prima era uno gnosia, o l’ingegnere, in grado di scannerizzare una persona al giorno per capire se è un essere umano. Ma se chi si dichiara medico in realtà non lo fosse, e fosse un nemico? E se invece proprio noi fossimo lo gnosia?
Il costante mescolare i ruoli e il costante aggiungere nuovi elementi di gameplay riesce a variare fino a un certo punto la struttura del gioco, intrinsecamente ripetitiva. Si arriva a un punto in cui Gnosia ci permette di scegliere le variabili della nuova partita, ma probabilmente non basterebbe neanche questo se il gioco non offrisse una solida narrazione a fare da impalcatura alla costante ripetizione.
Nel mondo di Gnosia noi siamo consapevoli del loop, e lo è anche un altro membro dell’equipaggio. Per tutti gli altri invece è sempre come la prima volta. Ciò non toglie però che ognuno di questi personaggi abbia un passato e un ruolo ben preciso nella società, oltre ad avere un carattere ben definito. Questo significa che c’è qualcosa che esisteva prima del loop, tutta una struttura sociale e un insieme di valori che non conosciamo all’inizio del gioco e che andremo a scoprire pian piano, ripetizione dopo ripetizione. La scopriremo attraverso i personaggi che si riveleranno essere figure tutt’altro che piatte a cui inizieremo piano piano a voler bene. Diventerà di volta in volta sempre più difficile accusare qualcuno, o magari saremo più inclini ad accusare qualcun altro per un’antipatia.
Tutto ciò gestito con un ottimo ritmo, assolutamente necessario ad evitare il tedio del ripetersi delle fasi di “processo”, quando saremo chiamati a individuare chi è lo gnosia.
Mi è capitato spessissimo di trovarmi appesantito nel leggere e rileggere sempre le stesse cose nel tentativo di vincere una partita, quando a sorpresa una piccola scena apriva un nuovo retroscena sul mondo di gioco o su un personaggio, spingendomi a continuare per scoprire ancora di più.
La noia quindi sarà certamente una parte dell’esperienza, ma sarà anche il motore che ci spingerà attivamente a provare nuove strategie e a provare a interpretare ruoli diversi. Molti eventi si avvieranno soltanto una volta soddisfatte determinate condizioni, e il giocatore è spinto a cambiare le regole del gioco (quanti gnosia ci sono sulla nave, quali ruoli ci sono per l’equipaggio, quanto questo è nutrito ecc) nel tentativo di far avanzare il racconto che fa da ossatura a Gnosia.
E questo racconto è uno di quelli che vale la pena leggere, per la bontà della storia stessa e per l’eccellente caratterizzazione dei personaggi, ma anche per la qualità delle illustrazioni che potete apprezzare nell’articolo. Gnosia si allontana da uno stile manga canonico per restituire tavole che sembrano disegnate a matita con un tratto leggero e delicato che si contrappone alle scelte cromatiche, in molti casi estremamente violente. Il design dei personaggi è un elemento distintivo molto importante nella produzione, e concorre a definire i diversi attori della vicenda, in contrapposizione ai fondali ben tratteggiati ma certamente non d’impatto.
“Non per tutti” è un’espressione che si usa spessissimo per definire un videogioco, e la produzione Petit Depotto è una di quelle per cui queste parole calzerebbero a pennello. Già la visual novel è un genere che richiede un certo tipo di predisposizione, figuriamoci una visual novel roguelike. Al contrario però mi piacerebbe suggerire questo gioco se non a tutti, almeno a tutti quelli interessati a un certo tipo di sperimentazione, perché Gnosia può incontrare il favore del pubblico interessato al gioco indipendente sperimentale prima ancora che quello del pubblico delle visual novel, grazie al suo essere un ibrido peculiare. Certamente ha i suoi difetti, e certamente la ripetizione costante dopo qualche ora inizia a pesare, ma nonostante questo Gnosia ha tantissimo da offrire, ed è questo quello che conta.