Kazuo Kamimura: da illustratore d’agenzia a mangaka full-time
Nacque proprio a marzo, nel 1940, Kazuo Kamimura: un artista che ha lasciato questo mondo molto presto, nel 1986, ma che in circa vent’anni dal suo debutto si è dimostrato oltremodo prolifico e capace di distinguersi da altri colleghi dell’epoca.
Il suo esordio avviene per caso: Kazuo Kamimura nasce, inizialmente, come illustratore e negli anni ’60 lavora per l’agenzia pubblicitaria Senkosha. Qui incrocia la propria strada con Yu Aku, già all’epoca famoso autore di canzoni, romanziere e poeta che gli chiese di creare un fumetto che raccontasse una storia drammatica. Questa proficua collaborazione tra i due comincia allora con Parada, la seconda opera di Kamimura, preceduta da Kawaiko Sayuri-chan no daraku (“La degradazione della graziosa Sayuri-chan”).
Kazuo Kamimura cambia definitivamente il proprio scopo di vita e comincia a dedicarsi esclusivamente al manga, venendo presto riconosciuto per il suo stile inconfondibile, così simile alla pittura ukiyo-e, per i suoi temi e le evidenti influenze stilistiche presenti nelle sue storie e tavole.
Lady Snowblood, quando la vendetta va consumata fredda
Il primo manga di Kazuo Kamimura ad arrivare in Italia non poteva che essere la storia della splendida e letale Shurayuki. Il suo nome contiene la parola shura, un demone violento e sanguinario, e Shurayuki è proprio così, assetata di vendetta, mentre si muove di città in città alla ricerca dei suoi bersagli.
Kazuo Kamimura dona viso e corpo alla protagonista della sceneggiatura di Kazuo Koike, creando così un archetipo di antieroina a cui si è ampiamente ispirato Quentin Tarantino per la sua Sposa in Kill Bill, che ha una lista di persone da uccidere proprio come Shurayuki ed è altrettanto affascinante e letale.
Non manca niente in Lady Snowblood: prospettive e silenzi che ricordano inquadrature e atmosfere cinematografiche, una protagonista spinta dalla motivazione più nera, una spirale di omicidi intrisi non solo del sangue versato, ma anche di sensualità e critica nei confronti di una società cui viene fin troppo facile calpestare la propria morale.
L’età della convivenza
Subito dopo il successo di Lady Snowblood, che aveva luogo in epoca Meiji (1868 – 1912), Kazuo Kamimura si dedica a L’età della convivenza, ambientato negli anni Settanta. Anch’esso giunto in Italia grazie a Jpop, si divide in tre volumi nei quali si dipana la vita quotidiana di una giovane coppia. Kyoko e Jiro hanno appena vent’anni, convivono senza esser sposati ma sembra quasi conducano due stili di vita diversi per via dei loro lavori, nei quali possiamo individuare lo stesso Kamimura.
Non solo, forse si può percepire una certa presenza autobiografica in tutto il racconto di questi due ragazzi, immersi in una Tokyo che non offre alcuna certezza, pur avviandosi verso grandi cambiamenti. Anzi, quello che si percepisce dalle tavole di questo manga è la dissolutezza e, ancora una volta, il decadimento di una morale che, nonostante tutto, è ancora dura a morire quando invece si tratta del ruolo delle donne.
A livello grafico ed estetico, questa volta sembra di avere davanti quasi una mostra di quadri che, rimanendo scorrevole alla pari di una pellicola cinematografica, mette continuamente a confronto i due protagonisti, coi loro comportamenti a metà tra l’amore e l’egoismo, tanto da essere quasi uno specchio l’uno dell’altro grazie alle simmetrie e prospettive adottate in diverse vignette.
Una gru infreddolita
Ci troviamo ancora in un determinato contesto storico, stavolta quello del mondo fluttuante, nel quale si muovono donne affascinanti in realtà prigioniere delle sale da tè in cui prestano servizio e dei debiti contratti una volta messo piede all’interno del quartiere dei piaceri. Proprio da questo ambiente voluttuoso e ricco di mistero per chi non vi aveva accesso, si sviluppa la corrente ukiyo, che rappresenta personaggi, relazioni e scene di vita in dipinti e stampe che ammiriamo ancora oggi e che anche Kazuo Kamimura prende come riferimento per le sue opere.
In particolare, Una gru infreddolita si addentra nella vita della giovane apprendista geisha Tsuru, che il lettore seguirà nel suo percorso per diventare una geisha a tutti gli effetti, scoprendo da subito la tragica vita condotta da quelle donne: vendute da bambine, devono esercitarsi duramente per poter debuttare e intrattenere ospiti nelle sale da tè, dopodiché il loro unico obiettivo per poter fuggire dal mondo dei fiori e dei salici è quello di ottenere protezione da un uomo potente e facoltoso, il cosiddetto danna.
Ancora una volta Kazuo Kamimura delinea una figura femminile capace di ammaliare i suoi clienti e non solo, sia grazie alle sue capacità di geisha ben addestrata, sia per le sue particolarità che la rendono unica. Talento ed eleganza non erano sufficienti e nonostante si possano constatare nelle diverse geisha conosciute da Tsuru nel corso degli anni, quello che la contraddistinguerà sarà una solitudine incolmabile che però le conferisce una bellezza malinconica e sfuggente.
Un’eredità ancora da scoprire
Come avrete capito dalle tre opere citate, portate in Italia grazie anche al lavoro di Paolo La Marca, possiamo osservare lo stile più puro di Kazuo Kamimura, quello che lo sta rendendo famoso anche qui in Italia dopo anni dalla sua scomparsa. Grazie alla disponibilità della figlia, Migiwa Kamimura, ora abbiamo queste e altre opere tra le nostre mani, come Il fiume Shinano, Il club delle divorziate, I fiori del male e Il parco dei cervi.
Ma basta dare un’occhiata alla sua bibliografia per rendersi conto di che autore prolifico sia stato: come riportato anche dalla figlia, Kazuo Kamimura arrivava a disegnare centinaia di tavole al mese, nelle quali però riusciva a catturare con grande sensibilità e senza filtri tutta l’intensità della bellezza femminile, psicologica e fisica.
Kazuo Kamimura, insomma, è un autore che, pur essendo scomparso, ha ancora molto da offrirci e speriamo di vedere sempre più riconosciuto anche in Italia il suo contributo al gekiga e al manga in generale.