Deus Ex: Mankind Divided: il ritorno di Adam Jensen

Durante lo scorso marzo la notizia di un nuovo Deus Ex giunse a tratti come un fulmine a ciel sereno. Bisogna ammetterlo, da parecchio si rumoreggiava riguardo un possibile seguito della saga, dopotutto le immagini del nuovo Dawn Engine presentato da Eidos Montreal circa quattro mesi prima gridavano “Human Revolution” da tutti i pixel, e la software house confermò come il motore grafico fosse pensato appunto per la nota saga cyberpunk, pur senza sbilanciarsi circa l’eventuale annuncio di un nuovo capitolo. Tuttavia probabilmente nessuno si aspettava un leak a poco più di un mese dall’’E3. Al quale seguì inevitabilmente l’annuncio ufficiale; inutile tentare di nascondere l’ormai palese esistenza del gioco proprio quando tutti ne stavano parlando, in fondo da lì a poco l’E3 avrebbe rubato tutta l’attenzione ed il titolo sarebbe finito in mezzo alla catasta di giochi appena annunciati, ricevendo probabilmente minore attenzione. Square-Enix diffuse però solo un trailer cinematico, qualche screen ed una manciata d’informazioni generiche, tra cui il titolo Deus Ex: Mankind Divided, per poi riservare al titolo maggiore spolvero durante la kermesse losangelina.

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Un po’ di storia

Ma facciamo un passo indietro, nel caso non abbiate la benché minima idea di cosa si stia parlando: il pubblico entrò per la prima volta in diretto contatto con la saga di Deus Ex nel giugno del 2000, con la release del primo capitolo, destinato a diventare un cult ricordato per sempre tra i più grandi giochi mai rilasciati su PC. Venne giudicato come il miglior titolo per computer della storia da svariate riviste e siti, e riuscì a catturare giocatori di tutto il mondo con la propria innovazione, la propria struttura complessa ed intricata, la libertà d’azione che garantiva, la profondità di trama e lore, nonché la tendenza a mischiare generi diversi creando un mix allora del tutto insolito e straordinariamente ben riuscito. Unì infatti elementi tipici del role-playing ad un gameplay improntato anche sulla componente shooting, qualcosa di effettivamente anomalo per il mercato PC (e non solo) del tempo. Se non avete la più vaga idea del setting del titolo, per capirci, immaginate un gioco effettivamente degno e profondo basato sul mondo di Ghost in the Shell o di Blade Runner, capace di rispettarne le tematiche quanto i ritmi: questa saga è probabilmente quanto di più vicino a quel concetto che saremo mai in grado di ottenere da quest’industria. Il titolo presentava un vasto e vibrante mondo cyberpunk, che nonostante i limiti tecnici dell’’epoca si dimostrò capace di far calare il giocatore in un simile contesto fantascientifico con naturalezza e maestria mai viste prima.

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Al primo capitolo seguì un sequel particolarmente detestato e considerato da molti come indegno; la volontà di attirare un pubblico più “casual” tra i propri utenti su console finì col limitare pesantemente (a livello tecnico) le possibilità di Invisible War, che subì tagli e ridimensionamenti praticamente in tutti gli aspetti in cui il predecessore eccelleva. La serie pareva definitivamente affossata e destinata ad un limbo produttivo, finché nel 2011 il terzo capitolo Human Revolution non la resuscitò in tutto il suo antico splendore: certo, ci troviamo di fronte ad un titolo che indubbiamente tiene il giocatore più per mano di quanto non possa sperare di fare il primo capitolo, ma anche davanti ad un intelligente adattamento e sequel (sebbene di fatto ne rappresenti un prequel) considerato da molti come il ritorno in grande stile della saga. Un manifesto che illustra senza vergogna come il primo Deus Ex sarebbe stato se realizzato ai giorni nostri, o un lampante esempio di come aggiornare una struttura impegnativa e ritenuta troppo “hardcore” per un pubblico più moderno  e casualone, senza snaturarla né privarla degli elementi essenziali per garantire un’esperienza profonda ed appagante. Un successo di critica e pubblico ma che a causa di tagli piuttosto importanti (come un’intera città) avvenuti per limitare tempi e costi di produzione, più alcuni elementi inseriti senza che ve ne fosse reale bisogno passando anche per i finali multipli che furono tra i più deludenti degli ultimi anni (per i quali gli sviluppatori si scusarono – non a torto – più volte), Human Revolution risultò essere un capolavoro mancato. Ciò non impedì al titolo di portare il franchise di Deus Ex a toccare nuovi apici, generando una fanbase del tutto nuova ed indipendente dai primi due capitoli: per sfruttare il successo del gioco apparvero dunque fumetti (piuttosto inutili), libri (anche interessanti), uno spin-off  per smartphone con lo stesso nome e poco altro.  Almeno, fino all’annuncio di questo quarto capitolo.

We always asked for this

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Torniamo dunque al titolo attualmente in sviluppo: in Mankind Divided siamo nel 2029; i potenziati (individui con protesi o componenti biomeccaniche atte a sostituire o migliorare arti, organi, muscoli o tessuti) vengono visti dalla popolazione mondiale come un pericolo: la disparità fisica o/ed intellettuale tra loro e gli individui “naturali” li rende virtualmente una minaccia. Vengono dunque trattati alla stregua di terroristi, ghettizzati, e sottoposti ad un rigido controllo dalla polizia che spesso sfocia nella violenza, in quella che viene chiamata “segregazione meccanica”. Fin da qui notiamo un dettaglio che ha fatto storcere il naso di non pochi fans storici della saga: il gioco si svolge solo due anni dopo Human Revolution, ed il protagonista è nuovamente Adam Jensen, lo stesso del precedente capitolo. È la prima volta che un titolo della saga non presenta un nuovo protagonista; il cambio di setting e cast (con piccoli camei/eccezioni) era in qualche modo considerata come una caratteristica quasi distintiva della serie (persino l’ultra-mediocre The Fall, pensato per cellulari, introduce un nuovo personaggio principale). Nonostante ciò, andando a vedere, il secondo capitolo (Invisible War) può essere considerato quasi come sequel diretto del primo; di fatto, ne riprende tematiche, personaggi, parte della lore (una misera, vergognosa parte) e vede nelle fasi finali l’incontro/scontro con JC Denton, protagonista del capitolo originale. Molto alla “finale di Pokémon Oro/Argento”, davvero.

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Non fosse che a differenza dei sequel di Rosso e Blu, Invisible War fallì completamente nel conquistare il cuore dei fans del primo capitolo, per via delle eccessive semplificazioni nella complessità generale e nel gameplay del titolo. Per non parlare della trama. Non era dunque assurdo che il nuovo Deus Ex si ponesse come sequel del prequel (Human Revolution) della saga. Per quanto riguarda il protagonista, qualcuno può davvero lamentarsi di Jensen? Andiamo, iniziare da una base solida con un personaggio dal carattere già instaurato e noto permette indubbiamente sviluppi narrativi più originali ed un intreccio possibilmente più complesso; abbiamo la possibilità di esplorare a fondo gli angoli ancora ignoti della personalità e del carattere di un personaggio che ci è già familiare, senza dover ricominciare da capo venendo forzati a conoscere da zero un nuovo protagonista. Lo so, può sembrare un tipico ragionamento da banale nostalgico, ma siamo seri, non si può essere veramente nostalgici di qualcosa risalente a solo quattro anni fa.
Che vi piaccia o no assisteremo dunque al ritorno di Adam e, francamente, non vedo come avere di che lamentarsi. In questo capitolo è un agente internazionale infiltrato al servizio di una Task Force antiterrorista. Jensen fa però il doppio gioco: crede che il gruppo per cui lavora possa essere controllato dagli Illuminati, su cui egli indaga privatamente. I controlli della polizia nei confronti dei potenziati sono aumentati in maniera spaventosa, come ci viene mostrato dal “World Premiere Gameplay” (trailer commentato di 25 minuti rilasciato conseguentemente all’’E3). Assistiamo dunque all’arrivo di Jensen alla stazione di Praga, che, dopo essere stato controllato svariate volte (essendo un potenziato) dagli agenti, si ritrova nel bel mezzo di un attacco terroristico. Nel trailer viene chiaramente mostrato il pregiudizio estremo nei confronti dei potenziati, soggetti ad una discriminazione quasi filonazista; è anche possibile notare, grazie ai monitor sullo sfondo, il ritorno di Eliza Cassan, conduttrice del più seguito (ed apparentemente unico?) telegiornale del mondo in Human Revolution. Ovviamente tutti coloro che hanno completato il terzo Deus Ex sanno bene di chi si sta parlando; quello che forse non sanno è che in questa’avventura, o almeno, in una buona parte di essa, Adam si sposterà sulle lunghe distanze grazie al supporto di un nuovo pilota: tale Elias Chikane, pilota dell’’Interpol, ex militare.
Un po’ di background: in seguito all’’incidente in cui i potenziati persero il controllo nel 2027, impazzendo (avvenuto in Human Revolution), Elias subì un grave danno alla gamba. Questo lo rese altamente sospettoso nei confronti degli aumentati, arrivando a rifiutare di farsi sostituire la gamba con una protesi artificiale.
Ciò non gli impedirà comunque di aiutare Jensen contattandolo vocalmente durante lo svolgimento delle missioni, fornendogli supporto tattico e materiale, se necessario. La sua presenza non esclude però il ritorno di Faridah Malik, storica ed affiatata pilota nel precedente capitolo; il suo destino in HR è dopotutto nelle mani del giocatore, ma non è escludibile che gli sviluppatori optino per stabilire uno svolgimento della storyline canonico riguardante la ragazza, facendola apparire eventualmente anche nel sequel.

Potenziamenti meccanici e meccaniche potenziate

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Questa prima, vera anteprima/presentazione del gioco mostra una missione che, come specificato, potrà differire completamente o non essere affatto presente nel gioco finale; è pertanto saggio concentrarsi sulle meccaniche di gioco, più che sulla struttura dei livelli proposti, atti palesemente a mostrare in successione le abilità di Jensen.
Ciò che probabilmente rimarrà invariata, però, è la componente legata alla trama: viene infatti sottolineato, durante la cutscene/parte finale, come ci si trovi di fronte ad uno spoiler; l’obbiettivo di Adam è quello di trovare Talos Rucker, leader della Augmented Rights Coalition. Se volete vedere come l’incontro possa concludersi (ammesso che il giocatore intraprenda le scelte mostrate nel trailer) siete liberi di andare a guardarvi l’anteprima video. Tornando invece alle meccaniche, come i suoi predecessori Mankind Divided si giostra abilmente un gameplay capace di regalare un’esperienza action quanto RPG. Caratteristiche storiche come il combattimento con armi da fuoco, la componente stealth, l’hacking, le interazioni sociali, la narrativa complessa ed il tipico sistema di scelte e conseguenze tornano in pompa magna, in un gioco che promette di regalare al pubblico un prodotto paragonabile al predecessore, con l’intento però di compensarne le mancanze tentando contemporaneamente di eliminarne i difetti.
Deus Ex: Mankind Divided mette in primo piano la dualità stealth-action del gameplay: sarà possibile giocare l’intera partita in maniera completamente rivolta all’azione (quasi alla “Call of Duty”, visto che Call of Duty ultimamente pare voler essere Deus Ex – vedi il primo trailer di Black Ops 3 -), oppure con un approccio completamente silenzioso e letale. Oppure anche no: si è prestata molta enfasi nel sottolineare come al giocatore vengano proposte costantemente più alternative nell’affrontare le medesime situazioni, infatti Jensen non sarà mai, veramente, costretto ad uccidere qualcuno. Sarà possibile completare la partita senza far fuori nessuno, il che potrebbe indicare una maggior cura in tal senso; anche in HR era presente un obbiettivo sbloccatile completando la partita senza uccidere nessuno, era però piuttosto difficile da ottenere, in quanto diversi nemici rischiavano di venir uccisi durante l’avventura in maniera indipendente dalla volontà del giocatore (come durante gli scontri coi boss), venendo però considerati come vittime di Adam. Oltre a ciò, viene promessa la possibilità di completare l’intera campagna in modalità stealth, senza quindi essere visti da alcun nemico; e pare che la cosa valga anche per i boss. Deus Ex: Mankind Divided permetterà comunque, ovviamente, di trovare un compromesso tra i due stili di gioco (stealth/action), sebbene in realtà non sia realmente necessario per proseguire nella storia.

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In Human Revolution, al contrario, si era praticamente forzati a potenziarsi sotto il lato action (anche volendo intraprendere una stealth run), per via degli odiosissimi e completamente fuori posto scontri coi boss, aggiunti – come ammesso dagli sviluppatori – solo in un secondo momento per via direttive dall’alto, per giunta realizzati da un differente team. Non veniva infatti inclusa la possibilità di affrontare le boss fight in maniera stealth, dunque coloro che personalizzarono Adam per adattarsi a quel particolare stile di gioco non poterono che trovarsi inevitabilmente svantaggiati. Anche il tentativo di “aggiustare” tali battaglie nella successiva Director’s Cut non fu un grande successo. In questo caso invece, pare sarà possibile scegliere liberamente l’approccio delle battaglie coi boss. Torna inoltre l’acclamata possibilità di affrontare alcuni di essi in maniera “sociale”, in una sorta di sfida dialettica definita dagli stessi sviluppatori come “drammatica e credibile”; in queste occasioni, la visuale tornerà in prima persona, differenziandosi dunque con i dialoghi standard con gli NPC. Questa volta però assisteremo ad un’espansione delle meccaniche in tal ambito: Jensen non sarà più infatti limitato a dover affrontare l’avversario “percependone” la personalità con un innesto sociale; sarà bensì necessario osservare i movimenti del corpo degli avversari, le animazioni facciali, nonché le condizioni ambientali e gli elementi circostanti che caratterizzano il dialogo/trattativa/interrogatorio.

Tra gameplay e gunplay

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Passiamo ora ad alcuni tra gli elementi potenzialmente più interessanti trapelati tramite i video di presentazione: primo tra tutti, le armi da fuoco. Questa volta ci viene messo a disposizione una sorta di menù per la personalizzazione dell’arma, che ci permette di modificare a nostra scelta alcuni parametri e caratteristiche delle nostre pistole, fucili e via dicendo senza dover necessariamente mettere in pausa il gioco. Essenzialmente ci viene proposto un primo piano dell’arma (simile ad una versione statica della meccanica che perette di osservare oggetti ed armi in The Order 1886), da cui personalizzare l’arma e gli upgrade relativi: oltre ai potenziamenti già noti (silenziatore, laser, mirino) viene qui introdotta la possibilità di scegliere e cambiare rapidamente differenti tipi di munizioni adatte a situazioni diverse, tra cui proiettili normali, perforanti ed EMP. Tra i parametri verrà anche inserito il pattern di fuoco, potremo dunque scegliere se utilizzare un solo proiettile, più in contemporanea od altre variabili (ovviamente a seconda dell’arma). Scegliere di consentire la personalizzazione dell’arma in-game, senza dunque dover accedere ad alcun menù, nonché di permettere una visualizzazione rapida degli upgrade mancanti ed una personalizzazione degli stessi, permetterà agli sviluppatori di puntare a regalare quella che definiscono come “esperienza più fluida e libera”. Le modalità che consentono la selezione di armi e granate rimarranno apparentemente invariate da Human Revolution, con il tipico menù “a cerchio” in stile GTA/RDR, e la possibilità di cambiare rapidamente arma con la pressione di un commando. Restando in tema granate, oltre a quelle standard il trailer ha mostrato la presenza di bombe a grappolo EMP, utilizzate da Jensen per disattivare una torretta. Ciò può suggerire un’eventuale espansione per quanto riguarda il set di esplosivi e armi recuperabili nel corso della storia. Non che sia scontato: dopotutto, in fatto di armi da fuoco abbiamo avuto a malapena modo di constatare il ritorno della pistola standard, della doppietta, del fucile d’assalto e poco altro. Cambiando argomento, il sistema di copertura in terza persona resta praticamente identico a quello del predecessore, salvo per quanto riguarda l’introduzione di un rapido scatto in terza persona che permetterà a Jesen di muoversi rapidamente tra una copertura e l’altra durante le sequenze action.

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L’interfaccia resta invariata, nonostante le modifiche nel design tali da rendere l’HUD a tratti più ordinato e meno invadente. Appaiono perennemente visibili dunque la mappa, le armi in uso più relative munizioni, una sorta di barra della stamina che probabilmente sostituirà le non riuscitissime batterie del precedente capitolo, ed ovviamente i potenziamenti disponibili. È interessante notare come all’inizio del trailer Adam sia sprovvisto di HUD, nella sequenza/filmato in prima persona (tutto in-game) mostrata; comparirà poi contemporaneamente all’attacco terroristico. Pare dunque che Adam possa disattivare l’interfaccia, caratteristica che probabilmente ritroveremo in sequenze scriptate (o forse, semplicemente Adam si “toglierà gli occhiali” più spesso). Durante la presentazione è stato più volte ribadito come il gioco presenti varie vie alternative e metodi differenti per raggiungere i medesimi obiettivi; viene per esempio citata la costante presenza di passaggi secondari/nascosti da trovare ed esplorare, in grado tra l’altro di condurre Jensen da personaggi che in altro caso non avrebbe incontrato. Trattasi di NPC capaci di fare realmente la differenza, considerando come oltre al dialogo offrano talvolta informazioni preziose, supporto di vario tipo, o persino una compravendita di armi, munizioni e consumabili che può risultare vitale ai fini della missione in corso. L’obiettivo è quello di garantire più varietà e libertà possibile, in quello che gli sviluppatori definiscono “multi path and multi solutions approach”. Restando sulle interazioni con i personaggi in-game, è possibile notare come i dialoghi con gli NPC risultino spesso in simil-cutscene cinematiche (con inquadrature da svariate angolazioni capaci di dare un tono dinamico e drammatico alla scena), in contrapposizione alle poche varianti statiche ad inquadratura quasi fissa (accompagnate da una manciata di animazioni randomiche ma cicliche) che caratterizzavano Human Revolution.

Innesti e potenziamenti

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Passiamo dunque ad uno degli elementi più distintivi di Deus Ex: i potenziamenti. Che siano nano macchine o semplici protesi, i potenziamenti permettono alla serie di differenziarsi dagli altri FPS persino prendendo in esame unicamente le sezioni di shooting; in quest’ultimo capitolo, viene promesso un focus maggiore sulla componente action, migliorata e resa all’altezza di quella stealth. Assisteremo dunque alla reintroduzione di componenti tipiche dello scorso capitolo, come gli assassinii con “filmato” in terza persona, le uccisioni dall’alto, lo sfondamento di pareti ed altre abilità permesse dalle componenti biomeccaniche del protagonista. Oltre al ritorno di abilità ereditate dal prequel, Mankind Divided si sbizzarrisce però in fatto di varietà degli innesti. Ce ne vengono mostrati alcuni: come la Nano Blade, versione espandibile ed espellibile dell’iconica lama “da braccio” di Jensen, che è ora possibile lanciare a tutta velocità contro un nemico (uccidendolo) o contro un muro (in tal caso, esploderà dopo pochi istanti, mettendo fuori gioco i nemici nelle circostanze). Oppure, i Dardi Tesla, che ci consentiranno di espellere dalla mano un impulso elettromagnetico non letale capace di stordire fino a quattro nemici alla volta, similmente alla pistola da braccio P.E.P.S., in grado di stordire gruppi di nemici con proiettili al plasma. Particolarmente interessante è inoltre la modalità Focus, una sorta di bullet time che consente al giocatore di rallentare il tempo (velocizzando quindi Adam dal punto di vista dei nemici). Jensen viene inoltre reso più libero e dinamico dall’Icarus Dash, una sorta di rapidissima spinta/salto tale da far raggiungere con facilità posizioni sopraelevate od irraggiungibili. I limiti fisici imposti dalle distanze materiali sembrano sempre più ininfluenti, considerata anche l’innovativa possibilità di eseguire manovre di hacking in remoto che ci permetteranno di controllare robot, telecamere ed elementi ambientali (come piattaforme mobili e simili). Restando sull’hacking, la versione 2.0 presentata in Mankind Divided promette nuovi software utilizzabili, muove trappole, nuove sfide e tre/quattro diversi tipi di interazione con i singoli nodi della rete da hackerare. Quello che però spicca tra tutti, è forse il Titan Shield: già visto alla fine del trailer d’annuncio (reputato da molti – a torto – come un semplice pretesto tamarro per concludere il video), consiste in uno scudo capace di ricoprire interamente Jensen; durante l’attivazione ricorda visivamente l’abilità mutaforma della Mystica (X-men) cinefumettistica, solo con un aspetto poligonale e nero a sostituire le scaglie blu della mutante. Nel concreto, permette di tramutare Adam in un “carroarmato umano”, garantendogli l’immunità dai proiettili nemici e permettendogli dunque di affrontare testa a testa l’artiglieria pesante.

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Qualche parola infine sull’impatto visivo: Human Revolution non vantava di una grafica all’ultimo grido (anzi), ma riusciva a compensare le mancanze tecniche con un art direction impressionante, il design degli interni e dei vestiti, l’architettura dei vari distretti visitabili ed un sorprendentemente intelligente uso dell’illuminazione. Il tutto, caratterizzato dall’iconico filtro ocra perennemente presente (attenuato nella Director’s Cut edition), regalava un colpo d’occhio non fenomenale ma indubbiamente distintivo. Non possiamo sapere se il comparto artistico possa dimostrarsi degno del predecessore: quel che ora risulta palese, è come nel complesso il comparto grafico non abbia nulla da invidiare alle simili produzioni ad alto budget attuali.

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Risulta evidente un abbandono del filtro giallastro, divenuto quasi sinonimo di HR: gli sviluppatori hanno però trovato un espediente piuttosto interessante al fine di mantenere l’unicità visiva del titolo. Facendo attenzione è infatti facile notare come gran parte dei luoghi visitati da Jensen siano caratterizzati dal predominio di un singolo colore sugli altri. Abbiamo dunque ambientazioni tendenti all’arancione, dalle tinte verde acqua o proprio tendenti al giallo. Pur non avendo un filtro onnipresente, gli ambienti in Mankind Divided sembrano distinguersi dunque tramite l’uso di un’illuminazione caratterizzata da un particolare colore dominante, in grado probabilmente di trasmettere l’aria di decadenza cyberpunk che permeava il precedente capitolo.

In conclusione…

Vengono anche promessi contenuti bonus sbloccabili tramite l’App ufficiale per smartphone della saga, scaricabile 11700864_1441387482836400_1222496964602203856_ndall’App Store e da Google Play (cercate “Deus Ex Universe”); so che può risultare seccante e parecchio discutibile come tecnica (perchè penalizzare quei quattordici individui che al giorno d’oggi non hanno uno smartphone?), ma apparentemente di questi tempi roba simile è praticamente la norma, fateci il callo o boicottate la pratica perdendovi gli extra, sta a voi.
Insomma, se attendete il titolo e non intendete perdere quei pochi pezzi aggiuntivi che non richiedono di metter mano al portafoglio, state al gioco, scaricate l’App e scansionate la triforza venuta male qua a fianco.

Gli sviluppatori ci tengono a sottolineare come il gioco nel complesso sarà soggetto ad ampie modifiche prima della release; insomma, più che un banale more of the same, Mankind Divided sembra volersi imporre come naturale evoluzione della saga. Il publisher quanto i developer sono ben al corrente dell’importanza che il marchio di Deus Ex vanta dopo il terzo capitolo; con una fanbase più ampia che mai, difficilmente il titolo sarà soggetto a tagli e ridimensionamenti improvvisi. L’abilissimo team di sviluppo è ora dunque libero di dare del proprio meglio in quello che può a tutti gli effetti rappresentare il prodotto che Human Revolution avrebbe dovuto e voluto essere, correggendone i difetti ed aggirandone i limiti; sarà il capolavoro che il prequel ambiva a diventare?