Distopie corporative, impianti di potenziamento per il corpo e neon: esploriamo insieme il cyberpunk, attraverso alcuni videogiochi
Come spesso accade per i generi letterari del fantastico, anche il cyberpunk – in quarant’anni di vita – ha saputo insinuarsi in contesti mediali variegati. Dai romanzi di William Gibson e Bruce Sterling sono infatti derivati un’infinità di prodotti: fumetti, film e – punto di analisi di questo articolo – videogiochi. Complice l’ascesa della retromania, ovvero di quel gusto sempre più prominente per ciò che “sà di antiquato”, questo tipo di ambientazione ha letteralmente invaso la cultura pop: con pro e contro. Non mancano infatti casi in cui l’essenza stessa del genere – ovvero la metafora e il simbolismo critico con cui tagliare il clima politico contemporaneo alla realizzazione di un’opera – venga messa in secondo piano rispetto a una componente altrettanto fondamentale ma dalla presa più trasversale e semplice: l’estetica.
Arrivati a un numero ragguardevole di decenni in cui questo genere è nelle nostre menti è giusto chiedersi cosa sia cyberpunk non solo per l’implantologia biocibernetica o per i colori accesi contrapposti a architetture distopiche (che hanno, spesso, perso quella carica depressiva che le rendeva efficaci) ma anche e soprattutto per cosa significa. Per ricordarsi che il suffisso “punk” ha un significato ben preciso che non può essere soltanto estetizzato o visivo, ma anche attitudinale. Ho tenuto conto di questo per scrivere la lista dei migliori videogiochi cyberpunk che segue.
Vi potrebbe interessare anche:
I migliori videogiochi di strategia ambientati durante la Seconda guerra mondiale
I migliori videogiochi tratti dagli anime
Giganti di ferro: i migliori videogiochi con i mecha
I migliori videogiochi roguelike in circolazione
Snatcher (1988, Konami)
Citando il nome di Hideo Kojima, molto probabilmente, la prima cosa a cui penserete è la fantapolitica a base di spionaggio della serie Metal Gear o il futuro profetico di Death Stranding, e fareste benissimo a pensarla così dato il successo e la rilevanza che questi lavori hanno avuto sul progredire di un certo tipo di modo di immaginare e realizzare prodotti culturali (non soltanto i videogiochi). Non è di questi, però, che voglio parlarvi qui, quanto piuttosto di un gioco (e del suo seguito) realizzato dal designer giapponese ben prima del successo: mi riferisco a Snatcher, a mio parere tra i migliori videogiochi cyberpunk.
In questo gioco, forse più che in ogni altro, si percepisce la cinefilia e l’approccio cinematografico della scrittura di Kojima. Si tratta di un’avventura testuale di stampo noir, con i tipici rimandi ai classici del genere con un occhio di riguardo ai classici del genere ma contemporaneamente uno sguardo alle tendenze futuristiche del periodo (in particolar modo Blade Runner). Il risultato è un mix tra classico e futuristico crudo e senza mezzi termini: che trascina chi gioca in un baratro oscuro e misterioso. Nei panni del detective affetto da amnesia Gillian Seed, saremo chiamati in causa a trovare il bandolo della matassa che collega tra di loro gli omicidi compiuti da parte di alcuni snatcher (un tipo di umanoidi cibernetici). Un gioco capace di rendere in modo netto e percepibile le connessioni tra le storie fumose dei film in bianco e nero con i colori sgargianti del cyberpunk, in un concerto regolato dalle allegorie e dalle metafore sulla società giapponese e americana di fine anni ’80.
System Shock 2 (1999, Looking Glass Studios/Irrational Games)
Sequel del gioco di Looking Glass Studios del 1994, System Shock 2 è uno sparatutto in prima persona che mescola l’horror con la fantascienza. La componente più marcatamente cyberpunk del gioco è data tanto dagli ambienti opprimenti e angoscianti della nave spaziale in cui è ambientato il gioco, quanto dalle possibilità transumane e post-umane date dagli impianti cibernetici con cui viene potenziato il protagonista del gioco.
System Shock 2 è un punto di svolta della storia dei videogiochi sia per motivazioni simili al gioco successivo, ovvero una tendenza immersiva e di libertà di approccio, sia perché ha messo sulla mappa delle personalità del videogioco Ken Levine. Un nome, il suo, che sarà sempre ricordato nell’associazione tra creazione di mondi credibili e videogioco.
Migliori giochi cyberpunk: Deus Ex (2000, Ion Storm)
Insieme al gioco precedente e per motivi simili non poteva mancare quella che, nei videogiochi, è la serie cyberpunk più conosciuta e che immediatamente colleghiamo al genere quando pensiamo a questo medium. Deus Ex è certamente una serie che è riuscita nell’intento di recuperare l’eredità del genere e trasportarlo nel videogioco riscuotendo grande successo e creandosi una sua personale eredità.
Il primo capitolo, poi, è di cruciale importanza anche per le sperimentazioni che ha portato nel videogioco; divenute una vera e propria corrente interne al modo di intendere le avventure in prima persona con elementi da gioco di ruolo. L’intuizione del suo creatore Warren Spector di integrare all’ambientazione una libertà di approccio praticamente assoluta non solo è coerente con le atmosfere ma ha creato un modo nuovo con cui giocatrici e giocatori potessero approcciare il videogioco. I cosiddetti immersive simulators vedono nel primo capitolo di questa serie il suo p: capace di offrire a chi gioca approcci liberi e senza vincoli, basati sulla sua personale intuizione nel mescolare strumenti a disposizione e ambienti di gioco, creando un processo di progettazione dentro un altro già presente.
Mirror’s Edge (2008, DICE)
Includere Mirror’s Edge in una lista dei migliori videogiochi cyberpunk potrà sembrare una scelta esteticamente atipica, e in un certo senso contrapposta a quel che normalmente il genere dà da pensare. Quella proposta da DICE, però, è una versione di cyberpunk che proprio per la sua distanza dagli stilemi classici ne distilla e cristallizza gli elementi cardine, ribaltandoli e svuotandoli ma restituendoli in modo comunque coerente.
La città in cui si muove Faith è asettica, spogliata di ogni personalità, ripulita da ogni escrescenza non conforme. Una contrapposizione al dinamismo vivo e variegato della norma di questo genere che nasce dall’estremizzazione dei caratteri dominanti: dove tutto viene reso uniforme, ammantato da una limpidezza disturbante e oppressiva proprio come il governo che la controlla. Una storia che parla di controllo delle informazioni e di distopie possibili in modo così estremo da cancellare ogni tipo di peculiarità negli individui e negli ambienti, arrivando a invertire totalmente gli stilemi principali del genere in cui si inserisce.
2064: Read Only Memories (2015, MidBoss)
Il transumanesimo e la fluidità di identità di genere sono temi piuttosto inerenti con il cyberpunk. I ragionamenti sul passaggio dei corpi e la loro evoluzione fatti dalla finzione sono serviti anche e soprattutto per creare determinazione nelle persone, comprendersi e trovare il coraggio di riconoscersi. 2064: Read Only Memories tratta questi argomenti in modo sensibile, razionale e soprattutto approfondito.
L’avventura grafica di MidBoss infatti si distingue per come le tematiche sociali chiamate in causa vengano integrate con il contesto, ribadendone tanto il collegamento quanto sia necessario raccontarle con cognizione. I personaggi vivono la propria identità in modo libero, lontano da schematizzazioni e imposizioni ma contemporaneamente con il fiato sul collo di governi e corporazioni. I loro racconti si riempiono di intimismo e profondità, che ben si integra con i contesti estetici dell’ambientazione.
VA-11 Hall-A: Cyberpunk Bartender Action (2016, Sukeban Games)
Un bancone futuristico, musica techno ad altissimo volume, cocktail fluorescenti e luci al neon così accese da far male anche a quel nuovissimo occhio cibernetico che avete appena installato nel vostro corpo. Questa è una scena che, probabilmente, vi verrà piuttosto facile immaginare se pensate al cyberpunk. VA-11 Hall-A prende quel singolo e tipico momento e ci costruisce intorno un gioco intero.
Protagonista del gioco è la barista robotica che dà il nome al gioco. Il suo compito è quello di preparare bevande per la clientela, chiaccherarci e capire meglio come ogni persona vive e pensa (compresa se stessa). Quella che normalmente viene vista come una parte di un racconto più grande, un elemento di decoro e contorno, qui viene estesa e resa portata principale. Il risultato è un’avventura grafica/simulazione densa come un bloody mary e colorata come un sex on the beach. Senza ombra di dubbio uno dei migliori videogiochi cyberpunk recenti.
Ruiner (2017, Reikon Games) – Migliori videogiochi cyberpunk
Chiudiamo questo elenco dei migliori videogiochi cyberpunk con un gioco che ha al suo interno praticamente tutti gli elementi che potrebbero venirvi in mente pensando a questo genere. Distopia corporativa? C’è. Un protagonista potenziato ciberneticamente senza memoria, dall’identità incerta? C’è. Cospirazioni e controllo mentale che coinvolgono hackers e informatica? C’è. Prendete un concetto chiave del cyberpunk e, con tutta probabilità, lo troverete in Ruiner.
Il gioco di Reikon è uno sparatutto con visuale isometrica dall’alto caratterizzato da un’estetica minimale e dominata da toni del rosso e del nero che entra in collisione con alcuni tra i tratti estetici più dominanti dl cyberpunk: linee nette e spigolose e richiami all’animazione nipponica su tutti. Un gioco ricco di adrenalina ma che non rinuncia mai a porre a chi gioca i grandi quesiti del cyberpunk sull’esistenza della specie umana, sul suo declino e sul controllo delle libertà.