Il secondo volume di Love, Death & Robots riconferma la serie come tra le più interessanti del catalogo di Netflix
Nel 2019 la prima stagione di Love, Death & Robots è stata senza ombra di dubbio uno dei migliori prodotti proposti da Netflix per quell’anno. La serie è composta da cortometraggi d’animazione (dalla CGI al 2D passando per la tecnica mista) collegati unicamente dai temi, come dice il titolo, dell’amore, della morte e dell’intelligenza artificiale. Ogni puntata racconta non solo una storia diversa, ma anche uno stile e un genere completamente differente. Si passa dal realistico racconto di astronauti dispersi nello spazio, a surreali e grottesche storie di yogurt ultra intelligenti che finiscono per dominare il mondo.
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Diminuiscono gli episodi, ma non la qualità
Con la seconda stagione di Love, Death & Robots, Netflix propone meno episodi rispetto al suo primo volume (8 corti nella nuova stagione contro i 18 della prima) ma non per questo non raddoppia sulla qualità. Anzi, il numero di episodi più contenuto riesce a rendere l’opera più concisa e memorabile, lasciando spazio alle varie vicissitudini di cementarsi nella mente dello spettatore.
Alla produzione troviamo sempre David Fincher, che per Netflix ha già lavorato alla serie Mindhunter e il film candidato ai Premi Oscar Mank, e Tim Miller, regista ed effettista statunitense diventato famoso nel 2016 per aver diretto il primo film di Deadpool. L’idea di Love, Death & Robots nasce circa dieci anni fa dall’intenzione dei due cineasti di produrre un remake di Heavy Metal, film d’animazione anni ’80 composto da nove cortometraggi a tema fantascientifico. Il progetto all’epoca non andò a buon fine, e Miller e Fincher decisero di rivolgersi a Netflix per trasformare il concept in una serie antologica.
Love, Death & Robots vol. 2 dimostra innanzitutto l’incredibile abilità dei vari studi d’animazione di presentarci dei mondi narrativi credibili in pochissimi minuti. Alcuni esempi di questa seconda stagione sono un pianeta deserto dove si aggira un cacciatore di taglie in grado di rigenerare le proprie ferite, una distopia dove è stata scoperta l’immortalità ed è quindi illegale fare figli, oppure ancora un esilarante città composta interamente da anziani accompagnati in ogni parte della loro vita da dei robot domestici, che inevitabilmente si ribellano ai loro padroni.
Le storie di Love, Death & Robots 2, su Netflix
Non esistono cadute di stile o note dolenti. Forse l’unico episodio un po’ sottotono è la storia intitolata “L’erba alta”, che parte con una premessa interessante per poi svilupparsi in una risoluzione fin troppo poco avvincente. Oltre al corto d’apertura (il sopracitato microcosmo composto da anziani e robot), le punte di diamante di questo secondo volume sono i cortometraggi “Ghiaccio” e “Era la notte prima di Natale”. La prima storia racconta di una colonia umana in un pianeta di ghiaccio dove tutti gli adolescenti, tranne il protagonista, sono dotati di impianti e potenziamenti cibernetici. Viene mostrata, in poche e taglienti scene, una società dove ad essere discriminati sono le persone che non hanno ancora usufruito delle meraviglie della tecnologia. L’obiettivo del giovane protagonista è quello di dimostrare il proprio valore in un mondo dove tutti sono al massimo delle proprie capacità. A colpire più di tutto in questo corto è sicuramente lo stile visivo: una sorta di ibrido tra 2D e 3D stilizzato che non può lasciare indifferenti.
La seconda storia invece è, per i fan dell’horror, la vera chicca dell’intera stagione. Come dice il titolo, ci troviamo alla vigilia di Natale, con due bambini nella loro stanza che sentono l’arrivo di Babbo Natale al piano di sotto. Quello che però trovano non è esattamente quello che si aspettavano. La bellezza di questo episodio risiede nella semplicità della propria risoluzione e nella classica struttura da barzelletta. Nonostante le palesi tinte horror, il corto può essere visto anche come un breve sketch comico con tanto di setup e una punchline esilarante tanto quanto terrificante.
Con Love, Death & Robots 2, Netflix porta sul piccolo schermo anche degli incredibili passi in avanti nel campo dell’animazione digitale. Più nello specifico sono episodi come “Pop Squad” e “Snow nel deserto” che, scegliendo la via del fotorealismo per raccontare le proprie storie, raggiungono nuovi vertici nel campo dell’effettistica digitale. Ma è l’episodio “La cabina di sopravvivenza” che più di tutti riesce ad illudere lo spettatore di trovarsi davanti a un prodotto live action. Tanto che chi vi sta scrivendo è ancora in dubbio se il protagonista interpretato da Michael B. Jordan sia in effetti reale o meno.
Il dispiacere provocato dal ridotto numero di episodi scompare difronte alla qualità generale della stagione. Meno episodi ci consentono anche di respirare meglio quello che vediamo, e ciò non è mai un male. In conclusione Love, Death & Robots 2 continua l’eccellente scia iniziata dalla prima stagione, e si riconferma come uno dei migliori prodotti attualmente disponibili su Netflix.