Su Prime Video arriva la nuova serie sudamericana Dom. Tra cliché e temi già visti, riuscirà a colpire ugualmente il pubblico?
Combattere il mondo della droga, in un paese profondamente ferito e costantemente martoriato come il Brasile, è una fatica che farebbe impallidire Ercole in persona.
La mancanza di strutture scolastiche, sanitarie e luoghi di aggregazione culturale adeguati, fanno sì che i giovani, indipendentemente dal rango sociale, finiscano per entrare in contatto con cocaina e simili.
Dom, nel suo lungo viaggio, prova a spiegarlo. Va oltre alla semplice serie crime (nonostante la quantità immane di momenti romanzati), e ci porta all’interno di una battaglia che solo un padre potrebbe riuscire a combattere sul serio (Su Prime Video dal 4 Giugno).
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Una vicenda ispirata a fatti accaduti realmente
Un padre poliziotto ed ex sommozzatore per l’esercito. Un figlio inghiottito dalle favelas e dall’uso di cocaina. Una lotta armata che dividerà una parte di Brasile.
Questi sono solo alcuni degli elementi che caratterizzano Dom, la serie sudamericana di Amazon Prime Video ispirata a fatti realmente accaduti sul finire degli anni 2000.
La vicenda vede come protagonista Pedro Dom, noto criminale brasiliano, e suo padre Victor Dantas. I due, ritrovandosi agli antipodi di una guerra tanto folle quanto assurda, sono i cuori pulsanti di una serie che riesce a equilibrarsi di passo in passo, senza dover far prevalere nessuno dei due.
Certo, la figura di Victor, interpretato da Flavio Tolezani, ha un fascino leggermente superiore (dato pure dall’ottima presenza scenica dell’attore), ma anche la sua controparte riesce ad emergere, soprattutto per una profondità di scrittura veramente notevole.
La serie TV, che si articola in 8 episodi da poco più di un’ora ciascuno, inizia con il piede sull’acceleratore, portandoci immediatamente all’interno del mondo delle favelas brasiliane. Tra una scena d’azione e l’altra, però, inizia pian piano a sgonfiarsi per passare ad un piano più umano, profondo, ma meno dinamico.
Una scelta stilistica che, purtroppo, si ripercuote profondamente sull’opera in sé. Dom è una serie con tantissimo potenziale action (mai becero, mai trash, nonostante alcuni dialoghi profondamente esagerati), ma decide di prendersi numerose pause per riflettere e far riflettere. La decisione è di Vicente Kubrusly e Breno Silveira, i due registi della produzione Prime, i quali optano per un approccio graduale.
Non è un errore, ovvio, la scelta va a toccare i tasti del gusto soggettivo dello spettatore, il quale sarà l’unico giudice sovrano di questa realtà, ma sia questa diluizione, sia il minutaggio prepotente, fanno in modo che la serie brasiliana gridi guerra, oltre che alla droga, anche al binge watching.
Mettendo da parte il ritmo e le scelte di script, Prime Video, con Dom, si presenta al pubblico con un prodotto efficace e interessante. Il compartimento artistico riesce a donare credibilità ad una serie che fa della “realtà” la sua arma in più. Le riprese esterne e degli interni, tra le strade di Rio e le spiagge di Copacabana, sono avvolgenti e ci attirano in un mondo vivo e fresco. Apprezzabili anche le risoluzioni simil heist che caratterizzano Pedro durante l’evolversi della trama.
Poco importa se gli stilemi seguiti da Victor e gli altri protagonisti sappiano di già visto. Dom riesce nell’intento di andare ben oltre sé stesso, offrendoci una visione più matura della solita (con tutto il rispetto possibile) produzione crime latina.
Il coraggio di certo non manca a questa produzione Prime Video che, con non indifferente consapevolezza, sceglie di darsi un tono uscendo dalla sua comfort zone di appartenenza, diventando un prodotto ben più interessante di quanto lo potessimo immaginare.
Certo lo script che ricalca esageratamente alcuni personaggi, stereotipandoli oltre maniera, non aiuta lo spettatore a divincolarsi da questo pregiudizio, ma andando oltre al potente, e delle volte pesante, minutaggio, si riuscirà a vedere un’opera più interessante e impegnata di quanto ci si potesse aspettare.
Dom, in sostanza, è un esperimento riuscito. Una serie con numerosi spigoli da dover limare per poter essere digerita adeguatamente dallo spettatore medio, ma raggiunge il traguardo di essere credibile. Un’operazione difficile, vista la complessità di doversi slegare da un mondo (quello latino) e da uno script (trito e ritrito), ma efficacemente affrontata grazie ad un duo di registi coraggiosi e intelligenti. Non aspettatevi la dinamite di Narcos o l’oscurità di Gomorra. La serie brasiliana è qualcosa di molto diverso, ma solo dopo un’attenta visione riuscirete a comprenderne la reale natura.
Non sarà adatta agli amanti del binge watching, ma siamo sicuri che, una volta a sera, la cruenta e profonda guerra padre-figlio, riuscirà a catturarvi in tutta la sua complessa semplicità.