Al Festival del cinema di Roma arriva The Eyes of Tammy Faye, un film che, tra alti e bassi, ci mostra nuovamente il talento della Chastain
Quello che hanno rappresentato per gli Stati Uniti d’America Tammy Faye e Jim Bakker è pressoché impossibile da spiegare. Due giovani evangelisti che, seguendo un credo quantomai singolare, sono riusciti nel loro intento di creare, prima, una rete televisiva interamente incentrata sulla divulgazione religiosa e poi un vero e proprio impero.
Tra nascita, ascesa e discesa, sarà bastata la vulcanica coppia di protagonisti a mantenere alto il livello della pellicola?
Andiamo per gradi però, proprio come la pellicola di Michael Showalter. La narrazione, che si sviluppa su di un arco di poco superiore alle due ore, parte dalla vocazione della giovane Tammy.
I primi passi fatti con la chiesa, i dissidi con la famiglia, il desiderio di esprimere la propria fede, fino al momento in cui conosce Jim: l’uomo della sua vita. Sono queste le basi solide sulle quali poggia la costruzione di Tammy.
Il lavoro, ovviamente, viene impreziosito visibilmente dalla Chastain, sempre più punto di riferimento hollywoodiano e figura accentratrice anche in una pellicola che la vede al fianco di Andrew Garfield e Vincent D’Onofrio (tristemente sacrificato a pochissime scene).
Lo sceneggiato è lineare. Parte dalle prime prediche in giro per gli Stati, l’approdo in TV fino alla caduta in disgrazia del dibattuto duo con scandali annessi. L’opera di Showalter, nonostante sia priva di una vera cifra artistica e/o stilistica, gode di una storia che è nata per vivere nei festival. Il risultato è una produzione intelligente, ben curata e, soprattutto, studiata per vivere grazie ai propri interpreti.
Un peccato, però, forse il non voler osare, o l’aver mantenuto esageratamente fede alla storia originale, facendo arrivare allo spettatore un prodotto con il freno a mano tirato.
Durante la visione, infatti, gli alti e bassi vengono costantemente donati dal grottesco duello che avviene tra i due protagonisti. Tra un canto (per la prima volta sullo schermo) della Chastain, e un falso sorriso di Garfield, i due attori gareggiano per primeggiare davanti la telecamera e donarci, in questa maniera, una rappresentazione ancor più fedele dei due insoliti evangelisti.
Da sottolineare le brevi apparizioni di D’Onofrio, il quale, grazie alla sua forza accentratrice, domina la scena ogni volta che si contrappone alla coppia. Un granitico gigante al servizio del pastore Falwell.
La storia prosegue su binari che, durante le nostre vite, abbiamo già visto miriadi di volte. Ascesa e discesa sono parte integrante della vita di qualsiasi truffatore su pellicola, ma la narrazione gode anche di uno script non originale con un peculiare sviluppo. La coppia Bakker–Faye è quanto più di singolare si possa ricercare nella storia della cinematografia e, se possibile, della cultura pop.
Riuscire a raggirare milioni di fedeli per così tanti anni è stato un vero colpo di genio, ma la cosa che stupisce maggiormente è l’abilità di questo duo nell’essere stati in grado di truffare anche sé stessi.
Non solo per le vicende familiari che, nello sviluppo della storia, conseguentemente a molti cliché narrativi, lasciano il tempo che trovano, ma per il filtro che sono riusciti a mettere dinnanzi al proprio credo.
Le donazioni al canale televisivo, il credere che la ricchezza fosse un dono di Dio, la voglia di avere sempre di più come manifestazione dell’amore divino (in barba a qualsiasi insegnamento di San Francesco) sono idee che, sin da subito, hanno contaminato il cuore e il credo di Jim e Tammy .
Il primo, senza ombra di dubbio, dopo pochi anni ha mostrato al proprio Io quanto fosse marcita la fede e il messaggio che voleva divulgare. La seconda, invece, fino alla fine ha mostrato quanto la genuinità, mista alla sua natura infantile, l’ha anche elevata rispetto alle numerose figure della dottrina americana dell’epoca.
La società cristiano cattolica e quella evangelista, soprattutto in quegli anni, vivevano di principi fortemente patriarcali, omofobi e sessisti. Tammy, e questo è traspare alla perfezione dall’interpretazione dell’attrice protagonista, ha provato, con il suo buon cuore, a sovvertire questo dialogo, portando nelle televisioni americane, seppur con estrema leggerezza, dinamiche ben più grandi di quanto si potesse parlare in quei giorni.
Con The Eyes o Tammy Faye abbiamo avuto l’ennesima riprova del talento di Jessica Chastain, ma, purtroppo, siamo costretti a terminare qui gli elogi. L’attrice di Interstellar e Zero Dark Trinity manda avanti, solamente grazie al suo proverbiale talento, una pellicola che, nonostante si fondi su di una storia a dir poco unica, soffre di mancanza di carisma e grinta stilistica. Una pietanza bella da vedere, ma priva di sapore e forza che tende a mostrarsi in un piatto vuoto solo per poter fruire del parere di una critica annoiata e stanca.