Flanagan e Murphy sono solo i nomi più noti, ma la proposta di serie TV horror sta diventando sempre più variegata

Negli ultimi anni il cinema ha portato alla ribalta alcuni nuovi autori di cinema horror, che hanno dato la loro personale interpretazione al genere con risultati quasi sempre interessanti. Possiamo chiamarla new wave dell’horror, a cui partecipa ad honorem anche il “nostro” Luca Guadagnino con il suo maestoso remake di Suspiria.

Nel cinema, ma con incursioni a vario titolo anche nei prodotti seriali, possiamo circoscrivere la tendenza alla scuola Blumhouse, per i prodotti di più largo consumo (ma non per questo poco validi) e agli autoriali Robert Eggers, Ari Aster e Jordan Peele. Attorno a loro, sono già nati registi “di maniera” che ne riproducono le poetiche vincenti, declinandole secondo le proprie esigenze artistiche. In particolare pensiamo agli horror dichiaratamente politici Antebellum o His House che riprendono il discorso “black lives matters” di Peele. Oggi, però, parliamo di serie TV, una tipologia d’offerta specifica (ormai quasi del tutto) della distribuzione in streaming, che permette nella maggior parte dei casi di una fruizione in binge watching. Anche nelle serie TV horror l’autorialità si è diversificata, spaziando da prodotti dichiaratamente d’autore a proposte più pop.

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La factory di Ryan Murphy e Brad Falchuk

Estremamente riconoscibili nella loro impronta glamour, le stagioni di American Horror Story di Ryan Murphy e Brad Falchuk vanno avanti dal 2015. La scelta dei due showrunner ha ispirato anche direzioni produttive più recenti – come vedremo – e si basa sostanzialmente su un racconto antologico dell’orrore. Edgar Allan Poe, H. P. Lovecraft, ma anche il contemporaneo Stephen King insegnano che il racconto breve è un formato che ben si sposa alla narrazione del terrore, del resto. Così, ogni stagione di American Horror Story (e ogni episodio di American Horror Stories disponibile su Disney +) è autoconclusiva. Tornano gli attori, torna lo stile registico, ma la storia e l’ambientazione cambiano ogni volta. Il gioco, per il pubblico, è ritrovare gli stessi volti in nuovi “orribili” personaggi. Da un lato questo diventa un rituale per lo spettatore, una sorta di patto implicito tra pubblico e creatori, dall’altro permette agli attori di mostrare il proprio talento interpretativo.

estetica serie tv horror

Da un punto di vista tematico, Murphy ha gradualmente imposto a Hollywood la propria esigenza di trattare le questioni LGQBT+. Implicitamente o meno, le sue storie cercano sempre di raccontare coppie e personaggi non etero-normati. In Ratched (una delle sue produzioni più recenti, disponibile su Netflix), Sarah Paulson interpreta l’infermiera del romanzo Qualcuno volò sul nido del cuculo, portato al cinema da Milos Forman nel 1975 nella memorabile versione con Jack Nicholson. Cambiando del tutto registro e spostandosi in una clinica psichiatrica tanto inquietante quanto dai toni pastello, Murphy racconta la genesi e lo sviluppo di una psicopatica il cui orientamento diventa parte integrante e determinante della storia. Murphy lavora dunque con un target molto specifico, abbracciando un modo di intendere il mondo solo in apparenza limitato da forma e superficie. Come spesso si avverte nei suoi personaggi, il desiderio di bellezza è un appagamento non solo estetico ma anche esistenziale, una forma di autoaffermazione. Abiti d’alta moda per compiere i delitti più efferati, assassini e assassine spietate ma dai look impeccabili.

Mike Flanagan nuovo guru delle serie tv horror

Regista di lungometraggi di genere, Mike Flanagan ha raggiunto il suo apice espressivo con tre serie TV distribuite da Netflix. Le sue incursioni nelle case stregate di Hill House e Bly Manor hanno da poco ceduto il passo alla riflessione su religione e estremismo di Midnight Mass. In tutti i casi, Flanagan ha creato attorno alla sua opera un bel dibattito, e – soprattutto – ha formalizzato uno stile più che riconoscibile. L’approccio di questo autore all’horror si può definire esistenzialista-romantico; per Flanagan il racconto di genere (anche nel suo caso antologico) è un’occasione per parlare di sentimenti e riflessioni profonde. In particolare, Hill House è un quadro straziante del dolore di una famiglia, di un male psicologico collettivo e incurabile. Bly Manor esprime bene il concetto alla base della mitologia del fantasma, e l’attaccamento alla vita e ai propri luoghi che degenera in maledizione. Ma anche la persistenza dei sentimenti puri e la salvezza data dall’azione di poche anime speciali pronte al sacrificio.

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Midnight Mass è, tra le serie tv horror di Flanagan, quella più complessa, filosoficamente parlando. I personaggi (trattasi, come nelle altre due, di narrazioni corali) si dilungano in ampie conversazioni sul senso della vita e il valore della fede e tra loro si distingue subito chi ha un approccio sano alla religione e chi dissimula solo odio e violenza. Così come le sue serie sulle case infestate si servono del topos narrativo dei fantasmi per parlare sostanzialmente d’altro, Midnight Mass utilizza un personaggio-chiave della letteratura horror per mettere in scena una metafora della religione cristiana. Flanagan evidentemente non è interessato a “fare paura”, non in maniera istantanea – perlomeno. Si tratta, piuttosto, dell’orrore più autentico e persistente, quello della morte stessa, della follia umana o del dolore perenne. Interpreta bene l’aria del tempo, del nostro tempo, e fa un lavoro sull’angoscia, più che sullo spavento. Un approccio che potrebbe non convincere tutti, ma che sicuramente vale la pena di tenere d’occhio.

The Terror di David Kajganich, l’approccio letterario

Su questo filone anti-jumpscare, The Terror di David Kajganich si inserisce alla perfezione. Anche in questo caso parliamo di una serie antologica, con salto di ambientazione e storia. La prima stagione è ispirata dal romanzo La scomparsa dell’Erebus di Dan Simmons, una pubblicazione recente (2007) ma dalla forte componente storica. Siamo in un contesto letterario poco battuto dalla filmografia horror attuale, ovvero quello del mitico passaggio a Nord Ovest, che ha visto tante spedizioni infrangersi nelle zone meno ospitali della natura.

Anche in questo caso parliamo di un’atmosfera horror complessa e crescente, che si basa di presupposti molto reali. La sensazione di avere davanti a sé una porzione sterminata di tempo e spazio vuoto, di essere individui impotenti contro forze molto più grandi è il nucleo dell’orrore del racconto. La componente letteraria è molto forte, data dall’intrecciarsi di personalità e vicende e da interazioni raffinate. La formazione di David Kajganich è da sceneggiatore, e questo si vede per la cura con cui gestisce il palco e i suoi protagonisti. Non uno sceneggiatore qualunque, oltretutto: è lui l’autore dello script del maestoso remake di Guadagnino citato in apertura. Con la scelta di un cast di attori britannici di prim’ordine – Jared Harris, Tobias Menzies, Ciarán Hinds su tutti – The Terror è la serie tv horror che affronta il genere con l’approccio più intellettuale messo in campo negli ultimi anni.

Richiede pazienza, passione, concentrazione, ma il risultato è storicamente accurato – pur nella sua irrealtà. Restituisce quelle sensazioni stranianti, di paura che si insinua parola dopo parola, della Ballata di Coleridge che nasconde dietro una forma ineccepibile il volto dell’angoscia. E tutti quei gentiluomini perfettamente educati, provenienti dalla società più evoluta del tempo, che si scontrano con la forza primordiale e finiscono divorati dall’irrazionale.

Al nuovo gusto di ciliegia, la svolta weird delle serie tv horror

Anche Al nuovo gusto di ciliegia è basato su un romanzo (quello di Todd Grimson, del 1996), ma con esiti diametralmente opposti. Il merito di questa serie disponibile su Netflix è di proporre al grande pubblico un prodotto che non tollera i limiti dell’estetica mainstream. Al nuovo gusto di ciliegia di Nick Antosca e Lenore Zion è denso di dettagli horror e grotteschi, che talvolta sfiorano il confine della commedia dark. Ma soprattutto, introduce in un prodotto Netflix (e sappiamo quanto questo traduca spesso e volentieri una visione edulcorata della realtà) degli elementi di body horror, figli – ma indipendenti e con grande personalità – di Maestri del genere. Al centro della storia c’è la regista esordiente Lisa Nova, brillante e inquietante autrice di un corto horror. Finita nel vortice hollywoodiano e nelle mire di un produttore-predatore sessuale decide di reagire. E assume una specie di fattucchiera per mettere su una maledizione.

estetica serie tv horror

Tra gattini vomitati (o partoriti da vagine che spuntano in zone insolite del corpo della protagonista), servitori zombie, presenze terrorizzanti che si muovono nella stanza, Al nuovo gusto di ciliegia rasenta il “troppo” più di una volta. Ed è per questo entusiasmante, se ci si abbandona alla sua visione onirica e delirante. Siamo davanti a un prodotto tutt’altro che perfetto, ma con una carica estetica che rimedia alle mancanze e le mette in secondo piano. E quando si potrebbe pensare che c’è un messaggio di fondo o si inizia a tifare per la protagonista (una magnetica Rosa Salazar), la serie vira con un nuovo personaggio o una nuova situazione straniante. Non c’è meno autorialità che in The Terror o che nella visione di Flanagan, anche se forse ci troviamo di fronte a un prodotto più derivativo. Quel che conta davvero però è avere una controparte eccessiva che completa un quadro di ottime serie tv horror, ma che a furia di andare a fondo potrebbero perdere la componente più sperimentale propria del genere.

Francesca Torre
Storica dell'arte, giornalista e appassionata di film e fumetti. Si forma come critica tra Bari, Bologna, Parigi e Roma e - soprattutto - al cinema, dove cerca di passare quanto più tempo possibile. Grande sostenitrice della cultura pop, segue con interesse ogni forma d'arte, nella speranza di individuare nuovi capolavori.