Sviluppato dallo studio spagnolo Brainwash Gang, Grotto è il racconto degli incroci tra stelle e popoli: tra credenze popolari, preveggenze e brutali interazioni sociali
I presagi, le preveggenze e tutti quei riti scaramantici di premonizione del futuro in cerca di auspici che possano farci intuire ciò che verrà sono – da quando la nostra specie esiste – una parte decisamente integrante della nostra socialità e intimità. Che li vediate con diffidenza o crediate strenuamente nell’astrologia e simili, è indubbia l’importanza che hanno a livello culturale questi approcci all’incerto che ci aspetta. Grotto, nuovo gioco dello studio indipendente Brainwash Gang, si pone come obiettivo principale quello di esplorare questa importanza: proiettandola in un contesto fantastico abitato da animali antropomorfi che vivono secondo una rigida gerarchia tribale. Ragionando sul concetto stesso di presagio, di dialogo tra persone, di interpretazioni e di incapacità di reagire a qualcosa che ci sembra totalmente ineluttabile.
Entrando nel merito dei dettagli Grotto è il racconto di una tribù in crisi con se stessa e con chi ne fa parte. Vittima e carnefice di emarginazioni, ferocemente sociale e individualista al contempo e troppo spesso in conflitto interno per via di tradizioni, usi e abitudini che vengono ostinatamente perseguite. Chi gioca veste i panni di una presenza esterna alla tribù, che attraverso la sua soggettività ha il compito di interpretare la manciata di stelle che si intravedono in quella porzione di cielo che filtra da una spaccatura nella roccia della grotta in cui vive. Ovviamente anche questa figura viene vista con l’ambiguità con cui abitualmente vive la tribù: in bilico tra la diffidenza e la fiducia per la capacità di poter carpire nozioni da qualcosa di così intimorente come lo spazio che vive sopra di loro.
Da qui si sviluppa un gioco di mediazioni e di incroci linguistici che creano scenari duri, spesso lontani dalla volontà esplicita di chi gioca ma inevitabili perché ciò che è interpretabile è anche fraintendibile e soggetto a decifrazioni spurie. Grotto ci catapulta in uno scenario incredibilmente scomodo e gravoso senza fare grandi complimenti, lasciando a noi l’onere di risolvere l’irrisolvibile. I rapporti interni tra chi abita la tribù sono fragilissimi, così come lo è la loro pazienza e fiducia nei nostri confronti. In poco tempo ci si accorge che non tutto può essere predetto con certezza estrema o con la risposta corretta, anche quando l’istinto e l’intuito ci portano in una direzione che ci sembra sicura ma che – in realtà – nasconde insidie che non avevamo preventivato.
Atmosfere fantastiche
Leggere e parlare con le stelle per poi tradurre, leggere e parlare con le persone. La zona grigia della mediazione è fumosa, indecifrabile e incalcolabile. Sebbene ci siano, alla base del gioco, dei pattern di risposte che si inseriscono negli allineamenti più classici l’interpretazione e l’immedesimazione nelle tinte scurissime di Grotto prendono presto il sopravvento. Anziché decifrare matematicamente chi gioca trova sicuramente maggior giovamento da un approccio più performativo che non calcolato. Il mio consiglio è, quindi, quello di preoccuparvi poco del risultato ma piuttosto immergervi il più possibile nell’oscurità del mondo di gioco, delle sue tradizioni e dei suoi personaggi. Questo perché le atmosfere sono così pregnanti e ben costruite che sarebbe quasi uno spreco ridurre il tutto a uno schema “domanda-input-risposta-punteggio” dei più classici.
A proposito di oscurità e al rendere in modo efficace le atmosfere, va fatto un appunto sulle scelte estetiche operate da Brainwash Gang per questo gioco. I personaggi e gli ambienti, infatti, sono inseriti in un impianto visivo estremamente connotato, che strizza l’occhio al grimdark più esoterico e tribale echeggiando grandi nomi delle arti visive come quello dell’autore di Hellboy, Mike Mignola. Una crudezza estetizzata, brutale e intransigente che satura gli occhi di chi gioca con contrasti e aberrazioni cromatiche dotate di carattere e gestite con intelligenza.
Quasi a fare eco al deck builder Signs of the Soujourner (che proponeva anch’esso il tema della linguistica e del dialogare, collocato in un contesto decisamente più vivace), Grotto evoca gli aspetti più scuri e indefiniti del parlare. L’ambiguità delle interpretazioni e le credenze di ogni persona diventano il terreno per costruire una voragine di tenebra che chi gioca può esplorare per scoprire anche la propria persona: per mettersi in discussione, temere di ferirne un’altra con la propria visione delle cose ma poi cedere alla tentazione di vederne la reazione. Un gioco che riflette sul concetto di risposte più grandi di noi e del timore referenziale verso quel che non conosciamo. La risposta, come spesso accade, sta sempre nella mediazione, nel trovare un linguaggio che stia a metà strada ma – forse – le domande sono altrettanto importanti.