Alla scoperta di Lavorare con i videogiochi, nuovo libro di Francesco Toniolo che viene in soccorso a chi vuole intraprendere una carriera nel settore videoludico
Anche in Italia si può parlare di lavoro e videogiochi. Forse in maniera ancora un po’ acerba ma, dopo un 2020 che ha consolidato l’affermazione del medium tra il pubblico di massa, è ormai chiaro che quello videoludico è un settore in crescita che necessita di figure professionali specializzate. Eppure, quando si accetta “il nuovo”, non è facile trovare la strada giusta da intraprendere per riuscire nei propri intenti, soprattutto quando ci si rende conto che non basta solo la passione.
Il libro Lavorare con i videogiochi, scritto da Francesco Toniolo ed edito da Editrice Bibliografica, viene proprio in aiuto di chi desidera avviare una carriera nel mondo videoludico ma non ha idea di come iniziare. Una panoramica su diverse figure professionali, senza alcuna retorica ipocritamente ottimistica, ma che anzi si avvale dell’esperienza di professionisti e professioniste, tramite delle piccole finestre personali a fine di ogni capitolo, per riflettere spaccati del settore reali. Dalla programmazione al game design, passando per la critica specializzata allo streaming, fino a toccare la divulgazione e il valore culturale del medium: tutto questo (e molto più) emerge nelle tre parti che compongono Lavorare con i videogiochi. Ma per capire meglio l’essenza del libro è bene che a parlare sia il suo autore. Per questo abbiamo approfittato della disponibilità di Francesco Toniolo per porgli alcune domande su una delle sue ultime pubblicazioni.
Perché scrivere un libro su lavoro e videogiochi nell’attuale contesto? Al momento l’Italia come si colloca come terreno lavorativo?
Francesco Toniolo: Perché era utile colmare una mancanza. Mi spiego meglio: questo non è certo il primo manuale in lingua italiana a presentare le professioni legate al medium videoludico, e ci sono già in commercio dei testi interessanti, ai quali manca però qualcosa. Quel che ho fatto, oltre a riprendere i diversi ruoli tecnici, è stato muovermi per fare due aggiunte che ritenevo essenziali.
La prima è quella di ampliare le professioni considerate, parlando anche di ciò che ruota attorno al videogioco, fino a toccare nuove frontiere che – sicuramente – da noi sono una nicchia minimale, ma che man mano continueranno a svilupparsi. Penso alla preservazione dei videogiochi, ai rapporti col territorio e col turismo, o anche alle ben più “pop” e note fiere nerd.
Dall’altro lato, invece, ho voluto inserire dei discorsi che potrebbero essere definiti “di mentalità”, perché in molti casi il problema alla radice non è tanto quello di conoscere quale sia il ruolo di una certa figura professionale, quanto piuttosto comprendere realmente cosa voglia dire lavorare con i videogiochi e se sia davvero la scelta migliore. Questo a prescindere dal contesto italiano, che – come intuibile – non offre le praterie di opportunità che esistono altrove. C’è una crescita, sì, ci sono di quando in quando timidi segnali anche da parte delle istituzioni, ma al momento si fa quel che si può. Anche andare all’estero, tuttavia, non risolverebbe il problema di fondo, se non si comprende cosa possa significare imboccare una certa strada
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All’interno del libro sono contenuti gli interventi personali di professioniste e professionisti del settore. Come mai questa scelta?
FT: Per due ragioni. La prima è che il mio sguardo è esterno a molte delle realtà che io descrivo. Ovviamente quanto ho scritto è figlio di un’ampia documentazione e di numerose chiacchierate con persone esperte, ma rimane il punto di vista di una persona che collabora con gli addetti ai lavori, più che esserlo in prima persona. Per diversi aspetti è anche una posizione utile: molte volte certi fenomeni si osservano meglio dall’esterno. Volevo però che questo mio sguardo “da lontano” fosse di volta in volta affiancato dal punto di vista interno, di persone effettivamente coinvolte. La seconda ragione, collegata alla prima, è che in questo modo può emergere una pluralità di voci, con cui far risaltare la bellezza e i vantaggi, ma anche le criticità di questo mondo lavorativo.
Il libro riesce a cogliere i numerosi risvolti professionali: al suo interno vi è spazio per la programmazione, la comunicazione e persino per la divulgazione. Considerata l’attuale difficoltà di “catalogare” le giovani figure professionali nate dai nuovi media, quanto è stato complesso raggruppare le varie esperienze lavorative per dare una panoramica sufficiente sull’argomento?
FT: Non è stato particolarmente complesso. Le professioni più “tradizionali” sono già inventariate in vario modo. Su quelle si è trattato di fare il punto della situazione e vedere se c’erano nuove prospettive da mettere in luce. Per il resto è stata compiuta una selezione. E come tutte le selezioni funzionali è ragionata ma parziale. Un elenco completo e dettagliato di ciascun possibile sotto-ruolo legato ai videogiochi avrebbe ovviamente richiesto uno sforzo ben più ampio, ma sarebbe stato forse anche piuttosto inutile, al tempo stesso troppo dispersivo e iperspecialistico.
Lavorare con i videogiochi si presenta come un libro sincero, che mostra il mondo videoludico duro e crudo così com’è, andando oltre la narrazione idilliaca che vi gravita attorno. Vi sono pure interventi specifici, come quello di Luca Papale per la figura di LocQA Tester, che illustrano una situazione demotivante. Perché questa schiettezza?
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FT: Perché spesso tendiamo un po’ troppo a raccontarci che va tutto bene. È una impostazione che capisco, perché può nascere come un bisogno di rivalsa rispetto a tutte le ‘bastonate’ che il medium videoludico si è preso – e talvolta continua a prendersi – immeritatamente nel corso del tempo. La narrazione di un mondo idilliaco è tuttavia pericolosa, soprattutto quando ci si rivolge a giovani studenti e studentesse.
Non credo di aver premuto troppo sul pedale della disillusione, ma ho voluto perlomeno ribilanciare un po’ il tutto. Una persona che ha un sogno non si farà comunque fermare dalle difficoltà sul percorso, per cui dubito di scoraggiare qualcuno. Al contrario, quelle persone potranno camminare sapendo già quali saranno i possibili inciampi sul sentiero, e potranno attrezzarsi di conseguenza.
Cosa auguri a chi vuole intraprendere la carriera nel settore videoludico italiano?
FT: Di non arrendersi davanti alle difficoltà. Sembra una frase ‘facile’, ma voglio spiegare cosa intendo. Esistono problemi oggettivi e strutturali, su cui però possiamo intervenire ben poco. Soffermarsi su di essi porta solo allo sconforto e alla frustrazione, perché è un qualcosa che va al di fuori del proprio controllo. Quel che possiamo fare, invece, è essere consapevoli di questi problemi, soffermandoci però su quel che riguarda noi e il nostro specifico operato. Perché a quel punto scopriremo di aver comunque ampi spazi di manovra e di miglioramento. È un consiglio che non vale solo per il settore videoludico italiano, ma per qualsiasi lavoro, peraltro.
Al di là dei giovani, Lavorare con i videogiochi può essere una lettura da consigliare anche a genitori, educatori, insegnanti che intendono conoscere uno dei settori più floridi dell’intrattenimento e della cultura?
FT: Penso e spero di sì, considerando che biblioteche e formatori di varie categorie si stanno procurando il libro. Può essere utile per attingervi informazioni e consigli da riferire alle persone più giovani con cui hanno a che fare e che sono potenzialmente interessate a una carriera nel mondo videoludico.