Il nuovo horror di Netflix, Non Dormire nel bosco stanotte 2, è un seguito che in qualche modo stupisce
Più o meno un anno fa ha debuttato su Netflix, Non Dormire nel bosco stanotte, un film polacco diretto da Bartosz M. Kowalski che aveva qualcosa di interessante. Si trattava di uno horror slasher estremamente derivativo, quasi celebrativo verso un filone potremmo definirlo, che riproponeva pedissequamente, in maniera purissima e senza contaminazioni, le orme strutturali del classico film di genere, sia nella scenografia che nella messa in scena. Un bosco, uno (o più) killer sfigurati con istinto omicida non meglio giustificato, e tante vittime sacrificali sull’altare del gore estremo.
Da Venerdi 13 a Wrong Turn, passando per La Cosa fino a Non aprite quella Porta, le influenze nel film di Kowalski si sprecavano, eppure a mio dire, il film non si perdeva nel calderone degli emuli sterili senza arte né parte, ma anzi, mostrava un certo carattere, un certo guizzo nel trattare il canone horrorifico e un certo mestiere nel dirigere la scena, nonostante il basso budget della pellicola.
Con Non Dormire nel bosco 2, quel carattere e quella personalità del cineasta percepita nel primo film, esplodono e stupiscono completamente. Kowalski infatti scardina quei cliché che tanto celebrava nel primo capitolo, il quale diventa a questo punto la premessa per creare una storia totalmente diversa. Non è un caso che il film si chiama in originale Nobody Sleeps in the Woods Tonight Part 2, definendo quindi una natura continuativa rispetto al primo film piuttosto che un capitolo nuovo vero e proprio. Era infatti molto semplice fare il classico pigro seguito in cui si cambia qualche situazione, qualche personaggio, ma si segue lo stesso schema, ma Kowalski decide invece di ingannare lo spettatore generando un’aspettativa e poi in qualche modo “tradirla”. Già lo status quo iniziale di Non Dormire nel bosco 2 è curioso: i due purulenti assassini del primo film sono stranamente dietro le sbarre, così come l’unica superstite del capitolo originale.
Attorno a loro tutta una serie di nuovi personaggi che oscillano tra il macchiettistico e l’antipatico, accumunati da una connotazione evidentemente negativa che ha lo scopo di rendere le loro violentissime morti per mano del nuovo, inaspettato, mostro killer, uno spettacolo sostanzialmente disimpegnato. Spirito che nonostante tutto il film conserva nella sua interezza.
Tra loro però spicca un personaggio, un ragazzo poliziotto goffo e pavido, a cui il destino riserverà una sorte inaspettata. E proprio dopo un primo atto molto classico ma ben gesto, fatto di macabre figure disgustose che si muovono nell’ombra e uccisioni efferate, si arriva al faccia a faccia tra il protagonista e la mefitica creatura killer. Qui il film cambia totalmente rotta con un colpo di scena inaspettato. La prospettiva viene ribaltata, i mostri diventano protagonisti, la musica, letteralmente, cambia, facendosi crepuscolare e mesta (bellissima a mio avviso). Si lascia spazio da questo momento ad una surreale relazione tra due creature che curano la solitudine, vivono l’amore e discutono sulla loro natura e sete di sangue attraverso improbabili conversazioni rigorosamente in lingua mostruosa con sottotitoli. Un segmento straniante che ci accompagna fino alla fine del film ove si annusa un nuovo cambio di rotta per un eventuale terzo capitolo, lasciando intravedere con più chiarezza il grande “piano” di Kowalski con la saga, ovvero partire da un archetipo dell’horror ma espandere la storia attraverso diversi temi, stili e registri.
Non Dormire nel bosco 2 è un horror slasher che si fa assurdo racconto d’amore e in qualche modo riesce addirittura a trasmettere una distorta tenerezza. Pur mantenendosi su una retorica superficiale e toni vagamente kitsch. Si tratta sicuramente di un esperimento interessante, che non mancherà di lasciarvi con una piacevole nota malinconica. Piacevole perché alla fine, anche lo spettro melodrammatico della pellicola è volutamente inserito nel contesto sopra le righe. C’è infatti un contrasto interessante tra setting destabilizzante e l’humor del film che non è quello basato sulla situazione strappa risate, ma è qualcosa di più legato al disagio, alla goffaggine, al “cringe”, termine quanto mai sdoganato oggi per sottolineare una situazione imbarazzante e qui declinato ad un chiaro intento stilistico.
Certo rimane tutto sommato la sensazione di aver visto qualcosa di stralunato ma senza una reale concretezza di fondo, se si esclude il comparto tecnico che per me funziona molto bene, e in fin dei conti questa mescolanza tematica è abbastanza fine a se stessa. La storia raccontata infatti è davvero semplice, a tratti quasi impalpabile. Il film non è quindi perfetto. Ma trova il giusto compromesso tra soddisfare gli amanti del genere con una atmosfera dark presente ed efficace, un’effettistica old school che convince, scene splatter ben confezionate, e il catturare lo spettatore più smaliziato grazie a repentini cambi di ritmo, di prospettiva e di obiettivi narrativi. Un disorientamento che genera qualcosa di grottesco ma in un certo senso affasciante. Tanto basta per definirlo un horror che merita un’occhiata, a mio parere.